Israel Magazine, una rivista di informazioni culturali, politiche, economiche e sociali sul Medio Oriente che esce in Israele in lingua francese, pubblica nel mese di giugno a pagina 28 un articolo intitolato “Sessant’anni di letteratura israeliana” a firma Pierre Itshak Lurcat.
Dalla letteratura ebraica alla letteratura israeliana
In occasione di un recente dibattito organizzato al Salone del libro di Parigi, Amos Oz ricordava il miracolo della rinascita della lingua ebraica, questa “Bella addormentata nel bosco” che si è risvegliata cento anni fa, dopo diversi secoli di un lungo sonno. Di fatto è impossibile comprendere la letteratura israeliana senza risalire indietro fino alla rinascita della letteratura ebraica della quale costituisce l’erede e la continuatrice (come lo Stato d’Israele s’inserisce nella continuità dello Yishuv e del movimento sionista). Gli scrittori israeliani di questi ultimi sessant’anni sono, per riprendere un’immagine rabbinica, dei “nani appollaiati sulle spalle di giganti”. Fra questi giganti della letteratura ebraica pre-statale, ricordiamo i nomi di Haim Nahman Bialik, di Joseph Samuel Agnon o di Yossef Haim Brenner.
La storia della letteratura israeliana è generalmente divisa in diversi periodi, più o meno ben delimitati. Si parla anche della “generazione dell’Indipendenza” (o “generazione del Palmach”) per indicare gli scrittori arrivati all’età adulta nel momento della creazione dello Stato.
Questi narratori hanno spesso preso parte ai combattimenti per l’Indipendenza, e le loro opere ne portano le tracce. Fra i più noti ricordiamo Moshè Shamir e Aharon Megged. In questi autori l’aspetto sociale è spesso predominante rispetto alla profondità psicologica. I loro eroi sono, a immagine dei pionieri dell’epoca, semplici, coraggiosi e pronti a sacrificare la loro vita per l’ideale sionista. Ma questa dimensione non è che un aspetto dell’opera di questi scrittori, i quali affrontano anche temi differenti, ad esempio come David Shahar – soprannominato il “Proust israeliano” – che descrive la Gerusalemme del periodo mandatario.
La generazione seguente, chiamata “generazione dello Stato”, è quella degli scrittori nati con lo Stato, o che erano ancora bambini o adolescenti nel 1948. Sono i nomi più conosciuti della letteratura israeliana: Amos Oz, A.B. Yehoshua, Aharon Appelfeld, Yoram Kaniuk… In linea generale gli scrittori di questa generazione sono molto meno segnati dall’”ethos” sionista rispetto a quelli della generazione precedente, e molti fra loro rigettano i valori collettivisti e sionisti per ricercare una nuova identità e nuove tematiche letterarie. Il personaggio del pioniere e del soldato, caro agli scrittori della generazione dell’Indipendenza, lascia il posto all’antieroe, intellettuale sradicato o marginale, che emerge in particolar modo nella narrativa di Yehoshua o Kaniuk. Questa generazione è ugualmente caratterizzata dalla Shoah (Appelfeld).
Impegno politico e rifiuto dei valori sionisti
Un aspetto importante dell’opera di questi autori, che appare nella narrativa dello scrittore “faro” della generazione dello Stato, Amos Oz, è quello della rivolta contro la generazione dei padri fondatori e della critica dei “valori sacri” del sionismo, come il kibbutz, l’esercito o la difesa del paese. Nel libro “Michel mio” , Amos Oz mostra anche il rovescio della società del kibbutz dove le passioni umane soffocate nell’ambito della vita collettivista esplodono perfino con violenza rompendo tutti i tabù. Come fa notare Gershon Shaked, Oz sembra affascinato dalla debolezza e dalla bruttezza.
L’impegno politico di diversi autori di questa generazione (della quale tre membri eminenti, Amos Oz, A.B. Yehoshua e David Grossman sono militanti del movimento pacifica “Peace now”) è inseparabile dalle loro opere letterarie, e ci si può perfino chiedere se il loro successo . specialmente in Europa - sia dovuto unicamente al loro talento letterario o piuttosto alle loro scelte politiche…
Una chiave d’interpretazione è fornita da Amos Oz nel suo libro autobiografico, “Una storia d’amore e di tenebra”. L’autore descrive la sua infanzia a Gerusalemme, in una famiglia dell’aristocrazia sionista revisionista, la famiglia Klausner. Dopo il suicidio della madre, si allontana da suo padre, rifiuta i valori sionisti nei quali è stato allevato e lascia Gerusalemme per andare a vivere ad Arad, una città nel Negev.
La generazione degli scrittori nati fra la Guerra d’Indipendenza e la guerra dei Sei Giorni è caratterizzata da diverse tendenze contraddittorie: individualismo, rifiuto sempre più marcato dei valori collettivi e dell’occidentalismo (tendenti perfino al nichilismo) da una parte (Edgar Keret, Orly Castel-Blòoom); ma anche riscoperta delle radici diasporiche e esaltazione delle culture ebraiche orientali.
La dimensione politica sparisce per far posto ad una concezione più universale del ruolo dello scrittore, come è il caso di Zeruya Shalev, che ha dichiarato: “La mia scrittura si estende in un territorio indipendente dalla politica. Non voglio essere un “profeta” che predice l’avvenire. Il ruolo dello scrittore è quello di mostrare la complessità e l’ambivalenza della realtà, soprattutto riguardo a situazioni che sono così poco certe e indefinite come quelle della vita familiare.
La nuova generazione, tendenze e speranze nuove
La nuova generazione è ugualmente caratterizzata dalla presenza sempre più consolidata di donne nella letteratura israeliana, la cui voce un po’ marginale nell’ambito delle generazioni precedenti è diventata sempre più forte: ricordiamo oltre a Zeruya Shalev, Shifra Horn, Alona Kimhi e Dorit Rabinyan.
Un’altra tendenza rilevante è l’apparire di una scrittura specifica per i bambini da parte dei sopravvissuti alla Shoah, come Lizzie Doron o Amir Gutfreund, autore del libro intitolato “ La gente indispensabile non muore mai”.
Se gli autori della nuova generazione sembrano troppo lontani dall’ideale sionista rispetto agli scrittori della generazione dell’Indipendenza, continuano cionondimeno a descrivere nelle loro opere il destino degli ebrei in Israele nella sua specificità e complessità: è il caso di Ron Leshem, autore del libro “Beaufort” portato sullo schermo dal regista Joseph Cedar.
Occorre inoltre segnalare la comparsa di una letteratura israeliana di ispirazione ebraica originale rappresentata soprattutto dallo scrittore e rabbino Haim Sabato.
Traduzione di Giorgia Greco