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Il Foglio Rassegna Stampa
10.06.2008 Scontri di potere a Damasco
un'inchiesta di Die Welt

Testata: Il Foglio
Data: 10 giugno 2008
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Il duello tra Teheran e Riad mette sotto assedio il rais siriano»
Dal FOGLIO del 10 giugno 2008:

Roma. Il capo delle operazioni militari iraniane all’estero, Imad Mughniyeh, è stato ucciso il 12 febbraio dai servizi segreti siriani su ordine di Ashef Shawkat, cognato di Bashar el Assad. Mughniyeh aveva avvisato il rais siriano che Shawkat, alla guida di alcune centinaia di agenti dei servizi, era pronto a prendere il potere e a imprigionarlo con l’ennesimo “putsch” siriano (dal 1946 a oggi se ne contano una quindicina). Queste sono le rivelazioni riportate domenica dall’autorevole Welt on line, una delle più serie testate giornalistiche europee, non incline agli scoop, vicina a fonti ufficiali tedesche, e quindi con un elevato livello di attendibilità (con ogni probabilità riflettono un report dei servizi segreti tedeschi o francesi, oggi attentissimi alla realtà siriana). Ashef Shawkat, marito di Bushra, sorella del presidente Assad, è stato arrestato l’8 aprile scorso in quello che a prima vista appariva un golpe interno e invece sarebbe un classico controgolpe. L’unico elemento che desta qualche perplessità nella ricostruzione del giornale tedesco è il riferimento internazionale dei falliti golpisti indicato in “settori di al Qaida”. Questa è un’ipotesi remota che però può fare buon gioco alle autorità siriane per coprire i veri alleati politici di Ashef Shawkat: in prima battuta alcuni settori del regime iraniano avversi al blocco pasdaran- ayatollah oltranzisti di Mahmoud Ahmadinejad e,in seconda battuta, la corte di Riad. La “soffiata” di Mughniyeh ad Assad – che ha fatto fallire il golpe e causato la disgrazia di Shawkat – accredita il primo scenario, perché il capo di tutte le operazioni terroristiche e militari iraniane all’estero può essere venuto a conoscenza delle trame golpiste proprio dai suoi mandanti iraniani. Ma vanno registrate anche le tante voci giornalistiche arabe (ispirate dai vari servizi segreti) che nelle settimane scorse indicavano – sottovoce – nella corte saudita la vera mandante sia dell’assassinio di Mughnyieh sia del “putsch” del cognato di Assad. Quest’ultimo scenario è rafforzato dall’incauta affermazione pronunciata a Parigi da Abdel Halim Khaddam, ex numero due di Bashar (come di suo padre Hafez), che aveva indicato, in occasione del suo arresto, proprio in Shawkat l’uomo che avrebbe potuto guidare una transizione pilotata della Siria al di fuori dal regime tirannico degli Assad. Abdel Halim Khaddam, ex vicepresidente siriano, fa parte di quell’ambiente filosaudita del regime siriano che in questi ultimi anni ha subito continue sconfitte ed emarginazioni a partire dall’omicidio-suicidio del ministro dell’Interno Ghazi Kanaan, il 12 ottobre 2005, per continuare con la fuga all’estero dello stesso Khaddam. Le rivelazioni di Die Welt assumono un rilievo particolare perché indicano che la crisi interna al regime siriano è di straordinaria profondità ed è ormai penetrata fin dentro il primo cerchio famigliare di Assad. Confermano anche che le apparenti aperture di dialogo che al Assad ha effettuato negli ultimi mesi avvengono in un contesto di instabilità acuta del regime. Se è indubbio che la trattativa culmine – quella con Israele, mediata dal premier turco, Tayyp Erdogan – vede un interlocutore israeliano zoppo, con Ehud Olmert minato dai suoi guai giudiziari, è altrettanto indubbio che Assad non gode di eccellente salute politica dal momento in cui è stato costretto ad arrestare suo cognato, capo dei servizi segreti, assieme a centinaia di suoi agenti, dopo che il più importante generale iraniano all’estero è stato assassinato mentre era sotto la sua protezione. Questo contesto avvelena anche la vicenda libanese, in cui la componente antisiriana e filosaudita rappresentata dal governo ha subito una cocente sconfitta politica e in cui invece la componente filoiraniana di Hezbollah ha dimostrato di sapere e potere esercitare piena egemonia politica e militare. La missione del presidente francese, Nicolas Sarkozy, nell’area segna il tentativo di strappare la Siria dall’influenza dell’Iran. Iran sempre più radicato laddove gli Stati Uniti di George W. Bush hanno mostrato una grande prudenza e una volontà di non ingerenza: Gaza, Libano e, appunto, Siria.

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