I pacifici terroristi e l'ostinato Israele Maurizio Debanne disinforma
Testata: Europa Data: 01 maggio 2008 Pagina: 0 Autore: Maurizio Debanne Titolo: «Le fazioni palestinesi propongono la tregua a Israele. Reazione scettica»
La tregua proposta dai gruppi palestinesi a Israele, tramite l'Egitto è una mossa tattica, in funzione della ripresa della guerra. Non siamo noi a dirlo. E' stato Khaled Meshal, il capo di Hamas, a dichiarare ad Al Jazeera, già sabato 19 aprile. Ha detto Meshal “E’ una tattica nella conduzione della lotta. E’ normale, per un movimento di lotta armata che opera nell’interesse del popolo, in certi momento intensificare, in altri tirarsi un po’ indietro. E’ così che deve essere condotta la battaglia, e Hamas sa come farlo. Nel 2003 ci fu un cessate-il fuoco – ha continuato il leader di Hamas – e poi le operazioni sono riprese”. (fonte israele.net) Se Maurizio Debanne, autore dell'articolo pubblicato da EUROPA del 1 maggio 2008, avesse citato queste parole, non gli sarrebbe stato difficile spiegare lo "scetticismo" israeliano verso la proposta di tregua. Invece, dal suo articolo si doveva ricavare l'impressione che Israele preferisca la guerra alla pace:"ostinata volontà a non trattare, nemmeno sotto banco, con i gruppi islamisti palestinesi" è l'ipotesi suggerita da Debanne.
Ecco il testo completo:
Le armi taceranno. Prima a Gaza e più in là anche in Cisgiordania. Questa in estrema sintesi la proposta di tregua che le principali fazioni palestinesi hanno presentato congiuntamente a Israele tramite la mediazione egiziana. Lo stop ai razzi Qassam, ieri ne sono stati lanciati una decina contro la città di Sderot, cesseranno però solo a condizione che si arrivi a uno scambio di prigionieri e all’apertura dei valichi della Striscia con lo stato ebraico. Lo ha annunciato Ziad al-Nahla, un leader del Jihad islamico che ha definito l’accordo un «una cosa buona» per i palestinesi. Naser al-Kafarnah, membro del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), ha specificato ad Al Jazeera che non è stata ancora fissata nessuna data di inizio per il cessate il fuoco. Un anonimo funzionario egiziano, citato dall’agenzia Mena, ha invece aggiunto che l’offerta di una hudna è il primo passo di un percorso più lungo volto a «creare un’atmosfera appropriata prima dello stop all’embargo e alla fine delle divisioni tra i palestinesi». I gruppi oltranzisti di Gaza hanno fatto così la prima mossa e ora attendono un segnale da Gerusalemme. «La palla è nella metà campo israeliana», ha dichiarato Mohammed al-Baba, leader dei Comitati di resistenza popolare, una piccola fazione che in passato ha compiuto numerosi attacchi contro Israele in collaborazione con il braccio armato di Hamas, le brigate Ezzedin Al Qassam. L’accordo tra tutte le fazioni palestinesi è giunto dopo due giorni di intense negoziazioni al Cairo dirette dal capo dell’intelligence egiziana Omar Suleiman, atteso la prossima settimana in Israele per sottoporre l’intesa al governo di Olmert, secondo fonti palestinesi ben informate citate dal quotidiano Haaretz. «Una qualsiasi tregua a Gaza deve soddisfare tre requisiti: la cessazione totale delle attività dei militanti, la cessazione dei loro attacchi e la cessazione del contrabbando di armi a Gaza», è la prima risposta giunta dallo stato ebraico da parte di Mark Regev, portavoce del governo. «Se queste condizioni si realizzassero, potremmo fermarci già da domani», ha aggiunto. La maggioranza dei ministri israeliani è però scettica se non addirittura contraria all’offerta egiziana. «La tregua è solo uno stratagemma di Hamas per guadagnare tempo per riarmarsi» e inoltre «indebolisce» le forze moderate che fanno capo al presidente Abu Mazen, è il responso generale scaturito dalla riunione convocata ieri del gabinetto di sicurezza israeliano. Quella israeliana potrebbe essere solo una mossa tattica per prendere tempo oppure l’ostinata volontà a non trattare, nemmeno sotto banco, con i gruppi islamisti palestinesi. Il premier Ehud Olmert si è guardato dal prendere una decisione finale in proposito durante la riunione, posticipando una risposta definitiva solo dopo aver ricevuto uno studio più dettagliato dai vertici del ministero della difesa. Un nuovo rapporto sulla situazione a Gaza gli è comunque stato fornito sempre ieri nel corso della riunione del gabinetto di sicurezza. Il capo dello Shin Bet, servizio segreto per la sicurezza interna israeliano, ha illustrato come la presa di potere di Hamas nella Striscia si stia sempre più radicalizzando. Il leader dell’intelligence militare Amos Yadlin ha dipinto un quadro ancora più cupo avvertendo della possibilità che, durante le celebrazione per il sessantesimo anniversario dalla nascita dello stato, le città israeliane possano essere teatro di attacchi terroristici. Il ministro per la sicurezza interna Dichter ha puntato il dito contro l’Egitto che «non svolge bene il suo lavoro quando si tratta di arginare il flusso di armi dal Sinai verso Gaza tramite il valico di rafah». Dichter ha dato anche qualche numero riguardo i razzi Qassam: 900 ne sono stati lanciati nei primi tre mesi del 2008 contro i 1110 di tutto il 2007. Anche il conto delle vittime di questi missili presenta il medesimo squilibrio: 16 vittime nel 2007, ben 13 solo nel primo trimestre di quest’anno. Ma la politica del governo israeliano è stata al centro di forti critiche in un editoriale a firma dell’analista militare di Haaretz Amos Harel. Secondo il giornalista israeliano Israele si sta comportando sul terreno come se non ci fosse nessuna tregua all’orizzonte. Gli attacchi dentro la Striscia, infatti non hanno sosta, ieri un palestinese è rimasto ucciso in un raid, e lo stato di allarme per possibili attentati viene sempre posto al livello massimo. «Da un punto di vista diplomatico è difficile comprendere questa linea: anche se alla fine non verrà raggiunto alcun accordo per un cessate il fuoco, perché non fare in modo di attribuire la rottura ai palestinesi con il lancio dei razzi?», si domanda Harel. L’analista di Haaretz fornisce anche la risposta all’interrogativo avanzato: l’idea stessa di una tregua non piace tanto al governo israeliano. «Il gioco a somma zero è la mentalità dei nostri governanti. Alla fin fine, sostengono loro, se Hamas è così disperata per un cessate il fuoco, potrebbe rivelarsi una buona cosa per Israele». Girano tutte su questo dubbio le riflessioni di Olmert. Il tempo però stringe, Suleiman chiederà presto a Olmert di scoprire le sue carte.
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