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Europa Rassegna Stampa
09.05.2008 Ospitare Israele va bene, ma solo per processarla
un vergognoso articolo di Franco Cardini

Testata: Europa
Data: 09 maggio 2008
Pagina: 1
Autore: Franco Cardini
Titolo: «Errori alla Fiera»

Israele alla Fiera del libro va bene, ma solo per metterla sul banco degli imputati.
Le bandiere bruciate non sono antisemitismo, ma "legittime critiche"
Le cause del terrorismo palestinese sono  "
la mancata continuità territoriale delle aree soggette all’Autority palestinese, il “muro” di separazione, l’appropriazione praticamente totale e unilaterale di Gerusalemme da parte israeliana, la questione dell’accesso palestinese alle risorse idriche, la politica israeliana di risposta al terrorismo – ch’è infame – con rappresaglie indiscriminate e sempre più sanguinose. " In sostanza: il terrorismo è colpa di Israele, e pazienza se, per esempio, le "rappresaglie indiscriminate" sono una pura e semplice menzogna e la barriera di separazione è stata costruita dopo e non prima la campagna di terrorismo suicida.
Sulle responsabilità di Israele, sostiene Cardini si è stesa una cortina di silenzio, da lui denominata "Notte e nebbia". Il termine con il quale i nazisti si riferivano allo sterminio degli ebrei.
Un riferimento al nazismo e alla Shoah che è  un insulto. A Israele e alla memoria.

Ecco il testo dell'articolo:


Era del tutto giustificato dedicare a Israele la Fiera torinese del libro di quest’anno, sessantesimo della fondazione di quello stato. Israele è una presenza essenziale e centrale nella realtà politica e culturale di oggi; è uno dei paesi più colti del mondo, che vanta un altissimo livello d’istruzione e che ha espresso una letteratura di straordinaria importanza.
Ma l’iniziativa del suo invito non è nata troppo felicemente: gli organizzatori avevano già diffuso la notizia che l’ospite d’onore di quest’anno sarebbe stato l’Egitto, un altro paese di grandi tradizioni intellettuali; e, inoltre, un paese arabo. La sua rapida e inattesa sostituzione con Israele è sembrata un inutile affronto a un paese amico: e, in un tempo nel quale la tensione tra il mondo occidentale e una parte almeno di quello musulmano è così forte, non c’era proprio bisogno di una provocazione in più. I fondamentalisti non aspettano di meglio: e regali su un piatto d’argento a quella gente non se ne dovrebbero fare.
Non è sembrato inoltre opportuno dar l’impressione di stendere, attorno all’invitata d’onore, una specie d’impenetrabile cortina massmediale difensiva. È ovvio che, per motivi ch’è perfino inutile richiamare, la Fiera del libro di quest’anno dovrà essere blindata dal punto di vista della sicurezza: la situazione è quella che è, e gli organizzatori sapevano bene che l’invito avrebbe comportato un rischio. Ma da qui a stigmatizzare con un rigore quasi inquisitoriale tutte le manifestazioni di dissenso, ce ne corre.
Sappiamo bene che una parte dell’opinione pubblica italiana (ed europea, ed occidentale) non approva l’operato dei vari governi israeliani nei confronti dell’ormai isolata e divisa minoranza palestinese; che la classe dirigente israeliana ha fino ad oggi disatteso anche alcune risoluzioni delle Nazioni Unite, a proposito dei territori occupati, della città di Gerusalemme e dell’insediamento dei nuclei di coloni israeliani in territorio palestinese; che il problema israelo-palestinese sta inquinando l’intero Vicino Oriente e che è senza dubbio molto arduo, ma anche indispensabile rimuoverlo se si vuol avere qualche speranza di pace.
Ebbene, ciò premesso, che senso ha da parte della stragrande maggioranza dei mass media, di destra e di sinistra, stigmatizzare le manifestazioni contrarie alla presenza d’Israele a Torino come se si trattasse di qualcosa di criminale e d’inaudito? Se alcune di esse hanno turbato l’ordine pubblico, ci sono le leggi e le forza di polizia a impedire tali abusi; il bruciar le bandiere statunitense e israeliana è un gesto ripugnante, che merita decisa disapprovazione perché una bandiera è il simbolo dello spirito e della tradizione di un popolo, tuttavia è evidente che tale gesto implica una disapprovazione politica, non un diffuso sentimento “antisemita”.
Troppo spesso si sfodera lo spauracchio dell’antisemitismo per stigmatizzare qualunque espressione di dissenso nei confronti d’Israele o qualunque critica nei confronti del sionismo: ma si tratta di un atteggiamento assurdo, di vero e proprio terrorismo ideologico. Proprio perché non sono antisemita, io sono libero di criticare il governo israeliano esattamente come sarei libero di prendermela con quello canadese o brasiliano; e la stessa cosa comincia a valere per l’aggettivo “antiamericano”, che troppi cominciano a sventolare come un insulto o una minaccia. Non è con queste intimidazioni che si tengono a bada – se e nella misura in cui ancora ce ne sono – i bacilli dell’infezione antisemita. Anzi, il diffuso e costante conformismo nel nome del quale sembra che contro la dirigenza israeliana non si possa mai proferire critica alcuna, pena il sentirsi trattar da nipotini del dottor Goebbels o da seguaci di Bin Laden, rischia di diventare il miglior aiuto alla propaganda dei rottami dell’antisemitismo: e qualche volta sorge il sospetto che ci sia qualcuno che, in realtà, non chieda di meglio.
La Fiera del libro di Torino sarebbe stata una buona occasione non solo per avvicinare la ricca cultura d’Israele, ma anche e forse soprattutto per conoscere più da vicino e per discutere pacatamente sul suo rapporto con i palestinesi, sulle prospettiva di accordo e sui problemi che lo rendono ancora lontano.
Invece, a dare un’occhiata al programma annunziato, sembra proprio che quello sia un territorio che si è voluto evitare: magari per rifugiarsi dietro l’abusato cliché secondo il quale le colpe della situazione andrebbero tutte a d d e b i t a t e a l - l’“estremismo” palestinese e al terrorismo suicida, senza un accenno alle cause di quelle tragedie: che restano sostanzialmente la mancata continuità territoriale delle aree soggette all’Autority palestinese, il “muro” di separazione, l’appropriazione praticamente totale e unilaterale di Gerusalemme da parte israeliana, la questione dell’accesso palestinese alle risorse idriche, la politica israeliana di risposta al terrorismo – ch’è infame – con rappresaglie indiscriminate e sempre più sanguinose. Niente: notte e nebbia. Ogni tentativo di discutere diventa un atto di propaganda antisemita.
E per il presidente della camera Fini un paio di bandiere bruciate – senza dubbio un gesto orribile, ma nell’àmbito d’una libera ancorché scomposta espressione di un’opinione politica – diventa un fatto più grave dell’uccisione feroce, a freddo, senza motivo, di un ragazzo veronese da parte d’una banda di balordi. E a dichiarare ciò è un uomo politico che ha condotto la recente campagna elettorale nel nome della “sicurezza”. Decisamente, si comincia ad esser fuori dalla grazia di Dio.

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