Storici-spazzatura contro Winston Churchill ma chi vuole conoscerne la figura continuerà a leggere Martin Gilbert, non Nicholson Baker
Testata: La Stampa Data: 02 giugno 2008 Pagina: 1 Autore: Vittorio Sabadin Titolo: «Uno storico Usa mette Churchill nella lista dei cattivi»
Hitler non fu responsabile della seconda guerra mondiale, Winston Churchill era un malvagio guerrafondaio. Lo sostiene lo storico Nicholson Baker, non un estremista di destra, ci informa Vittorio Sabadin su La STAMPA del 2 giugno 2008. Soltanto uno storico-spazzatura, aggiungiamo noi. Di un genere che esisterà sempre, ma che non cambierà la verità storica sulla seconda guerra mondiale e su una figura come Winston Churchill, sul quale è succiente leggere, per averne un ritratto a tutto tondo, la biografia scritta su di lui da Martin Gilbert
Da La STAMPA del2 giugno 2008:
La storia da sempre la scrivono i vincitori. Di solito lo fanno mettendosi in ottima luce, esaltando le proprie virtù e ignorando quelle degli sconfitti. A volte ci vogliono secoli prima che sia possibile ripristinare la verità e, fosse stato Vercingetorige a raccontarci dei suoi scontri con Giulio Cesare, sicuramente a scuola avremmo studiato un «De bello gallico» molto diverso. Ma molti storici inglesi sono rimasti sbigottiti nel leggere la ricostruzione della Seconda Guerra Mondiale fatta dall’autore americano Nicholson Baker, che nel suo libro «Human Smoke», uscito pochi giorni fa a Londra, rimette in discussione verità che sembravano davvero consacrate: secondo lui, nell’ultimo conflitto mondiale i buoni non erano proprio quelli che crediamo e i cattivi non erano così cattivi come si è voluto farci sembrare. Al centro dell’attacco di Baker c’è soprattutto Winston Churchill, l’uomo che ha chiesto all’Inghilterra sangue, sudore e lacrime per scopi che sarebbero stati molto diversi da quelli ufficialmente dichiarati. Nicholson Baker non è un estremista di destra, ma un pacifico studioso che nelle interviste difende con pacatezza le sue tesi: è un mito che la guerra sia cominciata perché Hitler non ha accettato un dialogo con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, che cercavano una soluzione pacifica. Anzi: la principale preoccupazione di Churchill non era quella di fermare il fascismo e il nazismo, per i quali aveva anzi simpatie, ma di bloccare il comunismo sovietico, anche al prezzo di un conflitto globale. Sia il premier inglese che il presidente americano Franklin Roosevelt, annota Baker, avevano più volte manifestato atteggiamenti antisemiti non molto lontani da quelli di Hitler. Nel 1922, Roosevelt si era fatto promotore di una iniziativa tesa a limitare il numero di ebrei iscritti all’università di Harvard e, all’inizio della guerra, Churchill aveva fatto imprigionare i rifugiati ebrei dalla Germania. Pochi mesi prima, nel 1939, il primo ministro Neville Chamberlain nel commentare il trattamento riservato da Hitler agli ebrei disse: «Non c’è dubbio che siano gente poco amabile. Non mi importa di quello che succede loro». Ma è Wiston Churchill il vero obiettivo del libro di Nicholson Baker, è lui l’eroe da demolire. L’autore lo descrive come un guerrafondaio, che ancora nel 1922 si lamentava che il primo conflitto mondiale - che aveva causato milioni di vittime in Europa - fosse finito troppo presto, senza lasciare agli inglesi il tempo di finire il lavoro con la Germania. A muovere Churchill non era l’antifascismo: aveva inserito la figura di Hitler nel suo libro del 1937 sui «Grandi contemporanei», descrivendo il dittatore tedesco come un politico competente e di buone maniere. Parlando a Roma, aveva detto che se fosse stato italiano avrebbe seguito Mussolini nella sua encomiabile lotta contro «le bestiali passioni e gli appetiti del Leninismo». Il fascismo, secondo il primo ministro inglese, era un necessario antidoto ai comunisti, che restavano i principali nemici, considerati pericolosi quanto Mohandas Gandhi e la sua dottrina di non violenza. Per Baker, fu Chuchill, con i suoi bombardamenti contro i civili delle città tedesche, a causare la dura reazione di Hitler su Londra, così come fu Roosevelt, con il suo duro atteggiamento verso il Giappone, a favorire il bombardamento di Pearl Harbor. Se l’autore di queste teorie non fosse un rispettabile studioso con la barba bianca, forse nessuno gli darebbe credito. Ma molti critici hanno cominciato a consigliare la lettura del libro, giudicandolo interessante e ben documentato. Siamo davvero già pronti a farlo?
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