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Libero Rassegna Stampa
11.05.2008 Il governo libanese ha ceduto a Hezbollah
la cronaca di Andrea Morigi

Testata: Libero
Data: 11 maggio 2008
Pagina: 18
Autore: Andrea Morigi
Titolo: «Il governo cede a Hezbollah. Si placa la rivolta a Beirut»
Da LIBERO dell'11 maggio 2008

Hezbollah si aggiudica il primo round dello scontro politico-militare con il governo. A cedere è l'esercito libanese, che rinuncia a smantellare la rete telefonica dei terroristi sciiti, ma la gestirà tramite il proprio reparto trasmissioni. E anche il capo della sicurezza dell'aeroporto di Beirut, Wafic Shoukair, vicino al gruppo sciita, rimarrà al suo posto. Compiti superiori alla debolezza del Comando delle Forze armate, che già nel 2006 non erano riuscite a opporre una seria resistenza all'avanzata dell'esercito israeliano. Resi innocui, sin dai tempi dell'occupazione siriana cessata nel 2005, i militari si ritrovano ancora una volta scavalcati dal "Partito di Dio", che aveva scatenato la guerra e poi guidato la resistenza contro le truppe dello Stato ebraico. Dopo alcuni attentati che hanno decapitato i vertici militari libanesi, attualmente nessuno è in grado di eseguire gli ordini impartiti nei giorni scorsi dal governo del premier Fouad Siniora. Per mantenere una dignità formale, l'esercito - al quale proprio ieri il primo ministro aveva chiesto di intervenire, nel suo primo messaggio alla Nazione - ha intimato a Hezbollah di richiamare i propri militanti armati e di riaprire le strade di Beirut da loro controllate. Per tutta risposta, l'opposizione filo-siriana ha chiesto a tutti i miliziani di ritirarsi e togliere i posti di blocco dalle strade. Tuttavia la campagna di «disobbedienza civile» continuerà finché le richieste di Hezbollah non saranno accettate, ha annunciato la televisione del movimento terrorista, Al Manar. A soccombere, per ora, è quindi il partito di Saad Hariri, al quale Hezbollah ha chiuso radio, televisione e giornale, senza che le autorità libanesi, o quanto ne rimane, siano ancora state in grado di ripristinare la normalità e di riaprire le vie d'accesso aeree e navali alla capitale. Quanto ai nostri connazionali, «una quindicina di italiani è stata portata via da Beirut ovest e gradualmente trasferiti nella parte sicura della capitale libanese», hanno riferito fonti della Farnesina. Intanto, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha incontrato il collega degli Esteri, Franco Frattini, per fare un punto sulla situazione in Libano, dove «l'area di responsabilità» del contingente italiano è sotto controllo e «le condizioni generali di sicurezza sono da considerarsi buone». Dal ministro della Difesa non è venuto nessun nuovo accenno al possibile cambiamento delle regole di ingaggio. In merito a cui, ieri, è invece intervenuta la vicepresidente del Senato, Emma Bonino: «Le regole non si decidono unilateralmente e sarebbe bene non parlare a vanvera su questioni così esplosive. Mi sembra di aver capito che il ministro Frattini, su questo, abbia fatto una veloce marcia indietro». Infatti, il neoministro degli Esteri ha di nuovo precisato la necessità di «parlarne prima con i comandi militari». Mentre, dopo le venti vittime degli scontri di ieri, è stata convocata per oggi al Cairo su richiesta di Arabia Saudita ed Egitto - entrambe alleate del governo filo-occidentale di Siniora - una riunione d'emergenza dei ministri degli Esteri della Lega araba per affrontare la crisi libanese. Ma la Siria si prepara a dare forfait, per avallare la tesi del proprio presidente Bashar Al Assad, secondo il quale il conflitto libanese è «una questione interna». In realtà gli Stati Uniti accusano Damasco di aver scatenato la guerriglia. Israele, invece, sottolinea il ruolo iraniano. Ancora più difficile il compito del segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, in contatto con il governo libanese e con Hezbollah per ricercare una soluzione che metta fine al conflitto, il cui scenario è ben più vasto della capitale libanese. È la guerra tra sciiti e sunniti, sempre quella da tredici secoli in qua. Negli anni più recenti è transitata per l'Iraq, con qualche riflesso dalle parti dell'Afghanistan e del Pakistan, dove cercano di cavalcarla i vertici di Al Qaeda, e ora trova un palcoscenico apocalittico nel Paese dei cedri. Tanto polarizzata da risucchiare anche quel che resta della comunità cristiana, attratta da Hezbollah per quanto riguarda la sua frangia filo-siriana e solidale con il governo nella sua componente filo-occidentale.

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