I cani e i lupi Irène Némirovsky
Traduzione di Marina di Leo
Adelphi Euro 18,50
Storia drammatica e intensa dove la realtà storica e la finzione del racconto confluiscono in un romanzo di grande forza narrativa.
I cani e i lupi, il libro di Irène Némirovsky che Adelphi ripropone nell’ottima traduzione di Marina di Leo, prende avvio da un tragico evento della Storia: l’ennesimo sanguinoso pogrom che colpì la città di Kiev nel 1905 e durante il quale perirono in Ucraina ottomila ebrei.
Ada Sinner, la protagonista, è una bimbetta di dieci anni che insieme al padre Israel, "un tipo mingherlino dagli occhi tristi", appartenente alla cosiddetta congrega dei meklers, gli intermediari, percorre la città bassa e osserva il genitore guadagnarsi da vivere comprando e vendendo seta, carbone e barbabietole.
L’arrivo nella loro modesta abitazione della zia Raisa "donna magra, vivace, ossuta, dalla lingua tagliente e gli occhi vigili" insieme ai due figli, Lilla, dolce e delicata e Ben, ragazzino ombroso e beffardo, consente ad Ada di affrancarsi dalla solitudine.
Ma la Storia con il suo corollario di lutti e sofferenze è in agguato.
Nella notte tragica in cui il pogrom si scatena, Ben e Ada trovano rifugio prima in un abbaino nascondendosi all’interno di un baule polveroso, poi al mattino la zia Raisa li spinge in strada indirizzandoli da alcuni amici.
I due bambini circondati da devastazione, abbandono e morte nella confusione che pervade le strade della città si perdono. La determinazione di Ben, non disgiunta da una buona dose di sfrontatezza, li induce a cercare protezione nella villa dei Sinner, il ramo ricco e snob della famiglia che abita nella città alta dove le strade sono "ricche e tranquille, costeggiate di ampi giardini".
I facoltosi parenti li accolgono con reticenza e non celano il disgusto dinanzi alla miseria e all’indigenza dei cugini poveri, un disprezzo che colpisce profondamente Ada e dal quale si sente ferita.
In quella villa vive anche Harry, un ragazzino simile nel fisico al cugino Ben, che affascina Ada con i suoi modi delicati, il viso diafano pervaso da un alone di regalità: se Ben assomiglia a un lupo selvatico, Harry può essere accostato a un fine cane da salotto.
Ancora una volta la Storia interviene travolgendo il destino dei Sinner: scampati alla rivoluzione, Parigi li accoglierà con una certa diffidenza; ma se il ramo facoltoso dei Sinner trova un posto nell’alta società parigina (Harry sposerà Laurence Delarcher, figlia di un noto banchiere, andando a vivere nella magnifica casa di rue des Belles-Feuilles), Ada sposerà Ben per sopravvivere, pur continuando a vagheggiare, come un sogno proibito, l’Harry della sua infanzia.
Per Ada, che nel frattempo a Parigi si è dedicata con passione alla pittura, il corso della vita subirà una brusca deviazione e presto si renderà conto che tra i sogni coltivati nell’infanzia e la realtà della vita adulta il divario è abissale.
Divenuta l’amante di Harry – che aveva appreso della sua esistenza ammirando in una vetrina alcuni suoi quadri – è costretta a lasciarlo per consentirgli di affrontare e superare con dignità un difficile tracollo finanziario nel quale si è trovato coinvolto suo malgrado, e riprendere così il suo posto nell’alta borghesia francese.
Abbandonata la Francia e rifugiatasi in una città dell’Europa dell’Est, Ada riscoprirà la sua identità di donna adulta e responsabile stringendo fra le braccia il suo bambino nato in una camera d’albergo perché "a causa dei disordini della guerra civile non c’era posto negli ospedali, soprattutto per gli stranieri".
E’ un’Ada ottimista che crede nella vita e nel futuro quella che lasciamo al termine di questo drammatico romanzo, con un’immagine intensa che si conficca nel cuore: " La pittura, il bambino, il coraggio: con questo si può vivere. Si può vivere più che bene"
E’ un romanzo di forte impatto emotivo quello di Irène Némirovsky, ebrea ucraina morta nel 1942, nel quale emerge oltre al difficile rapporto con la madre, già presente nel precedente romanzo "Jezabel", anche l’amara consapevolezza che la Francia, la patria che l’ha accolta dopo la sua fuga da Kiev, non esiterà a tradirla consegnandola ai nazisti per mano dei quali morirà nel campo di sterminio di Auschiwitz.
Lo stile narrativo e la tecnica di scrittura che abbiamo apprezzato nelle opere precedenti, a partire dalla magnifica saga "Suite francese" che l’ha rivelata in Italia dopo un oblio di oltre mezzo secolo, ritornano in questo romanzo con la consueta eleganza e nitidezza.
"I cani e i lupi" rivela in modo inequivocabile la raffinata sensibilità psicologica dell’autrice che possiede il tocco magico del ritratto e il talento di scavare nell’animo degli uomini fino a far emergere gli aspetti più nascosti e inquietanti.
Giorgia Greco