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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.05.2008 Gli ebrei, la sinistra e la destra
dopo le elezioni municipali a Roma

Testata: Corriere della Sera
Data: 04 maggio 2008
Pagina: 11
Autore: Gianna Fregonara
Titolo: «E nel Ghetto la sinistra torna «ostile»»
Dal CORRIERE della SERA del 4 maggio 2008:

ROMA — E' vero che da tempo il Ghetto a Roma è diventato così esclusivo da non essere più il quartiere degli ebrei. Ma il dato del ballottaggio della scorsa settimana — più del 50 per cento dei voti per Alemanno — segna la fine di un altro tabù. Che cosa è cambiato dagli anni Novanta in cui la comunità ebraica romana era impegnata a ricucire i rapporti logorati con la sinistra? Da quando nel 1993 Claudio Fano, il presidente della comunità — 15 mila persone, metà degli ebrei italiani — per la prima volta nella storia aveva schierato gli ebrei a favore di Francesco Rutelli, prima di un toccante comizio al Portico d'Ottavia?
«Molto è cambiato — analizza Victor Magiar, nel 1993 candidato (l'unico ebreo) con Rutelli al consiglio comunale —. Oggi il centrodestra ha come unico argomento di politica estera la difesa di Israele che declina non in funzione antipalestinese ma come valorizzazione del principio della democrazia. E poi, ci sono stati i due anni di D'Alema alla Farnesina che hanno alimentato la diffidenza ». Ci sono anche fatti «romani ». Come la rottura con Rutelli. Nel '93 acclamato come ex radicale che si era battuto per i refusnik,
si smarca nel 2002: l'allora leader dell'Ulivo impegnato a rappresentare anche la sinistra prima della sua personale svolta centrista, non partecipa all'Israele Day promosso da Giuliano Ferrara. Nella gran folla c'è mezza An, c'è Forza Italia, ci sono diessini come Ranieri, Fassino e Caldarola. «Sono cose che poi si ricordano queste », commenta l'imprenditore Dario Coen. Veltroni fa molto per la «memoria»: organizza i viaggi con le scuole al museo dell'Olocausto a Gerusalemme, nel 2005 va in sinagoga a pregare per la vita di Sharon, dedica una piazza a Stefano Tachè, il bambino assassinato sulle scale della sinagoga di Roma nell'attentato palestinese del 1982, l'anno che segna i rapporti più bassi tra la sinistra e la comunità romana. Sullo sfondo l'operazione «Pace in Galilea» guidata in Libano da Sharon (Sabra e Chatila). «Fu il momento dei processi dei media — ricorda Riccardo Pacifici, allora diciottenne, oggi presidente della comunità — da parte di Repubblica soprattutto, con il famoso "Davide discolpati". La sinistra pretendeva che gli ebrei italiani si dissociassero da Israele». Ci fu la manifestazione sindacale, che depositò la bara vuota davanti alla sinagoga. Se lo ricorda benissimo Dario Coen: «Uno shock enorme, allora. Come lo è oggi vedere le bandiere israeliane bruciate il Primo Maggio. Mio figlio di 15 anni mi ha chiesto perché l'hanno fatto, visto che i lavoratori ci sono anche in Israele». E poi, il 9 ottobre, l'attentato alla Sinagoga: «Erano stati i terroristi palestinesi, — continua Pacifici — ma per gli ebrei romani il clima d'odio era stato creato dalla sinistra». Fatti così vivi, questi, che la comunità italiana a Gerusalemme (il 75 per cento ha votato per il centrodestra alle ultime politiche) solo un anno fa ha rinfacciato al presidente della Camera Fausto Bertinotti, in visita in Israele.
Ma poi sotto le macerie del Muro di Berlino finì anche la diffidenza reciproca. Nel 1991 Achille Occhetto inviò un giovane Piero Fassino in Israele. Walter Veltroni, direttore dell'Unità, va a parlare al movimento dei giovani universitari sionisti («e a riparare un incontro fallito con Fabio Mussi», ricorda Pacifici), la sezione di via dei Giubbonari con Giampiero Cioffredi e Nicola Zingaretti collabora a rasserenare il clima. Un discorso che non vale per la sinistra radicale: ancora tre anni fa, Vittorio Agnoletto intercettato in un ristorante al Portico d'Ottavia, presente anche Rossana Rossanda, viene maltrattato e finisce in ospedale. Riaprendo vecchie ferite e nuovi dibattiti.
Intanto Gianfranco Fini fa il suo percorso di avvicinamento agli ebrei: sceglie, per andare in Israele, di passare attraverso la comunità romana. Cinque volte il viaggio è pronto ma la comunità dice di no. Alla fine, nel 2001 c'è il via libera e sull'aereo con Fini viaggiano il presidente delle comunità ebraiche italiane Amos Luzzatto e il giovane Alessandro Ruben, oggi parlamentare del Pdl: «Penso di aver collaborato ad un passaggio storico per l'Italia e non solo per Fini», ricorda. E in qualche modo concorda con lui anche Tobia Zevi, nipote di Bruno, 24enne coordinatore del consiglio delle comunità: il suo cuore batte a sinistra, ma non ha difficoltà a dire «che il fatto che gli ebrei oggi possano scegliere di votare tra centrodestra e centrosinistra è un fatto di democrazia molto positivo». Non si nasconde la diffidenza verso D'Alema da parte di tanti ebrei: «Ha pagato più per gli atteggiamenti che per le sue decisioni ». Si interroga su che cosa possa voler dire oggi essere ebreo di sinistra: «Dovremmo vigilare con attenzione, essendo la testimonianza vivente della possibilità a Roma di far convivere culture diverse e minoritarie

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