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La Stampa Rassegna Stampa
04.05.2008 Libertà accademica per l'odio antisraeliano ( e per l'ignoranza)
la rivendica Angelo D'Orsi

Testata: La Stampa
Data: 04 maggio 2008
Pagina: 55
Autore: Angelo D'Orsi
Titolo: «Dibattiti e tifo da stadio»
La STAMPA del 4 maggio 2008 pubblica a pagina 55 un articolo di Angelo D'Orsi, che risponde alla protesta dell'Associazione Italia Israele per il seminario antisraeliano dell'Università di Torino.
Il quotidiano torinese si distingue dagli altri quotidiani per il maggiore spazio dato alla replica di D'Orsi rispetto al comunicato ufficiale dell'Associazione Italia-Israele, quasi scomparso nelle pieghe delle sue pagine.
Quale sia il livello della risposta di D'Orsi, che la STAMPA ha scelto di privilegiare, può essere immediatamente constatato nei passaggi nei quali l'illustre docente di storia all'università "dà i numeri", scrivendo di  "sette milioni e mezzo" di palestinesi obbligati, al momento delle fondazione di Israele, a  "lasciare da un giorno all’altro, spesso da un’ora all’altra, dimore e campi coltivati, derrate e oggetti, moschee e chiese (vennero espulsi non solo palestinesi islamici, ma cristiani)".

Al di là di ogni altra considerazione - i palestinesi nel 48 non furono cacciati, abbandonarono le loro case per fuggire a una guerra che i loro capi  e gli stati arabi avevano scatenato, spesso seguirono le indicazioni di quegli stessi capi e di quegli stessi stati, che promettevano il ritorno dopo una facile vittoria militare - la cifra di "sette milioni e mezzo" è assurda: nel 1948 gli arabi palestinesi non superavano il milione e duecentomila e le stime più elevate sui profughi arabi ( vi furono anche i profughi ebrei dai paesi arabi) nella guerra indicano la cifra di circa 750.000 persone.
Se questo è il livello dei professori universitari italiani, non c'è sa stupirsi del declino del paese !
L'errore sui numeri vale come esemplificazione:  l'intero articolo di D'Orsi è una riproposizione di stereotipi di demonizzazione antisraeliana. Israele è l'aggressore, autore di una "pulizia etnica" contro le vittime palestinesi. L'autore di riferimento di D'Orsi e del seminario universitario è Ilan Pappe: un autore ideologico e propagandistico, che ha avallato falsi conclamati.
La falsificazione della storia e la propaganda d'odio contro Israele devono naturalmente entrare all'Università in nome delle libertà di espressione.
Invocata da chi non concede diritto di replica ai dissenzienti ( si veda il caso del Festival di storia di Savigliano, organizzato da D'Orsi  ancora all'insegna della demonizzazione di Israele).

Ecco il testo completo dell'articolo:

A proposito della Fiera del libro, mi pare che siamo davanti a due opposte scelte sbagliate, ma entrambe legittime: da un canto quella degli organizzatori a Israele come ospite d’onore; dall’altro quella di tanti altri soggetti favorevoli al boicottaggio della manifestazione. I boicottaggi sono sempre controproducenti, e perlopiù inefficaci; e prestano il fianco a fraintendimenti. Non è un caso che i promotori di questo boicottaggio siano stati subito messi alla gogna come antisemiti, o nella migliore delle ipotesi, come coloro che favoriscono l’antisemitismo. Per mio conto, tuttavia, pur non avendo aderito alla scelta "Boicotta la Fiera" - forse perché dove ci sono libri, comunque mi sento a casa - ritengo che non si possa dimenticare che sessant’anni fa coloro che edificarono Israele, lo fecero con il ricorso alla violenza sistematica e su larga scala verso 7 milioni e mezzo di persone, obbligate a lasciare da un giorno all’altro, spesso da un’ora all’altra, dimore e campi coltivati, derrate e oggetti, moschee e chiese (vennero espulsi non solo palestinesi islamici, ma cristiani).
Della loro terra si è poi cercato di cancellare le tracce storiche, di compiere cioè quello che Ilan Pappe chiama un «memoricidio», che costituisce la cosa forse peggiore di tutte.

Cito questo capofila degli «storici revisionisti» israeliani, perché il suo libro, «La pulizia etnica della Palestina», uno straordinario repertorio fondato su fonti inoppugnabili, costituisce la base del Seminario che si apre lunedi 5 nella Sala Lauree della Facoltà di Scienze Politiche dell’Ateneo. Se ne è parlato come di un’iniziativa alternativa alla Fiera, «dunque» ostile a Israele; e in modo inconsulto e sguaiato l’Associazione Italia-Israele chiede alle autorità accademiche di negare gli spazi al Seminario: come se i docenti di un’università avessero bisogno del consenso esterno per svolgere la loro attività. E si incrementa così una sorta di tifo da stadio, di cui le bandiere sventolate dagli uni e bruciate dagli altri sono stolte quanto odiose manifestazioni. Ieri su questo giornale Elie Wiesel, ebreo premio Nobel, deplorando l’incendio di bandiere con la stella di Davide, chiedeva di rispondere all’intollerenza con lo studio. Ebbene, il Seminario è un'occasione di studio: vi prenderanno parte letterati e studiosi israeliani, che hanno chiesto agli intellettuali di tutto il mondo di non andare alla Fiera. E si dà il caso che gli organizzatori abbiano chiesto alla Fiera un’ospitalità che è stata negata. Dunque perché lamentarsi se si è deciso di provvedere in modo autonomo a far sentire le voci assenti al Lingotto? Non è difficile supporre che esse ci ricorderanno che il 60° della fondazione d’Israele, è anche il 60° della Nakba, la catastrofe palestinese. Pappe invita da anni i suoi concittadini ad avviare un esame di coscienza. La vittoria degli uni significa inevitabilmente la sconfitta degli altri, certo; ma in questo caso, quella sconfitta ha implicato un’ingiustizia che reclama riparazione, tanto più che sono 60 anni che dall'ONU giungono risoluzioni e moniti a Israele perché accolga i profughi cacciati, tra soprusi, saccheggi, omicidi, vessazioni d’ogni genere. Mi chiedo se in nome di un condivisibile spirito di remunerazione verso un popolo che tanto ha sofferto nella storia, dobbiamo avallare le sofferenze inflitte a un altro popolo.

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