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La Stampa Rassegna Stampa
19.05.2008 Un progetto che unisce Israele e Giordania: acqua potabile dal Mar Morto
un articolo di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 19 maggio 2008
Pagina: 17
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Acqua potabile dal Mar Morto»
Da La STAMPA del 19 maggio 2008:

L’ambiente, d’accordo. L’economia, la cooperazione, lo sviluppo. «Ma dopo la desalinizzazione si potrà galleggiare ancora sul Mar Morto?». L’idea d’un trapianto eccezionale d’acqua dolce nel lago più denso e depresso del pianeta suscita perplessità nei turisti americani coperti di fango dalla testa ai piedi che prendono il sole sulla terrazza dello stabilimento Bianqini, una cinquantina di chilometri a est di Gerusalemme. Carol Goodman è venuta da Los Angeles con la famiglia: «Una Spa unica». Se solo fosse eterna.
Il Mar Morto perde ogni anno 80 centimetri di profondità e 1,050 tonnellate d’acqua. Per questo il magnate israeliano Yitzhak Tshuva, proprietario del gruppo El-Ad, di cui fanno parte il Plaza Hotel di Manhattan e la Delek, una delle maggiori compagnie di gas israeliane, ha sposato il progetto Valley of Peace. Giovedì ha annunciato al presidente Simon Peres di aver trovato i 3 miliardi di dollari necessari. Ne servono almeno il doppio per costruire il gigantesco canale che, in 9 anni, dovrebbe saziare la sete del Mar Morto con 2 milioni di metri cubi d’acqua del mar Rosso, ma tycoon come Shari Arison, Nohi Dankner, Stef Wertheimer, hanno promesso di essere della partita.
Valley of Peace è assai più della desalinizzazione che cruccia i Goodman. Un canale di 166 chilometri lungo il Wadi Arabah che, sfruttando il dislivello di oltre 200 metri tra i mari Rosso e Morto, produca energia idroelettrica, acqua potabile, lavoro e un asse israelo-giordano-palestinese senza precedenti. Israele ne fantastica da dieci anni, quando Peres, allora ministro dello Sviluppo regionale, iniziò a parlare di «perot hashalom», i frutti della pace. Lo studio commissionato alla Banca Mondiale stima un miliardo di metri cubi d’acqua potabile (un terzo del consumo israeliano), 8 milioni di turisti l’anno, un milione di posti di lavoro. E poi serre, il giardino botanico più vasto del mondo, un treno veloce per raggiungere il Golfo di Aqaba in un’ora. «E’ la realizzazione del sogno di Ben Gurion, della sua fiducia nel Negev», commenta Baruh Spiegel, consigliere di Peres. Ed è un assist alla strategia dell’ex premier britannico Tony Blair, inviato del Qartetto per il Medio Oriente, convinto che, da queste parti, l’economia renda meglio della politica.
Gli scettici ricordano il flop del Mediterranean-Dead Sea Canal, un progetto sponsorizzato da Begin una vita fa, ma Tshuva è gasatissimo. Giovedì ha regalato ai 60 anni d’Israele la doppia adesione del re giordano Abdullah e del principe saudita Walid bin Talal: «Bin Talal è venuto a trovarmi a New York, e ha garantito di essere pronto a investire insieme a businessmen americani, cinesi, giapponesi e russi». Una coalizione dei volenterosi. Pare che durante la sua ultima visita in Israele anche Leonardo Di Caprio sia rimasto entusiasta del progetto illustratogli da Simon Peres.
Valley of Peace sfida il passato per irrigare il futuro. Perché la guerra eterna tra israeliani e palestinesi è, sottotraccia, una guerra per l’acqua. «Il Mar Morto si sta esaurendo a causa del Giordano deviato dagli israeliani dopo il ‘67», nota l’architetto palestinese Ibrahim Khader. Negli anni ‘50 l'affluente biblico riversava a valle 1600 milioni di metri cubi d’acqua, oggi appena 800. Israeliani e palestinesi condividono le reti idriche ma la Cisgiordania acquista dal governo di Gerusalemme elettricità e acqua potabile, 45 milioni di metri cubi l’anno a circa 8 schekel al metro cubo, un euro e mezzo.
«I palestinesi beneficeranno del progetto in termini di rifornimento e lavoro», assicura Baruh Spiegel. Iniziative simili a Las Vegas e in Arizona hanno dato buoni risultati ma qui, accanto alle obiezioni politiche, ci sono quelle ambientaliste. Il Wadi Arabah si trova lungo una faglia estremamente sismica e insicura per il canale. Inoltre, secondo il Geological Survey of Israel, il «trapianto» altererebbe l’ecosistema del Mar Morto e la speciale densità dell’acqua per galleggiare sulla quale i Goodman attraversano mezzo mondo. Tamar Gannot, responsabile dell’Union for Environmental Defense, si è rivolto alla Banca Mondiale: «Deve prendere in considerazione tutte le alternative». La desalinizzazione, per esempio, come ultimissima spiaggia. Su quella di Bianqini cala la notte che divora sogni agli uomini e centimetri al mare.

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