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La tigre sotto la pelle. Zvi Kolitz Storie e parabole degli anni della morte A cura di Vincenzo Pinto Bollati Boringhieri Euro 14
Fra i premi Pulitzer assegnati negli Stati Uniti qualche giorno fa c’è anche Saul Friedlander. Ha vinto per il suo ampio affresco storico dedicato allo sterminio degli ebrei d’Europa, nella categoria "non fiction". Pensare che la vita di questo studioso settantacinquenne assomiglia davvero a un romanzo. Nato a Praga, venne affidato a un monastero dai genitori poco prima di essere deportati ad Auschwitz. Il piccolo Saul fu allevato da cattolico e stava avviandosi al sacerdozio quando, nel 1947, scoprì le proprie radici ebraiche. L’anno successivo arrivò in Israele e dagli Anni Ottanta la sua carriera accademica si divide fra Gerusalemme e la California. A lui dobbiamo un intenso stralcio di autobiografia, e meglio di memoria che affiora, in "A poco a poco il ricordo", pubblicato qualche anno fa da Einaudi. Tanto la rievocazione di Friedlander è lieve, sofferta eppure sempre intrisa da una pacatezza dono forse del tempo forse del modo in cui le esperienze sono state vissute, quanto di cifra opposta è l’approccio di Zvi Kotitz. Di lui conosciamo, come un pugno piantato in mezzo al cuore, il monologo di Yossl Rakover che, negli ultimi istanti della vita, dentro il Ghetto di Varsavia (ma potrebbe essere qualunque altro luogo della distruzione nazista), si rivolge a Dio. Pubblicate da Adelphi qualche anno fa nell’impeccabile traduzione dall’Yiddish di Anna Linda Callow, queste poche pagine che sono invettiva e preghiera, sfida e sottomissione, hanno avviato un percorso letterario e teatrale ricco di successi. Il fatto che sia un apocrifo nulla toglie alle verità umane e di fede che vi si raccontano. Ma Zvi Kolitz, nato in Lituania nel 1913 e morto a New York nel 2002, non ha scritto solo questo breve testo. E’ di fatto una figura complessa, anche problematica: un po’ fine filologo, un po’ militante sionista, uomo politico e biblista. Ora esce in italiano una sua raccolta di racconti, "La tigre sotto la pelle. Storie e parabole degli anni della morte". Il volume contiene anche una ri-traduzione di Yossl Rakover, questa volta dall’inglese. Sarà colpa del raddoppio di mediazione linguistica, sarà forse una certa pesantezza di mano, ma il confronto gioca tutto a favore della prima edizione. In un passo, oltretutto, si rischia un pericoloso capovolgimento di senso: "Mi vergognerei di appartenere ai popoli che hanno generato e cresciuto gli scellerati responsabili dei crimini compiuti contro di noi", scivola su toni affatto diversi nella nuova traduzione. Gli altri testi sono storicamente fondamentali: pubblicati a New York nel 1947, rappresentano il primo tentativo di un approccio "narrativo" alla Shoah appena avvenuta. In un mondo ancora stordito dall’orrore, queste pagine provano per la prima volta a raccontarlo. Sono tutte piene di morte e tormenti, ricche di effetti scenici; domina il macabro infittito dal mistero della totale incomprensibilità che questa storia porta con sé. Elena Loewenthal Tuttolibri – La Stampa |
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