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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.05.2008 Ehud Barak chiede le dimissioni di Olmert
che è sotto inchiesta per aver ricevuto 150 mila dollari nell'arco di 15 anni

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 maggio 2008
Pagina: 16
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Israele, Barak all'attacco «Olmert lasci il governo» - Il patto tra la principessa e il soldato»
Dal CORRIERE della SERA del 29 maggio 2008, la cronaca di Davide Frattini

GERUSALEMME — «Non staremo con il cronometro in mano». Ehud Barak ha scelto di lanciare un ultimatum a Ehud Olmert, senza fissare una data. «Non credo che il premier possa allo stesso tempo guidare il governo e occuparsi delle questioni personali. Deve decidere se autosospendersi, concedersi una vacanza o dimettersi».
Le «questioni personali» sono quelle raccontate per otto ore da Morris Talansky, davanti ai giudici di un tribunale a Gerusalemme. Uno dei principali testimoni nell'indagine contro Olmert ha svelato prestiti e donazioni per oltre 150 mila dollari nell'arco di 15 anni, buste piene di contanti consegnate agli assistenti del politico israeliano.
Il ministro della Difesa laburista ha dato l'annuncio il giorno dopo la deposizione, che è stata accompagnata da titoli sui giornali come «Disgusto» e «Vergogna ». «Se Kadima non sceglie di allontanare il premier — ha continuato — e cambiare leader al più presto, lasceremo la coalizione per andare alle elezioni anticipate». Eitan Cabel, segretario dei laburisti, parla di «due mesi al massimo», i tempi coincidono con il controesame di Talansky, che affronterà gli avvocati della difesa il 17 luglio.
Olmert ha promesso di dimettersi se dovesse venire incriminato. Per ora non intende andarsene. «Ogni volta che si apre un indagine qualcuno deve dimettersi? — ha detto il premier ieri sera —. Se fosse così quattro premier avrebbero dovuto farlo negli ultimi anni. Vi assicuro che ho spiegazioni per tutte le accuse». I legali di Olmert ripetono che le donazioni ricevute dall'uomo d'affari americano erano fondi legittimi destinati a campagne elettorali. I magistrati invece vogliono provare a dimostrare che c'è stata corruzione.
Poche ore dopo l'intervento di Barak, anche Tzipi Livni, ministro degli Esteri, ha deciso di commentare per la prima volta le vicende giudiziarie. «Israele ha dei valori che vincolano i suoi leader. Norme morali che dovrebbero essere comuni a tutti noi, leggi non scritte che valgono per chiunque, ricco o povero ». Se Olmert dovesse lasciare, Livni prenderebbe il suo posto, ma non è chiaro se il partito religioso Shas sia pronto ad accettare un premier donna. Barak e il ministro degli Esteri vorrebbero evitare le elezioni anticipate, i sondaggi danno in vantaggio il Likud di Benjamin Netanyahu.

Sempre di Frattini, il restroscena dell'alleanza politica tra Barak e Tzipi Livni:

GERUSALEMME — Tre centimetri di distanza, qualche secondo di gelo, quindici deputati di differenza. Quando Ehud Olmert è sfilato davanti a ministri e dignitari dopo il discorso di George W. Bush, ha stretto mani e sorriso, abbracciato e baciato. Di fronte a Tzipi Livni, il suo ministro degli Esteri, si è pietrificato: lui guardava a sinistra, lei a destra. Poi si è rimesso in movimento. Strette di mani e sorrisi, abbracci e baci.
Il premier israeliano non perdona che «quella donna» — come ha cominciato a chiamarla — non abbia detto una parola di vago sostegno, da quando l'inchiesta giudiziaria è cominciata. Sa che i sondaggi — l'ultimo pubblicato da Yedioth Ahronoth dieci giorni fa — l'hanno già incoronata leader del suo partito: se Kadima andasse alle elezioni guidato da Olmert, otterebbe 12 deputati. Con Livni al comando, i seggi diventerebbero 27. Il ministro degli Esteri, 49 anni, è impegnata a non sporcare l'immagine pulita che gli israeliani le riconoscono e a costruire un profilo che le manca: la principessa dell'onestà deve dimostrare di poter essere la regina della sicurezza. Con l'aiuto del soldato più decorato nella storia d'Israele. Ehud Barak e Tzipi Livni avrebbero stretto un'alleanza per preparare la successione ed evitare le elezioni anticipate.
Il ministro della Difesa e quello degli Esteri si scambiano favori. Qualche mese fa lei è stata fotografata in Cisgiordania. Lo sguardo severo e accigliato, studia le mappe delle operazioni circondata da ufficiali dell'esercito. «Pose da leader, alla Ariel Sharon», ha scritto in prima pagina il Jerusalem Post.
«Il suo svantaggio — spiega Caleb Ben-David — è che da ex agente del Mossad non può esibire le credenziali per la sicurezza. Stanno in dossier segreti». Livni è anche preoccupata di apparire troppo seria e disciplinata, in un Paese che ha fatto dell'intuito e dell'improvvisazione virtù politiche e militari. «Ci sono parti di me che sono diverse — ha raccontato al New York Times —. Preferisco i jeans ai tailleur, le scarpe da ginnastica a quelle con il tacco, i mercati ai negozi. Quand'ero giovane sono andata nel Sinai e ho lavorato come cameriera». Per rilassarsi suona uno strumento poco diplomatico — verso i vicini — come la batteria.
La gita a sorpresa di Livni nei territori, accompagnata dagli alti comandi, non poteva venire organizzata senza il permesso del ministro della Difesa. Che in cambio sembra aver ricevuto un lasciapassare per prendersi un po' di spazio sul palcoscenico internazionale (e magari una foto con Condoleezza Rice). Meno di due anni da premier, tra il 1999 e il 2001, hanno lasciato a Barak la fama di «politico più odiato di Israele»: arrogante e accentratore, non ascolterebbe i consiglieri e i collaboratori. Ama citare i passaggi dedicati al comando dal generale Charles De Gaulle: «Niente rafforza di più l'autorità del silenzio». «Eppure da qualche settimana — commenta l'analista Herb Keinon — le sue dichiarazioni sono meno anemiche. Dopo l'incontro con un ministro straniero, riesce a pronunciare più di due o tre frasi».
E' stato accusato di cinismo anche per il divorzio dalla moglie, dopo trent'anni di matrimonio. Lui avrebbe ammesso di aver costruito la villa, dove vivevano poco prima della separazione, così grande da poter abitare insieme senza incontrarsi. I consiglieri assicurano che a 66 anni sia cambiato: fa esercizi yoga, la nuova compagna gli trasmette «pace spirituale », durante un viaggio in India «ha perfino guidato la sua auto e fatto benzina da solo, come una persona normale. Non gli succedeva da anni».
Per distanziarsi dall'«edonista Olmert» — come l'ha battezzato il quotidiano Haaretz — Barak deve dimostrare di poter scendere dal trentaduesimo piano dei grattacieli Akirov a Tel Aviv, le torri extralusso dove vive e che agli israeliani sembrano d'avorio.

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