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Il Giornale Rassegna Stampa
14.05.2008 Le mani dell'Iran sul Libano minacciano Israele
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 14 maggio 2008
Pagina: 18
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Israele non resterà a guardare l'Iran che colonizza il Libano»
Dal GIORNALE del 14 maggio 2008

Mai il fronte diplomatico israeliano è stato così arruffato, da una parte immerso in cerimoniali d’onore e dall’altra invece in preoccupazioni tempestose. Da Gaza seguitano a cadere missili che hanno ucciso due volte in una settimana, ieri è stata seppellita un’israeliana fatta a pezzi da un kassam sotto gli occhi del figlio; Omar Suleiman, plenipotenziario del rais egiziano Hosni Mubarak tratta, ospite di Olmert, una tregua con Hamas; è in arrivo George Bush insieme ad altri 13 capi di Stato per la Conferenza del presidente Shimon Peres in onore del 60° anniversario di Israele. Bush vuole vedere i risultati nella trattativa con Abu Mazen. Dall’altra parte, l’ombra del Libano incombe, e si ragiona sui possibili scenari futuri. Ci si prepara all’evenienza molto concreta che gli hezbollah, smantellato il governo di Fuad Siniora prendano il potere per i loro programmi di recupero della Siria nel loro scenario nazionale e di belligeranza filoiraniana. Allora, come dice Bibi Netanyahu, Israele si troverà ad avere due autentici confini con l’Iran di Ahmadinejad compreso quello settentrionale col Libano, dove gli hezbollah fanno dell’odio antisraeliano e dell’islamismo sciita il loro vessillo; per ora, si valuta però in Israele, il fronte interno li assorbe troppo ed è difficile a Nasrallah pensare a una guerra immediata. Ma presto accadrà necessariamente.
Al sud, l’altro confine con l’Iran è ormai quello di Gaza. Hamas conduce una guerra d’odio integralista ed è proprio questo che preoccupa l’Egitto che non desidera affatto trovarsi in una situazione in cui uno scontro frontale fra Israele e Hamas porti l’Iran a espandere la sua influenza nel mondo arabo. L’Egitto e in generale i sunniti vogliono mantenere l’egemonia in tutto il mondo arabo, e per questo, molto preoccupata, una delegazione della lega araba sta recandosi alla volta di Beirut. Sempre per questo Suleiman in Israele si sforza tanto di arrivare a una Hudna, una tregua, ma le cose sono complicate dal rifiuto di Hamas di trattare la liberazione del soldato di leva Gilad Shalit rapito due anni fa, mentre richiede la liberazione di 450 prigionieri che hanno sulle mani il sangue di centinaia di israeliani uccisi in attentati terroristi. Israele spera negli egiziani e nei sauditi. Saud el Faisal, ministro degli Esteri saudita, l’ha detto chiaro: «Il sostegno iraniano agli hezbollah colpisce tutto l’equilibrio del mondo arabo».
Intanto l’ambasciatore saudita ha lasciato Beirut. Tuttavia, gli Stati moderati difficilmente metteranno in campo forze militari per aiutare Fuad Siniora. Israele dunque, che insieme alla riunione di gabinetto ha convocato sul tema «Libano» anche il capo del Mossad e degli altri servizi fa varie ipotesi: se gli Hezbollah che sono riarmati dall’Iran e dalla Siria più di prima della guerra del 2006 (30mila missili) fanno del Libano un «Paese canaglia» in mano di un’organizzazione terrorista, allora, come ha detto Yair Peleg, ex generale dell’esercito, in caso di guerra le infrastrutture libanesi dovranno considerarsi obiettivi legittimi, e non come ai tempi della guerra del 2006, in cui coloro che avevano attaccato Israele, gli uomini di Nasrallah, non rappresentavano tutto il loro Paese.
Sull’Unifil, il governo di Olmert che l’ha sempre presentata come un’acquisizione positiva anche di Israele, ma che aveva già giorni fa protestato per l’eccessivo riarmo degli hezbollah, sembra ora ripensare alla 1701, la risoluzione che la istituisce e ne stabilisce gli scopi: il ministro Yzchak Cohen dice per esempio che bisogna rivolgersi al consiglio di sicurezza dell’Onu per rinnovare un discorso sulla risoluzione 1701 con una piena condanna degli hezbollah. La risoluzione prometteva di garantire con la salvaguardia della pace e il disarmo degli hezbollah, la sovranità del governo libanese e quindi la centralità del ruolo del suo esercito. Ma oggi dalla paura che domina le dichiarazioni di Walid Jumblatt e di Gemayel con gli scontri con gli hezbollah, dal disastro di Saad Hariri, dal lassismo con cui si lascia che i posti di blocco, i media, i nodi nevralgici di tutta Beirut siano di fatto in mano a Nasrallah, sembra che l’esercito agli ordini di Michel Suleiman (l’omonimia è uno dei soliti scherzi della storia), generale che piacerebbe anche a Hezbollah come presidente, abbia prevedibilmente preferito di schierarsi, più o meno apertamente, con gli hezbollah o di non difendere i loro nemici drusi o maroniti. La componente sciita dell’esercito e la paura degli scontri con le milizie di Nasrallah hanno prima lasciato compiere il riarmo e poi, lo si vede chiaramente, hanno preferito non difendere le altre componenti. Tutto questo era prevedibile, e l’abbiamo previsto. Tutto il mondo, adesso ha a che fare con una situazione mediorentale che non è stata mai così esplosiva. L’Iran gestisce due forze estremiste dislocate in punti strategici, e per ora il mondo intero è bloccato dalla risoluzione 1701. Si può solo sperare che i Paesi sunniti decidano di farsi sentire forte e chiaro, e che la Libia venga convinta a non bloccare nuove risoluzioni del consiglio di Sicurezza.

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