Sergio Romano traccia la storia degli ebrei tedeschi un testo corretto: l'orologio rotto segna l'ora giusta due volte al giorno
Testata: Corriere della Sera Data: 20 maggio 2008 Pagina: 1 Autore: Sergio Romano Titolo: «STORIA DEGLI EBREI TEDESCHI DAL SUCCESSO ALLA TRAGEDIA»
Dal CORRIERE della SERA del 20 maggio 2008, una corretta risposta di Sergio Romano sulla storia degli ebrei tedeschi. Uno di quei casi in cui l'orologio quasto segna l'ora giusta. Ecco il testo:
Sono tedesca di nascita e italiana di matrimonio. Avendo letto la sua risposta sui rapporti tra la Russia e la Germania, vorrei però precisare che Marx, Engels e la Luxemburg non erano tedeschi ma ebrei, quindi i tedeschi non hanno nessuna responsabilità rispetto alla rivoluzione russa del 1917, come non sono responsabili della rivoluzione studentesca della Scuola di Francoforte (Adorno, Marcuse e Horkheimer). O basta forse la presenza fisica in un Paese per essere russi, tedeschi, italiani, ecc...? Helga Burckhardt-Agnoli tiziano.agnoli@gmx.it Cara Signora, E ngels non era ebreo. Nacque in una famiglia protestante da un padre rigorosamente pietista e fece le sue prime apparizioni nella vita pubblica ribellandosi all'integralismo evangelico dell'ambiente familiare. Karl Marx era nipote di rabbini, ma figlio di genitori convertiti al cristianesimo e considerava gli ebrei come la perfetta incarnazione del capitalismo; quindi, secondo la filosofia del suo «Manifesto», «nemici di classe». Certo la «presenza fisica» in un Paese non è sinonimo di nazionalità. Ma quella dei tedeschi in Germania fu molto più di una semplice presenza fisica. Fu qui, nel clima culturale tedesco del Settecento, che Moses Mendelssohn dette il via al grande rinascimento ebraico. La sua lettura di Locke, il filosofo inglese della tolleranza, la sua familiarità con Leibniz e con Kant, e i suoi dialoghi con Gotthold Lessing inserirono l'ebraismo nella cultura europea. La sua traduzione tedesca del Pentateuco ebbe per le comunità ebraiche della Germania una importanza comparabile alla traduzione che Lutero fece della Bibbia fra il 1522 e il 1534. Mentre Moses si affermava come filosofo, il nipote Felix Mendelssohn-Bartholdy creava con Schubert e Schumann la grande musica romantica. E un altro ebreo convertito, suo contemporaneo, Heinrich Heine fu per alcuni decenni il più popolare, amato e imitato poeta tedesco. Nella Germania del Settecento esisteva ancora l'«ebreo di corte», apprezzato per la sua abilità finanziaria, spesso chiamato a rimpinguare con i suoi prestiti la cassa del principe, ma trattato come un estraneo o, nella migliore delle ipotesi, come un ospite. Con la grande ascesa della casa dei Rothschild durante l'epoca napoleonica, il banchiere ebreo s'inserisce nella società della nuova Germania, collabora allo straordinario sviluppo industriale e sociale del Paese. Dopo la pubblicazione di un libro di Fritz Stern apparso nel 1977 sappiamo quale importanza abbia avuto la lunga amicizia fra Bismarck e il banchiere Gerson Bleichröder nella costruzione della Grande Germania. Non vi è altro Paese europeo in cui una popolosa comunità ebraica abbia avuto altrettante occasioni di affermare la propria presenza e salire rapidamente i gradi della scala sociale. Alla vigilia della Grande guerra, nonostante le prime avvisaglie di antisemitismo alla fine del-l'Ottocento, gli ebrei del Secondo Reich si sentivano tedeschi, erano fieri della loro patria, partecipavano con eguale convinzione a tutte le sue manifestazioni culturali e politiche dal nazionalismo al socialismo, dai movimenti conservatori ai movimenti rivoluzionari. Un grande industriale e uomo politico ebreo-tedesco, Walter Rathenau, disse un giorno che gli ebrei della Germania erano semplicemente «un'altra tribù tedesca». La Grande guerra, la rivoluzione d'Ottobre e l'avvento di Hitler al potere hanno cambiato la storia della Germania e dell'ebraismo tedesco oscurando ciò che era accaduto nel secolo precedente. Ma non credo che gli storici possano tagliare il cordone ombelicale che ha lungamente legato alla Germania l'ebraismo illuminista di Moses Mendelssohn. Non lo hanno tagliato i 130.000 ebrei che hanno fissato la loro residenza nella Repubblica federale dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
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