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Risposta a ROMANO su SABRA e CHATILA
Caro Romano, ho pensato a lungo se valesse la pena di replicare alla sua risposta ad un lettore su Sabra e Chatila, considerate le falsità ed amnesie da lei operate in quell’occasione. Alla fine, ho deciso che vale comunque sempre la pena di replicare, se non altro per dimostrare che non tutti sono vittime della faziosità e della propaganda araba come lei. In quel del Libano, lei non menziona che la guerra civile fu scatenata dai palestinesi sopravvissuti al massacro giordano (le fonti citano più di 10 mila palestinesi uccisi, perché avevano creato uno stato nello stato e volevano rovesciare il regno Hashemita) e che tentavano di creare un altro stato nello stato, già creato nel sud del Libano da dove colpivano con attentati le cittadine di frontiera israeliane. Maalot (scuola dove i bambini furono trucidati) fu il simbolo più atroce e motivo per la campagna israeliana in Libano (in pieno accordo con il governo libanese). Nel Libano si scontrarono i siriani, i palestinesi e i drusi di Jumblatt, filosiriani allora. I palestinesi erano (e tutt’ora sono) i più odiati dai libanesi. L’orribile carneficina dei villaggi cristiani di Tell al-Zataar e Damour, insieme all’assassinio del presidente Gemayel, portò alla tragedia dei campi di Sabra e Chatila. Campi dove comunque i palestinesi si scontrarono con le Falangi, non furono vittime inermi se non le famiglie di cui si facevano scudo, e furono trovati ingenti depositi di armi. Le ricordo che Israele e Libano stavano per firmare un accordo di pace. L’Alta Corte di Giustizia di Israele non condannò affatto Sharon. Gli addebitò solo l’aver raggiunto Beirut malgrado alcune fonti dell’intelligence fossero contrarie e di non aver previsto la mossa della Siria. Che, con il suo agente libanese Eli Hobeika (responsabile dei campi), provocò la strage di Sabra e Chatila sfruttando l’odio delle Falangi per i palestinesi e sfruttando la tragedia per dominare da allora il Libano. Questi, in breve, sono i fatti. Sharon vinse una causa miliardaria contro il potente Times Warner Magazine che aveva spacciato, più ampiamente, le sue stesse illazioni e calunnie. Cordialmente, Danielle Sussmann
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