Sulla STAMPA di oggi, 13/04/2008, a pag. 18, con il titolo " Gli ebrei della foresta ", una corrispondenza da Gerusalemme di Francesca Paci sugli ebrei che arrivano in Israele da paesi lontani. Questa volta dal Perù. Una storia affascinante, poco consociuta. Ecco il pezzo:
Kali siede sul divano verde ricevuto in dono da Tzipi Kauffman, l’insegnante che un anno fa l’ha «adottata» insieme al marito Gabriel e ai tre figli. Un balconcino senza fioriere si affaccia sulla città arabo-israeliana di Ramla, 63 mila abitanti, venti chilometri a Nord di Tel Aviv. «È la mia terra», dice la quarantacinquenne Kali abbassando lo sguardo come una bambina: il pavimento è coperto da un tappeto di lana a disegni rossi e viola tessuto a mano a Iquitos, unico centro civilizzato sul Rio delle Amazzoni, in Perù. Kali Mussiah è nata lì, nella foresta pluviale, primogenita d’una coppia dalla pelle ambrata, le labbra carnose, gli occhi allungati uguali ai suoi. È cresciuta in un’abitazione di legno con il tetto rivestito da foglie di yirapay, una palma locale, e la veranda ritagliata tra mangrovie e banani come in un romanzo di Vargas Llosa. Ora vive qui. Nel 2007 settecento indiani sudamericani di origine ebraica hanno sfidato il futuro per fare «aliyah»: sono tornati nella Terra degli avi, Erez Israel. «Siamo fieri di loro, compensano i nostri connazionali in fuga», osserva Khanoch Tzamir, dirigente dell’ufficio immigrazione di Ramla. Nel 2007 trentamila israeliani hanno lasciato il Paese e i nuovi venuti sono scesi da 20.050 a 18.753.
Kali Mussiah Kusta Publisi è andata a scuola, si è sposata, ha avuto tre bambini, ignorando di essere ebrea: «A Iquitos sono tutti cattolici. Un giorno arrivò una famiglia ebrea, gli Aderi. Mio padre passava davanti al loro bazar e diceva “Ola Messia”. Fu il signor Aderi a riconoscere i caratteri ebraici sulla tomba del nonno materno, Kusta. Il cognome Mussiah deriva dal biblico mashiah». Storia o leggenda, Kali e i suoi la accolsero come propria e impararono a recitare i salmi, osservare lo shabbat, bere la Inka Cola «khoserizzata» a Lima. «Gli Aderi ci hanno introdotto alla tradizione, ma è stato il rabbino Bronstain ad aiutarci», continua Begi, 20 anni, interrompendo mamma Kali. Se lo ricorda Bronstain. Cappello nero, riccioli lungo il volto, accento newyorkese, sbarcò a Iquitos nel 2004 con due colleghi, un cileno e un argentino, e convertì oltre un migliaio di persone utilizzando il lago Kistocoche per il mikwe, il bagno rituale della purificazione.
Kali mostra orgogliosa il diploma dell’Ulpan, il corso d’ebraico che Israele assicura gratis ai nuovi ebrei assieme alla cittadinanza, al sostegno finanziario, a una famiglia «adottiva» che accompagni l’integrazione. Non dimentica le acque impetuose del Rio Ucayali e il mercato invaso dai curanderos, i medici sciamani. Ci ha messo un po’ a preparare «omelette de verdura y cervina frita», omelette e pesce fritto, come faceva a Iquitos. Ma la nuova vita le piace. Non si preoccupa di essere l’erede della tribù perduta dell’Israele di re Salomone dispersa dagli Assiri: «In Amazzonia non esistono archivi, la mia fede non è un numero di serie». Un’esigua minoranza dei candidati che ogni anno si presenta all’ufficio immigrazione di Tel Aviv vanta credenziali ebraiche: non lo sono gli Ibo della Nigeria come non lo erano i Falashmura etiopi arrivati negli anni 80.
La questione è più complicata di quanto immagini Kali, che ha assimilato la storia degli ebrei marocchini approdati in Amazzonia 150 anni fa per commerciare la gomma. Israele ha bisogno d’immigrati per contrastare la minaccia demografica degli arabi. Lo scorso anno il tribunale di Ramla ha condannato l'inviato dell’Agenzia ebraica in Venezuela, Ilan Arkiteker, per il via libero a 200 venezuelani dalle origini sconosciute.
Kali fa la colf nella fabbrica di cartone in cui lavora il marito Gabriel. Guadagnano il necessario per pagare 420 dollari d’affitto e la scuola dei figli. A Iquitos una casa costa 27 dollari, ma mancano le radici. Secondo il rabbino Elihau Avichail, che nel ‘79 ha fondato il gruppo Avichal (Il mio popolo ritorna), gli ebrei dell'Amazzonia discendono dai Levi di Contaman, un villaggio nel cuore selvaggio del Perù. Nipoti spurii come Kali, Gabriel e i loro bambini, il magazziniere Aldo Hocmin e la moglie Angelica, baby sitter. Figli di un Dio minore, ma pur sempre israeliani doc.
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