È stato alquanto penoso sentire a Otto e mezzo il senatore di fede dalemiana La Torre difendere a oltranza il "modello Roma" veltroniano (ma di questo qui non intendiamo parlare) e vantare tutte le realizzazioni del governo Prodi tra cui l’aver messo in atto "una grande politica estera"… È stata "grande" davvero la politica estera delle passeggiate a Beirut con il deputato Hezbollah; la politica estera della missione Unifil che, se non è connivente con Hezbollah – del che ora viene accusata – quantomeno è servita di paravento al riarmo del movimento sciita, il quale è pronto a darle il benservito appena avrà deciso che è giunto il momento di riaprire le ostilità con Israele; la politica estera della legittimazione di Hamas e dell’accanita ostilità contro Israele.
Non vogliamo dire che il centrosinistra abbia perso le elezioni per la sua politica estera, ma certo questa "grande" politica non ha aiutato. Sul fronte delle elezioni nazionali, la separazione del Partito Democratico dalla sinistra radicale è stato "compensato" con la cacciata di tutti coloro che si erano distinti per un atteggiamento comprensivo nei confronti di Israele – come Peppino Caldarola e Umberto Ranieri – e con il licenziamento senza preavviso di un musulmano moderato come Khaled Fouad Allam. Non è stato un bel vedere. Come non lo è stato, sul fronte delle elezioni romane, la riproposizione del modello ulivista con la prospettiva di vedersi come vice sindaco un’antipatizzante di Israele come Patrizia Sentinelli.
Certo, non è questo che ha deciso le elezioni, ma la disponibilità degli elettori non convinti della bontà della "grande politica estera" dalemiana è stata messa a durissima prova. Si è gridato al "lupomanno" fascista in tutti i toni e diversi vecchi antifascisti ed anche ex-deportati hanno risposto generosamente alla chiamata alle armi affannandosi a distribuire foto dei documenti della persecuzione razziale di settanta anni fa o di Alemanno quando era militante fascista, più o meno ai tempi in cui Veltroni e D’Alema erano militanti comunisti. Invece erano soltanto di qualche mese fa le foto di D’Alema con la kefiah al collo seduto accanto a Monsignor Hilarion Capucci e non lontana nel tempo la scelta di Rutelli di disertare l’Israel Day per solidarietà nei confronti del popolo palestinese. Come se non bastasse, quei poveretti hanno visto ripagata la loro buona volontà e la loro fedeltà a prova di bomba con i più volgari dileggi subiti durante la manifestazione del 25 aprile quando i simboli della Brigata Ebraica sono stati offesi da seguaci di quella sinistra radicale che avrebbe occupato posti di rilievo nella giunta Rutelli.
Certo, neppure questo ha deciso le elezioni. Ma, di certo, non pochi hanno perso la pazienza di fronte all’esibizione del solito viziaccio di commemorare gli ebrei vittime del fascismo per tirare al bersaglio su quelli vivi e concretamente minacciati, gli ebrei di Israele. Non rendersene conto e andare in televisione a sbandierare la "grande politica estera" del governo Prodi pone un problema soltanto: in questa miscela di incoscienza e di arroganza qual è il dosaggio delle due componenti?
Giorgio Israel