Non solo, secondo l'autore, il mondo musulmano non è stato promotore di cultura, ma tutto ciò che è arrivato in Europa attraverso di esso, era appartenuto in realtà a culture precedenti o parallele. Così, per esempio, i numeri che oggigiorno usiamo e che definiamo arabi, in realtà sono stati inventati dagli indiani, o i grandi filosofi passati alla storia per aver promosso la moderazione religiosa (Avicenna, Averroè e altri) furono ispirati dalla tradizione aristotelica e si affermarono non grazie all'Islam, bensì nonostante questo. E così prosegue per un intero capitolo affrontando ogni disciplina diffusa a quell'epoca.
In un continuo confronto, poi, tra il Corano e i Vangeli, tra gli hadith del Profeta e le opinioni espresse dagli esponenti del terrorismo moderno, e nel racconto dei violenti scontri tra la nascente religione con il mondo cristiano, l'autore arriva a giustificare le crociate come legittima reazione all'aggressione musulmana e a considerarle perfino troppo tardive.
Non nega che anche nel mondo cristiano ci furono violenze e persecuzioni, ma dà l'impressione che vi sorvoli volutamente, tentando di fornire un quadro sociologico piuttosto manicheistico: da una parte una religione tollerante e amorevole verso il prossimo, dall'altra una guerrafondaia e distruttrice di tutto ciò che non ritiene possa essere inglobato nei propri canoni.
In questo modo un ignaro lettore che non conosce bene la storia dell'ultimo millennio è portato a pensare che i Paesi a maggioranza cristiana fossero dei Paradisi terrestri in cui tutti potevano tranquillamente e soprattutto liberamente prosperare.
Invece sappiamo che non è così, perché benché successivi agli eventi descritti in gran parte del libro, l'Europa cristiana, con l'Inquisizione, la Controriforma, i ghetti, le conversioni forzate, i roghi dei libri e dei liberi pensatori, lo sterminio di molte delle popolazioni amerindiane, lo sfruttamento della schiavitù e delle risorse africane, non è stato certo un esempio di rispetto per chi non si sottometteva al volere di Papi e regnanti cattolici. Né tutto questo si può in qualche modo far passare come reazione ad attacchi subiti o attribuirlo, anche solo indirettamente, ad un'altra cultura.
Se, quindi, da una parte Robert Spencer ha il merito di focalizzare l'attenzione su un problema che è di stretta attualità, quale è il jihadismo e le sue radici religiose (e per questo è costretto a vivere sotto protezione in una località segreta), evidenziando più volte che esiste comunque una moderazione e tanti sono i musulmani che non pensano alla jihad, dall'altra lo fa con scarsa obiettività portando i lettori più ingenui a pensare che anche oggigiorno sia in atto una guerra di religione.
Sebbene l'autore precisi che non si possono certamente replicare né auspicare le crociate un libro impostato in questo modo rischia di fomentare un fondamentalismo uguale e contrario, che certamente non potrebbe essere indicato come buon esempio da seguire. Invece di giustificare eventi passati o ipotizzare una storia differente se le cose fossero andate diversamente, sarebbe auspicabile una più netta divisione tra politica e teologia e una maggiore insistenza sulla libertà di espressione, sul rispetto dei diritti umani e civili di tutti.
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