I rifornimenti di carburante per Gaza attaccati dai terroristi di Hamas la notizia si trova in un articolo di Francesca Paci
Testata: La Stampa Data: 29 aprile 2008 Pagina: 12 Autore: Francesca Paci Titolo: «A Gaza si muore Rmallah danza»
"Ieri, fonti interne all’Autorità palestinese ammettevano al quotidiano israeliano Jerusalem Post le responsabilità di Hamas nella crisi della benzina che sta indebolendo le ultime energie di Gaza. Una strategia di logoramento, a detta delle talpe della Muquata, volta a coinvolgere emotivamente la comunità internazionale: «Dozzine di miliziani hanno attaccato con pietre e kalashnikov i camion con il carburante che attraversavano il valico di Nahal Oz diretti all’Unrwa e agli ospedali di Gaza obbligandoli a tornare indietro", una notizia ignorata dai quotidiani italiani , riportata da Francesca Paci nel suo pezzo pubblicato da La STAMPA il 29 aprile 2008:
Ramallah balla da sola. Sempre più da sola, icona tragica d'una ipotesi di pace destinata a dividere, anziché unire, i palestinesi e gli israeliani. La capitale politica dell’Autorità Nazionale Palestinese tira le somme della terza fortunata edizione del «Contemporary Dance Festival» mentre a Gaza divampa la battaglia con l'esercito israeliano che ieri ha fatto 7 nuove vittime, di cui 4 bambini. In serata al Kasabah Theatre, un paio d'isolati dalla Muqata, il quartier generale del presidente Abu Mazen lontano anni luce dai campi profughi del sud, si respirava ancora l'atmosfera della festa, i tecnici sul palco a smontate le luci e l'aria densa delle sigarette del pubblico autorizzato a fumare, unica vera differenza rispetto a un teatro di Roma o Parigi. Dieci giorni di performance, 14 compagnie europee e 12 palestinesi, centinaia di spettatori: un'infamia secondo i fondamentalisti di Hamas, che per tutta la durata della manifestazione hanno denunciato «la leggerezza di danzare sul sangue dei martiri». Da settimane gli inviti al boicottaggio del Festival rimbalzano dalla tv Al Aqsa alle decine di siti Internet collegati al movimento islamico al potere a Gaza: chi cita la sharia, severissima nel proibire agli uomini di ballare con le donne, e chi mette all'indice il cattivo gusto di celebrare l'arte ignorando «la guerra distante meno di cento chilometri». A tutti, la risposta pacata del direttore Khaled Elian: «La nostra resistenza all'occupazione israeliana parla la lingua del corpo e della musica anziché quello delle armi». Questione di gusti d’accordo, ma stavolta tutù e scarpette non c'entrano: sotto i riflettori di Ramallah non è andata in scena solo la danza contemporanea ma, soprattutto, l’ennesimo atto del conflitto fratricida che contrappone la vecchia e pragmatica guardia di Fatah agli irriducibili di Hamas che espongono i corpi dei bambini uccisi dalle cannonate israeliane, macabro omaggio alla resistenza. Nelle strade e nei caffè di Hebron, Nablus, Jenin, tra la gente delle principali città della Cisgiordania i morti di Gaza sono eroici shahid, martiri, come laggiù, a Khan Younis, Jabalya, Beit Hanun. Identiche le foto commemorative appese nelle piazze. Ma la politica utilizza un linguaggio differente e segue altre vie. Così, ieri, fonti interne all’Autorità palestinese ammettevano al quotidiano israeliano Jerusalem Post le responsabilità di Hamas nella crisi della benzina che sta indebolendo le ultime energie di Gaza. Una strategia di logoramento, a detta delle talpe della Muquata, volta a coinvolgere emotivamente la comunità internazionale: «Dozzine di miliziani hanno attaccato con pietre e kalashnikov i camion con il carburante che attraversavano il valico di Nahal Oz diretti all’Unrwa e agli ospedali di Gaza obbligandoli a tornare indietro». Una tesi simile a quella del ministro della difesa israeliano Ehud Barak, convinto della responsabilità di Hamas nell’«eccidio dei civili». Durante il weekend l'Autorità Nazionale Palestinese aveva negoziato con Israele, che da mesi risponde al lancio di razzi Qassam razionando le forniture, l'ingresso di 250 mila litri per l'agenzia dell’Onu preposta all'assistenza di oltre 500 mila palestinesi. I taxi e le automobili di Gaza camminano grazie a dosi massicce di olio da cucina che addensano l'aria come in una friggitoria di falafel. Se il prezzo della benzina è triplicato, quello dell’olio di sesamo è alle stelle, la stessa bottiglia che un anno fa costava 35 schekel, circa 6 euro, viene venduta oggi a 150. La performance tragica di Gaza riflette le volute acrobatiche di Ramallah dove in queste ore il presidente Abu Mazen si gioca la carriera sulla benedizione dell’amministrazione americana in congedo, fosse pure per un accordo scismatico, pace tra tra Israele e Cisgiordania e tregua con Gaza. Il mondo assiste in platea. Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon condanna i raid israeliani, l'organizzazione umanitaria Save the Children denuncia l’infazia falcidiata a Beit Hanun, Hamas chiede vendetta, apparentemente indifferente ai tentativi di mediazione egiziani e turchi. I protagonisti di questo di dramma, soli come soltanto gli attori, si guardano gli uni con gli altri e alzano la voce per esorcizzare la debolezza di un coro di monologhi.
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