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Il Foglio Rassegna Stampa
17.04.2008 Il nuovo attacco di Hamas
e i rischi di guerra in Medio Oriente: due analisi

Testata: Il Foglio
Data: 17 aprile 2008
Pagina: 0
Autore: la redazione - Pio Pompa
Titolo: «Così Hamas prepara l’assalto finale contro la pace a tre - Tutti i segnali che sta per scoppiare un conflitto in medio oriente»

Dal FOGLIO del 17 aprile 2008 un'analisi che parte dall'attacco di Hamas del 16 aprile:

Gerusalemme. Il medio oriente ha due alternative soltanto: la firma di un trattato di pace o una nuova guerra tra Israele e i paesi della regione. Ieri Hamas ha attaccato per la seconda volta in sette giorni il valico di Nahal Oz, passaggio obbligato dei rifornimenti per la Striscia di Gaza. Nella notte, tre soldati israeliani sono stati uccisi dal fuoco palestinese nei pressi del kibbutz Be’eri, quaranta chilometri da Ashkelon, in pieno deserto del Negev. L’aviazione dello stato ebraico ha risposto nel pomeriggio con un raid sul campo profughi di al Bureij che ha fatto almeno dodici vittime. Un cameraman dell’agenzia Reuters è morto a Gaza a bordo di una jeep colpita da un razzo. A Be’eri è stato un agguato. Uomini delle brigate Ezzedine al Qassam, braccio armato di Hamas, hanno attirato un convoglio dell’Idf oltre il confine. L’attacco ha colto gli israeliani impreparati, le milizie hanno usato mortai e armi anticarro per chiudere la trappola. Un’indagine preliminare, scrive il quotidiano Haaretz, deve stabilire se le truppe abbiano ricevuto i rinforzi per tempo. “Ma il vero problema – dice al Foglio Ephraim Inbar, professore di Scienze politiche all’Università Bar-Ilan di Tel Aviv – è che Hamas continua a migliorare le proprie capacità militari. Fa entrare armi nella Striscia e manda i propri uomini in Iran ad addestrarsi”. Al confine nord, intanto, la Siria ammassa le truppe sotto le alture del Monte Hermon. A est l’Iran minaccia di “cancellare lo stato ebraico dalla faccia della terra”. Gli attacchi di ieri sono arrivati mentre i cinque più uno del Consiglio di sicurezza Onu discutono a Shanghai le ambizioni nucleari di Teheran. Gerusalemme si sente accerchiata e ha chiesto a Washington una copertura balistica straordinaria. Era successo soltanto per le guerre in Iraq del 1991 e del 2003 Gli scontri hanno raggiunto il valico di Nahal Oz, chiuso da una settimana per un attacco costato la vita a due civili israeliani. Quattro palestinesi sono morti, sei sono stati catturati e trasferiti in Israele. Le milizie sono tornate ad aprire il fuoco nel giorno in cui il governo Olmert aveva deciso di ripristinare i rifornimenti di combustibile alla centrale elettrica di Gaza. Ma il proposito di destabilizzare la situazione è fallito: nel pomeriggio il carburante ha ripreso a transitare. Neanche il lancio di dieci razzi sul Negev è servito a fermare le trattative di pace. Il premier israeliano, Ehud Olmert, ha appena offerto ai palestinesi il 64 per cento della Cisgiordania e la possibilità di accedere a Gerusalemme est, scrive il quotidiano arabo Asharq al Awsat. Il leader dell’Anp, Abu Mazen, è a Mosca per discutere della conferenza sul medio oriente che la Russia vuole ospitare. “Negli ultimi anni non era mai successo che in quattro mesi arrivassero in Israele il presidente degli Stati Uniti, il vicepresidente e il segretario di stato – dice al Foglio Aaron David Miller, già negoziatore statunitense per il medio oriente – E’ come se ci fosse un conto alla rovescia per arrivare a un accordo. I protagonisti della storia sono soprattutto Olmert e Abu Mazen: loro possono riuscire nella pace”. Per pace, spiega Miller, “intendo un accordo politico che metta fine al conflitto e porti a relazioni normali tra i due governi, un testo che risolva i quattro punti cardine del conflitto: Gerusalemme, confini, rifugiati e sicurezza. Il fatto che siano Olmert e Abu Mazen i protagonisti, tuttavia, non implica che l’accordo possa essere raggiunto senza l’aiuto del loro terzo partner, gli Stati Uniti”. La pace o la guerra. Nell’anno delle celebrazioni per il 60esimo anniversario di Israele, cresce la paura di un attacco clamoroso per impedire l’accordo

Un'analisi di Pio Pompa:

