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La Stampa Rassegna Stampa
07.06.2008 Fra pseudo-storici ci si intende
Angelo D'Orsi & Ilan Pappe, un'accoppiata di odiatori di Israele

Testata: La Stampa
Data: 07 giugno 2008
Pagina: 9
Autore: Angelo D'Orsi
Titolo: «Palestina uguale Kossovo»

Fra pseudostorici ci si intende. Su TUTTOLIBRI, il settimanale di recensioni librarie della STAMPA, Angelo D'Orsi osanna Ilan Pappe. Per capire di quale storico si tratti, ricordiamo l'articolo sempre di D'Orsi apparso sulla STAMPA durante la Fiera del Libro, nel quale l'esimio storico scriveva che durante la guerra d'Indioendenza del 1948 i profughi palestinesi erano.... 7.500.000 ! Settemilioni cinquecentomila ! Di grana non diversa è Pappe, che appartiene di buon diritto al club degli ebrei odiatori di Israele, un gruppetto per fortuna non folto ma rumoroso. La tesi di D'Orsi, espressa con un linguaggio che ricorda alcune testate non dimenticate degli anni bui, è che la < pulizia etnica > di Israele nei confronti dei palestinesi è peggio di quanto avvenuto nel Kossovo. Una tesi ripugnante, che appartiene, anche a sinistra, a pochi fanatici. Eppure D'Orsi scrive sul giornale della Fiat, senza che nessuno, in quel quotidiano,  abbia da ridire sulle menzogne che diffonde.

Ecco l'articolo:

Uscito nei giorni della contestata Fiera del Libro torinese, La pulizia etnica della Palestina è l’importante saggio di uno storico israeliano «revisionista», Ilan Pappe, noto anche al pubblico italiano, per alcuni titoli da noi tradotti, ma anche per aver deciso, nel 2007, di lasciare Haifa, nella cui università insegnava, dove la vita gli era stata resa difficile, e di trasferirsi in Inghilterra, nell'ateneo di Exeter.
Il discorso (analisi storica, ma anche perorazione etica) è indirizzato agli israeliani cui Pappe chiede di affrontare il problema fuori da facili schemi eroicistici. Ricorrendo a documenti delle Nazioni Unite e di altri organi sovrannazionali, spiega il significato della «pulizia etnica», e fa una provocatoria analogia tra la Jugoslavia 1999 e la Palestina 1948. Se c'è stata pulizia etnica in Kosovo, a maggior ragione vi fu in Palestina. E fornisce un'impressionante mole di testimonianze, di documenti diplomatici, di lettere e dispacci: fonti non certo ostili a Israele, essendo anzi espressione della volontà dei fondatori dello Stato. Dunque nessuna volontà di «gettare fango» sulla patria, da parte dell'autore, ma, al contrario, desiderio che essa si mondi da quel «peccato originale» consistito nell'esser nata, dal punto di vista statuale, sulla morte di un altro popolo: morte non accidentale, ma procurata da coloro che ne hanno tratto il beneficio di una terra. E di molto altro ancora. Giacché, documenta implacabile Pappe, ai palestinesi è stata sottratta non soltanto una patria, nella sua forma concreta di campi coltivati, o da coltivare; ma le case, beni materiali, persino i poveri averi che essi cercavano di portare via con sé, scacciati senza complimenti da un esercito armato fino ai denti.
Il catalogo dei saccheggi, delle violenze e degli inganni perpetrati ai danni dei palestinesi è spaventoso. Lo scopo era fare posto ai nuovi venuti, ai sopravvenienti: trasformare un territorio multietnico, multireligioso e multilingue in un'enclave di «purezza» ebraica. La forza di Ben Gurion e della leadership ebraica fa pendant con l'inettitudine di quella palestinese, con la viltà delle classi dirigenti arabe, con l'impreparazione dell'Onu, che commise tutta una serie di errori che avallarono la politica dello stato di fatto, portata avanti dai leader israeliani, i quali con grande lungimiranza badarono soprattutto e prima di tutto a costruire un esercito formidabile che già nel 1948 non aveva pari nella regione.
L'azione militare «punì» quelle famiglie che non intendevano farsi sradicare, quei contadini che erano pronti a rischiare la vita pur di non abbandonare terre, animali, e quei meravigliosi impianti di irrigazione su cui con mano rapsodica si sofferma l'autore, raccontando i tanti episodi di distruzione, che nel corso perlopiù di pochi mesi hanno radicalmente cambiato il panorama di questa terra gentile, con la scomparsa di edifici artistici, spesso luoghi di culto (non solo islamici: in Palestina coesistevano, con gli islamici, sunniti, ma anche sciiti, cristiani di varie confessioni - cattolici, ortodossi, copti… - ebrei, e drusi). Infatti, non basta creare uno Stato; è necessaria dargli una «storia». Si trattava di dimostrare che quella terra era ebrea da sempre, e che il passaggio dei palestinesi era stato un fatto accidentale e temporaneo, occorreva inventare appunto una tradizione, distruggendone un'altra.
Il «memoricidio» è la colpa principale che Pappe imputa agli Ebrei ai danni dei Palestinesi. Una tesi forte che appare un coraggioso j'accuse verso i vincitori e un gesto generoso verso gli sconfitti. La fondazione di Israele è stata la nakba dei palestinesi, la «catastrofe» da cui non si sono mai ripresi. Che lo dica e lo documenti un ebreo israeliano ci deve indurre a riflettere e a guardare con occhi più limpidi la tragedia mediorientale.

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