Un talk show "tutto al femminile" in Egitto un articolo di Francesca Paci
Testata: La Stampa Data: 17 aprile 2008 Pagina: 21 Autore: Francesca Paci Titolo: «“Islam & The City” Il nuovo Egitto in tv»
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Chi ricorda il soft power del politologo americano Joseph Nye, il potere dolce della cultura USA Anni 60, contrapposto a quello hard, contemporaneo, delle armi? Ogni domenica sera, da 5 anni, milioni di famiglie egiziane chiudono fuori dalla porta le preoccupazioni economiche, l'incertezza politica, la confusione religiosa e si allungano davanti alla tv. Le quattro conduttrici di Kalam Nawaem, la trasmissione cult del canale satellitare Mbc, sgombrano la mente meglio dello psicanalista, assertive al pari di Oprah Winfrey e disinibite quanto le protagoniste di «Sex and the City». Il quotidiano «al Ahram» le ha paragonate a Carrie, Miranda, Charlotte, Samantha, le amiche della popolare serie americana. Ma tra l'originale yankee e la variante musulmana passano galassie, migliaia di chilometri di tabù che le donne, pioniere, hanno cominciato a macinare, raccogliendo il testimone di Huda al Shaaraqi, la prima a strapparsi il velo al Cairo nel 1923. Immaginate uno studio nella avveniristica Dubai, la scrivania ovale come nei tg di nuova generazione. Al centro le padrone di casa, Muna, Farah, Fawzia, Rania, professioniste diverse per curiculum, età, provenienza, specchio di un mondo che chiede riforme ma anche opinion-maker senza peli sulla lingua, si tratti di masturbazione o del prezzo incontenibile della farina. «La nostra forza non è lo scoop all'Amanpour ma la vita reale» dice Muna Abu Sleiman, saudita, la prima conduttrice della tv araba. Con l'attrice palestinese Farah Bseiso, la columnist egiziana Fawzia Salama e Rania Barghout, una libanese molto liberal nota per aver filmato e mandato in onda la nascita della figlia, racconta ai telespettatori la metà ignota del mondo musulmano, quella che vive in camera da letto, intima, umanissima, termometro dei bisogni popolari assai più della mitica piazza araba. Dalla cosmetica alle molestie del capufficio, Kalam Nawaem non risparmia niente e nessuno. Fawzia, la più agée, acconciatura e camicette d'antan, ammicca agli anziani, quelli che temono la forza del vento dell'Ovest. Farah parla ai giovani, Rania alle suffraggette mediorientali dimenticate dal femminismo europeo, Muna, il volto bello incorniciato dal velo, rassicura le coetanee sulla possibilità di conciliare carriera e famiglia a Riad. «Il programma non ha censura» spiega Rania. Ogni lunedì, insieme alla regista, l'olandese Bregtje van der Haak, preparano la lista degli argomenti da affrontare la domenica a braccio. Le lettere di chi le accusa di minare «la tradizione araba» si sprecano. Loro rispondono sempre, ironiche, come a quel religioso del Qatar che glorificava il diritto a cinque mogli. I tempi cambiano, replicò Muna: «Oggi, per andare d'accordo, le consorti dovrebbero vivere in Paesi diversi, il marito dovrebbe viaggiare e dividersi tra una e l'altra». Una manna per alberghi e ristoranti, secondo Fawzia. Un po' meno per le donne: «Sarebbero costrette a rimboccarsi le maniche per mantenere lui e il suo lavoro di 10 minuti a notte». Fulminee, dirette, disarmanti. Muna, Farah, Fawzia, Rania comunicano come la pubblicità che sulle loro «chiacchiere» investe milioni di dollari. Ogni puntata quattro spot, ogni spot lo stacco prima di un nuovo tabù. L'onanismo? Un ammortizzatore sociale: «Fa sentire meglio i ragazzi», sostiene Farah. «E le ragazze», aggiunge Rania. Muna tace. Lo shopping come metafora di una società drogata d'americanismo? Macché. Per Farah è il bello dell'emancipazione: «Libertà significa spendere il primo stipendio per una t-shirt che non userai mai». L'omosessualità? Una questione seria nell'Egitto di Moubarak che un paio di settimane fa ha arrestato 12 gay per «oltraggio al pudore». Alla famiglia che trasecola di fronte al fidanzato del figlio, Farah consiglia riflessione. Fawzia l'appuntamento dallo psicanalista. I telespettatori prendono appunti, scrivono, seguono: partecipativi come veri elettori.
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