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Il Manifesto Rassegna Stampa
13.05.2008 Il dominio di Hezbollah in Libano, modello per il Medio Oriente
il quotidiano comunista al fianco dell'islamo-fascismo

Testata: Il Manifesto
Data: 13 maggio 2008
Pagina: 10
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «In Libano Hezbollah segna un punto»

"Certo, il blitz armato di Hezbollah non può non suscitare preoccupazione, non solo per i morti e i feriti provocati ma anche per gli attacchi distruttivi subìti dai mezzi d'informazione del campo avverso, che hanno il diritto di lavorare ed esprimere opinioni" scrive Michele Giorgio sul MANIFESTO del 13 marzo 2008.
Certo... "tuttavia è innegabile che, spinto ad usare la forza dall'improvvisa, e sospetta per i tempi, decisione del governo Siniora di smantellare la rete di comunicazione di Hezbollah, il leader del movimento sciita Nasrallah ha finito per mettere in moto un quadro politico paralizzato da troppo tempo".
Ecco ora siamo tutti più tranqulli. ci sono stati i morti e feriti e   "gli attacchi distruttivi subìti dai mezzi d'informazione del campo avverso", ma "Nasrallah ha finito per mettere in moto un quadro politico paralizzato da troppo tempo".
La "resistenza" non sarà disarmata e ormai neppure 
"è escluso che l'opposizione ottenga quel diritto di veto sulle questioni riguardanti la sicurezza del Libano che chiede da lungo tempo per aderire ad un governo di unità nazionale".

Il successo di Hezbollah in Libano potrebbe essere un precedente:

«Forse saremo testimoni di un condominio politico non dichiarato (in Libano) di Iran e Usa. Un modello anche per altre parti della regione, in particolare per Iraq e Palestina», scrive  Rami Khoury, del Daily Star, e Giorgio approva.

Il Libano  concludono Khoury e Giorgio «potrà esistere come Stato unitario solo se la sua popolazione multietnica e multiconfessionale potrà vivere in un equilibrio di poteri».

Un "equlibrio di poteri" islamo-fascista nel quale i terroristi chiudono i giornali e decidono della pace della guerra.
Un "modello" anche per lo stato "binazionale" arabo ebraico che Giorgio auspica per risolvere il conflitto isralo-palestinese. Che al di là dei camuffamenti propagandistici fosse chiaro che questa è la soluzione prospettata da quanti propugnano lo stato unico arabo-ebraico era chiaro da tempo. Ma  si deve ringraziare Giorgio per averlo chiarito.

Ecco il testo:
 


Si seppelliscono e piangono i morti ma dopo cinque giorni di combattimenti a Beirut, Tripoli, nel Jabal Druso e altre zone del Libano, la politica comincia finalmente a prendere il posto delle armi e ci si interroga sugli sbocchi della crisi più grave vissuta dal Libano dalla fine della guerra civile nel 1990.
Su un punto nessuno ha dubbi. L'opposizione guidata da Hezbollah ha confermato una superiorità militare che nessuno può sfidare e soprattutto ha messo in chiaro che non esiterà a usareo la forza per impedire il disarmo della resistenza su cui insistono i rappresentanti del «fronte 14 marzo» che appoggiano il governo di Fuad Siniora. Certo, il blitz armato di Hezbollah non può non suscitare preoccupazione, non solo per i morti e i feriti provocati ma anche per gli attacchi distruttivi subìti dai mezzi d'informazione del campo avverso, che hanno il diritto di lavorare ed esprimere opinioni. Il movimento sciita peraltro aveva più volte escluso l'utilizzo delle armi contro gli altri libanesi.
Tuttavia è innegabile che, spinto ad usare la forza dall'improvvisa, e sospetta per i tempi, decisione del governo Siniora di smantellare la rete di comunicazione di Hezbollah, il leader del movimento sciita Nasrallah ha finito per mettere in moto un quadro politico paralizzato da troppo tempo. La sconfitta militare ha automaticamente prodotto una sconfitta politica e la maggioranza di governo ora è in forte difficoltà: potrebbe esser costretta ad accettare quel compromesso con l'opposizione che per mesi ha rifiutato con ostinazione - e alle condizioni di Hezbollah. Siniora, Hariri e il leader druso Jumblatt cominciano a rendersi conto del passo falso compiuto una settimana fa ordinando l'eliminazione delle rete di comunicazioni autonoma di Hezbollah, che ha intepretato l'ordine come un primo attacco volto a disarmare la resistenza. «E' stata una disfatta totale per la maggioranza» - commentava ieri l'analista Osama Safaa, dell'Istituto per gli studi strategici di Beirut. «Per Hariri e Jumblatt è sfumata, forse definitivamente, la possibilità di ottenere un rapido disarmo della milizia sciita».
A Beirut si prevede la prossima formazione di un governo transitorio formato da tecnici, se non addirittura di una giunta militare - lo scriveva ieri il quotidiano al-Anwar - con il compito di emendare la legge elettorale, sbilanciata a favore della maggioranza, e portare il Libano alle elezioni. Uno sviluppo che include la nomina a presidente della repubblica del capo di stato maggiore, Michel Suleiman - già indicato dai due schieramenti come il candidato di «consenso nazionale» - che ha conquistato altri consensi popolari tenendo lontane le forze armate dalle barricate dei miliziani delle due parti. Hezbollah peraltro è stato attento a non mettersi contro l'esercito, cui ha subito ceduto il controllo delle postazioni conquistate a Beirut ovest durante il suo blitz. In questo modo ha anche voluto rassicurare il Libano (e la consistente minoranza cristiana) che il suo non era un «colpo di stato» ma un regolamento di conti con due esponenti della maggioranza - Hariri e Jumblatt - schierati in modo accanito contro il movimento sciita.
La missione della Lega Araba, che comincia domani, punterà a soluzioni immediate che non possono prescindere da ciò che è avvenuto sul terreno e dall'indebolimento della maggioranza di governo. Non è escluso che l'opposizione ottenga quel diritto di veto sulle questioni riguardanti la sicurezza del Libano che chiede da lungo tempo per aderire ad un governo di unità nazionale.
Per il commentatore politico Rami Khoury, del Daily Star, quanto è avvenuto nei giorni scorsi potrebbe aver segnato una svolta inattesa in Medio Oriente. «Forse saremo testimoni di un condominio politico non dichiarato (in Libano) di Iran e Usa. Un modello anche per altre parti della regione, in particolare per Iraq e Palestina», ha scritto ieri, spiegando che questa soluzione sarebbe il risultato della sconfitta della politica dell'amministrazione Bush di scontro frontale con le forze nazionaliste e islamiste in Medio Oriente. Il Libano, ha concluso, «potrà esistere come Stato unitario solo se la sua popolazione multietnica e multiconfessionale potrà vivere in un equilibrio di poteri».


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