Diario dalla Galilea: solo in pace vincono tutti Angelica Edna Livè Calò
Proedi Euro 10
Una voce forte e coraggiosa che si leva sul fragore dei missili in difesa della pace, della convivenza fra i popoli e del rispetto reciproco è quella di Angelica Edna Calò Livnè.
Angelica, che vive in Israele da quasi trent’anni a Sasa in un kibbutz della Galilea, è prima di tutto un’educatrice impegnata con ragazzi arabi, ebrei, circassi e drusi nell’arduo compito di educare alla pace.
Nell’anno in cui le Torri Gemelle crollavano per mano di terroristi islamici, Angelica fondava la Compagnia Teatro dell’Arcobaleno che unisce giovani di culture, religioni ed etnie diverse che attraverso spettacoli di musica e danza testimoniano il loro rispetto e riconoscimento per l’”Altro”.
Assieme al marito Yehuda, a dispetto delle bombe, dei missili e degli attentati terroristici, ha dato vita alla Fondazione “Beresheet La Shalom” che si occupa di porgere un aiuto concreto alle vittime israeliane del terrorismo, in particolare giovani, oltre che sensibilizzare al dialogo fra culture diverse.
Autrice del libro “Un sì, un inizio, una speranza” edito da Tempi e “Giù le maschere” pubblicato da Proedi, ha recentemente presentato alla Fiera del Libro di Torino, dove è stata invitata insieme ai ragazzi del teatro Arcobaleno, il suo “Diario dalla Galilea”: una cronaca intensa e drammatica dei terribili giorni vissuti in Israele durante la Seconda Guerra del Libano del 2006.
E’ il racconto sofferto di una donna coraggiosa, madre di quattro figli, due dei quali impegnati a difendere il paese dagli attacchi degli Hezbollah, alla quale il quotidiano La Repubblica chiede di annotare giorno per giorno le sensazioni, le emozioni che albergano nel cuore di una mamma e di un’educatrice durante quei giorni di ansia e paura.
Angelica non si sottrae a questa mitzvà e nella prima parte del libro ci regala momenti di profonda commozione nel racconto della difficile quotidianità di un popolo che non ha mai voluto, cercato e neppure provocato guerre ma che ancora una volta deve mandare i suoi figli a combattere per difendere il proprio diritto ad esistere.
“Fra la ragione che ti tiene abbarbicata alla realtà e le emozioni che si susseguono senza posa”, Angelica narra delle preoccupazioni per i giovani che rischiano di cadere nei tranelli architettati dagli Hezbollah, della forza che deve trovare per occuparsi delle 1200 persone che le sono state affidate nei villaggi turistici sul lago di Tiberiade.
Attraverso il racconto di Angelica incontriamo Samar, l’amica palestinese che cerca di infonderle coraggio, Nimrod, capo animatore del villaggio che frustrato per le reazioni ostili che Israele riceve da tutto il mondo vuol condividere la sua angoscia con gli italiani che sono “gente onesta”, Haim, capo dell’autorimessa del kibbutz che si alterna con la moglie per stare vicino ai bambini “troppo piccoli per essere lasciati soli” fino a quando riceve la “chiamata 8” dell’esercito (lo stato di allarme con il quale vengono richiamati alle riserve i soldati d’Israele).
Angelica, che i genitori del villaggio chiamano “duracell”, non si concede tregua e i bambini affidati alle sue cure “arrivano alla fine della giornata esausti dopo i giochi, le simulazioni teatrali e tutte le altre attività che creiamo per loro”.
Sono pagine intense che lasciano con il fiato sospeso ed una sensazione di stupore e rispetto dinanzi al coraggio e alla forza di volontà di una donna che sotto i bombardamenti incessanti, con il frastuono terrificante dei missili che spaventa a morte i bimbi più piccoli, continua ad essere una colonna e una bandiera di pace in un mondo in guerra.
Se la seconda parte del libro è una raccolta commovente delle testimonianze di affetto ricevute durante i 29 giorni di guerra in seguito agli articoli apparsi su La Repubblica, la terza parte raccoglie le riflessioni, i sentimenti e le speranze a un anno dalla fine della guerra.
Con la modestia che la contraddistingue, Angelica ci racconta del premio “Mamma Lucia” ricevuto a Cava de’ Tirreni nel 2007 (la località che ospiterà i ragazzi colpiti dal terrorismo)
e dell’onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine della Solidarietà” conferitale dal Presidente Giorgio Napolitano.
Nell’ultima parte del libro il lettore troverà le emozioni suscitate negli spettatori dalla recente tourné italiana: sono testimonianze di affetto e gratitudine nei confronti di quei ragazzi ebrei, arabi cristiani o mussulmani che con il loro impegno dimostrano che “le guerre non possono distruggere lo spirito, gli ideali e la visione di un’educazione ai valori più alti dell’uomo”.
Quei valori che hanno sempre ispirato il popolo d’Israele e per i quali ogni venerdì sera l’augurio condiviso è: “Shabbat Shalom”. Un sabato di pace!
Giorgia Greco