E’ solo questione di tempo, molto poco a detta di fonti arabe ben informate, e la missione Unifil2 potrebbe divenire l’obiettivo eccellente di un improvviso rigurgito terrorista di Hezbollah nei confronti di Israele. D’altro canto i segnali sono assai precisi: • il Partito di Dio, notevolmente rafforzato dalle massicce forniture di armi da parte dell’Iran, sta serrando le proprie file e appare quanto mai determinato a provocare un’escalation della tensione in tutto il medio oriente; • il suo clone, Hamas, sembra intenzionato a esercitare una sempre maggiore pressione ai confini con l’Egitto, atteggiandosi come se questi fosse una forza di occupazione, già al centro, assieme all’Arabia Saudita, dell’offensiva sirio-iraniana volta a imporre la leadership di Teheran sulla regione1; • la Siria cerca di intimidire la comunità internazionale e soprattutto l’Onu, ponendo in stato di allerta gli apparati militari e di intelligence contro asserite minacce interne ed esterne. Il tutto con l’obiettivo, divenuto ormai quasi vitale, di soffocare nel sangue, attraverso un nuovo conflitto libaneseisraeliano accompagnato da un’altrettanta dirompente guerra di guerriglia condotta da Hamas, l’incombere del Tribunale internazionale sull’assassinio di Rafiq Hariri che vede il regime di Bashar el Assad pesantemente coinvolto. Ciò anche nella consapevolezza che il ballon d’essai del recente arresto del capo dell’intelligence militare, Assef Shawkat, con il chiaro intento di trasformarlo in vittima sacrificale per l’attentato a Hariri, e ora anche per quello a Imad Mughniye, potrebbe non essere sufficiente a porre Damasco al riparo da un processo temuto non solo dai vertici siriani ma anche dai loro complici libanesi. La rosa dei sospettati ricomprenderebbe: Maher Assad (fratello minore di Bashar), Assef Shawkat (cognato di Bashar, agli arresti domiciliari), Ghazi Kanaan (ex ministro dell’Interno siriano “suicidato” nell’ottobre del 2005), Hassan Khalil e Bahjat Suleyman (dei servizi di sicurezza interna siriani), Jamil Al Sayyed (ex capo della sicurezza generale libanese), Raymond Azar (ex capo dell’intelligence militare libanese), Ali Hajj (ex capo delle forze interne di sicurezza libanesi), Mustafa Hamdan (ex comandante della guardia presidenziale libanese). Gli ultimi quattro posti, da tempo, agli arresti dal governo di Fouad Siniora2. A tutto questo si aggiunga che il triangolo anti-israeliano composto da Iran, Siria e Hezbollah ha, di fatto, assorbito e monopolizzato, mantenendoli in una condizione di stallo permanente, i processi decisionali libanesi svuotando di qualsiasi significato la sovranità di quel paese e le Risoluzioni dell’Onu tese a garantirne il pieno riconoscimento ed esercizio. D’altronde ben si presta un simile scenario alla strategia iraniana, soprattutto sul duplice versante del nucleare e dell’affermazione della sua influenza in quello scacchiere, di arrivare a confrontarsi con la futura leadership statunitense da una assoluta e consolidata posizione di forza aumentando enormemente il proprio peso contrattuale qualunque sarà l’esito delle elezioni presidenziali americane. Di qui lo strenuo interesse a mantenere altamente reattive e interagenti le tre teste di ponte, in Libano, Palestina e Iraq, conducendo una guerra non dichiarata contro Israele e gli Stati Uniti3. In tal senso il regime di Teheran, nonostante sia afflitto da una storica sindrome sunnita vieppiù aggravata dalle persecuzioni Deobandi nei confronti degli sciiti, risulterebbe fortemente impegnato nel tentativo di risollevare le sorti di al Qaida, duramente ridimensionate da David H. Petraeus, rilanciando la scelta dell’alleanza tattica e del fattivo sostegno venutisi a stabilire sin dall’inizio del conflitto iracheno4. Una scelta finalizzata a far assumere a Moqtada al Sadr la funzione del Nasrallah iracheno e, mutatis mutandis, all’esercito Mahdi quella delle milizie Hezbollah. In buona sostanza l’eugenetica iraniana del terrorismo sta raggiungendo il suo culmine alimentando, in modo esponenziale, nuovi venti di guerra sia al confine israelo-libanese che nel martoriato Iraq.

1.http://aawsat.com/english/news.asp?section= 2&id=12377; 2.http://globalorder.org/Documents/CDLUnitedNations/ UN-MehlisReport(uncensored). pdf ; http://www.lebanese-forces.com/details3. asp?lang=en&newsid=8414;
3.www.iran-resist.org;
4. http://www.memri.org/bin/latestnews.cgi? ID=SD189008.

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