Abu Mazen vuole fucilarlo, Ida Nudel, l'eroina dei Refuseniks sovietici negli anni '80, vuole salvarlo. Lo scrive il FOGLIO di oggi, 25/05/2008, a pag.3, in un articolo di grande interesse. Eccolo:
Roma. Li chiamano “collaborazionisti”, sono i palestinesi che con le loro informazioni hanno permesso alle forze israeliane di prevenire atti terroristici a Gaza e in Cisgiordania. Molti di loro odiano l’islamismo che ha brutalizzato la popolazione palestinese. Condannato a morte era stato anche Haider Ghanem, giornalista e attivista per i diritti umani al fianco della organizzazione israeliana B’etselem. A Ramallah miliziani delle Brigate di al Aqsa hanno rapito e trascinato in una moschea un “collaborazionista”. Fu costretto ad autoaccusarsi dinanzi agli altoparlanti; poi trasferito in un campo fu crivellato di proiettili. Sono i collaborazionisti che combattono il terrorismo, così come da accordi fra Israele e l’Anp a Oslo. L’ultimo caso è Imad Sa’ad, il venticinquenne ufficiale di polizia arrestato dalle forze di Abu Mazen per aver fornito allo Shin Bet informazioni vitali sulla cattura di quaterroristi di Hamas. Un giudice di Hebron lo ha condannato a morte tramite fucilazione. Un rapporto di Amnesty International parla di centinaia di palestinesi giustiziati per aver collaborato con Israele. A guidare la campagna per il rilascio di Sa’ad in Israele è l’ex prigioniera di Sion Ida Nudel, la paladina dell’ebraismo russo per decenni incarcerata dalle autorità sovietiche. La coraggiosa Ida Nudel, prigioniera politica in Urss fino al 1987, ha reso noto il fatto e inviato appelli affinché la vita di Sa’ad sia risparmiata a George W. Bush e all’Ue. Nudel chiede al primo ministro Ehud Olmert di fare di tutto per salvare il poliziotto palestinese condannato a morte anche dal Gran Muftì di Gerusalemme, Sheikh Ekrimah Sabri. “Dopo aver utilizzato quelle vitali informazioni, a rischio delle loro vite, per salvaguardare quelle dei cittadini e dei soldati israeliani, il primo ministro non può abbandonarli al loro destino”, ha scritto Ida Nudel. Circa 1.500 “amil”, collaborazionisti, sono stati trucidati, spesso con terribili torture, dalle squadracce palestinesi dal 1988 al 1993. “Devono usare anche la forza per liberarlo”, dice la Nudel. “Queste persone sono il nostro fronte in questa guerra, come possiamo abbandonarle ai cani?”. Due palestinesi accusati di collaborazionismo sono stati uccisi persino nei loro letti d’ospedale. Molte le situazioni in cui la “collaborazione” con Israele c’entrava poco o niente e la vera colpa del “collaborazionista” era di essere omosessuale, come nel caso di Fouad Mussa. Altri accusati di collaborazionismo erano in realtà colpevoli più banalmente del “reato” di infedeltà coniugale. Le statistiche del fenomeno “Intrafada”, cioè l’Intifada intestina tra palestinesi, sono state pubblicate dal Palestinian Human Rights Monitoring Group di Gerusalemmeagenzia che non è certamente accusabile di essere filoisraeliana. Di un caso, quello di Mohammed Laloh, ha dovuto occuparsi anche Amnesty International: si trattava di un venticinquenne di Jenin arrestato, detenuto e torturato per due mesi. Scarcerato nel novembre 2001, aveva ovunque i segni delle torture subite ed era ridotto su una sedia a rotelle. Altri come i fratelli Salam, pur essendo fedelissimi di Arafat, furono arrestati e torturati per essersi convertiti al cristianesimo. E successivamente furono indicati come collaborazionisti. Ad Abu Amas, arrestato nell’agosto 2001 dall’intelligence di Gaza, andò peggio: i poliziotti di Arafat ne fecero ritrovare il corpo per strada due mesi dopo e non si diedero neanche cura di avvisare la famiglia. Alam Bani Odeh lo hanno fucilato in una piazza di Nablus davanti a 5 mila persone. Majdi Makali lo hanno giustiziato in una caserma al cospetto di 500 spettatori.
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