Tra possiblità di pace e venti di guerra il negoziato israelo-palestinese, Hamas e l'Iran
Testata: Il Foglio Data: 18 aprile 2008 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «Guerra o pace in medio oriente»
Da Il FOGLIOdel 19 aprile 2008:
Gli attacchi scatenati da Hamas nei giorni scorsi, con una tecnica militare raffinata, la dichiarazione del presidente siriano sull’imminenza di una guerra con Israele, assieme alle vanterie del dittatore di Teheran, che definisce l’Iran “il paese più forte del mondo”, rappresentano, com’è stato notato, una specie di fuoco d’interdizione contro l’eventualità che si arrivi davvero a un accordo tra Israele e la legittima Autorità palestinese. All’attivismo dell’Amministrazione americana si affianca un’insolita ma consistente attenzione russa. Mosca punta a rientrare nel gioco mediorientale con la conferenza che sta organizzando e che dovrebbe svolgersi a Mosca tra due mesi. La Russia ha un peso rilevante nell’area, se non altro per i rapporti che continua a intrattenere con Teheran e per il fatto che gli armamenti moderni siriani, quasi tutti di fabbricazione sovietica, senza un minimo di assistenza tecnica russa, rischiano di risultare inefficienti. Il presidente dell’Anp, Abu Mazen, a Mosca ha presentato il consueto cahier de doléances verso le “violazioni” israeliane, ma la sua insistenza sulla liberazione dei “prigionieri” palestinesi detenuti nelle carceri israeliane (atto che tradizionalmente segue un accordo di pace) fa intuire che le possibilità di un accordo entro l’anno si stanno facendo concrete. In medio oriente la regola è che quando si accendono le speranze si apre anche il rischio di un conflitto generale. Per questo la fase attuale può diventare decisiva. L’Iran, per ora, non dispone di ordigni nucleari, la Siria è lacerata da tensioni tra le fazioni e le filiere dei servizi segreti, l’isolamento internazionale di Hamas ha l’eccezione che conferma la regola delle peregrinazioni di Jimmy Carter, mentre in Libano fa un certo effetto la nuova determinazione italiana e francese, cioè dei paesi che danno il maggior contributo militare alla stabilizzazione del confine con Israele. E’ il momento buono per fare passi avanti, un’occasione da non perdere, per evitare che l’iniziativa torni ai nemici della pace.
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