Come Walter Veltroni, leader del Partito Democratico in Italia, anche Barack Obama, candidato democratico alla Casa Bianca, parla poco dei suoi orientamenti in politica estera. Se qualcuno pone ad Obama domande sul terrorismo o sulla guerra in atto, la risposta e’ sempre la stessa: ricorrerebbe alla diplomazia che secondo lui sarebbe la sola attivita’ in grado di risolvere le controversie internazionali e, il continuo richiamo ad essa, come ad una panacea risolutiva d’ogni problema, funge in lui da paravento, che cosa ci sia dietro e’ facile arguirlo: lo scenario che si intravede e’ davvero temibile e il quadro delle alleanze nello scacchiere internazionale sarebbe completamente sovvertito e foriero di calamita’, se il candidato arrivasse alla Casa Bianca. Sarebbe il primo presidente degli Stati Uniti ad interrompere, la sessantennale amicizia con Israele, forse, ma e’ un pericolo reale visto che Obama ha frequentato un ambiente marcatamente antisionista e antisemita per 20 anni, quello del suo pastore Jeremiah Wright e di Louis Farrakhan. Non si puo’ correre il rischio, e noi dobbiamo impedirglielo, smascherandolo. Troppe ombre si sono addensate su di lui, non ultima quella della connessione con Bob Ayers, professore di Pedagogia, University of Illinois, Chicago, fortemente ideologizzato, un altro che odia il suo stesso paese e membro del movimento underground “ Weatherman”, definito da David Horovitz come uno dei piu’ pericolosi accademici in America – One of the most dangerous academics in America”. Un’amicizia compromettente che in questi giorni e’ al vaglio dei commentatori in tutti i talk-show radiotelevisivi.
Ma che cosa ha Obama per attrarre cosi’ tanto l’uditorio? Che cosa, piu’ di ogni altra, fa presa sulla massa di ascoltatori che soggiacciono al suo fascino? Perche’ di fascino si tratta, basta ascoltarlo! Obama e’ un grande oratore.
Il segreto e’ proprio nel rapporto tra il leader e le masse, a cui Elias Canetti ha dedicato un saggio, “Massa e Potere” al quale ha lavorato per ben quaranta anni. Che cosa ieri ha indotto milioni di Tedeschi a rinunciare alla loro individualita’ e a confondersi nella massa di milioni di saluti nazisti, tra lo sventolio di bandiere con la svastica e, che cosa induce oggi nel mondo islamico, masse di diseredati tenuti nell’ignoranza, a minacciare una guerra santa contro l’Occidente al grido di “ morte all’America?”
Perche’ per gli uni come per gli altri vale quello che ha scritto Hitler beffardamente :“ la ricettivita’ delle masse e’ molto limitata e la loro intelligenza e’ piccola, ma il potere della dimenticanza e’ potente per cui hanno bisogno di slogan ripetitivi” Mein Kampft, Vol. I cap. VI “ Guerra e Propaganda”
Guardiamoli alla lente di ingrandimento queste masse, senza la distinzione cronologica che li separa, sono gli stessi uomini minacciosi e massificati che annullano la loro individualita’nella massa, indottrinati ed esaltati, non a caso salutano alla stessa maniera e leggono lo stesso libro, Mein kampft.
Invece, nell’Occidente civilizzato e nei tempi che corrono, le tecniche della persuasione sono piu’sofisticate e si imparano ad Harvard, la piu’ prestigiosa universita’degli Stati Uniti. Barack l’ha frequentata brillantemente come studente di Legge, e li’, ha imparato le tecniche dell’arte oratoria che risalgono indietro a Demostene e a Cicerone e le ha esercitate da studente, nel tribunale dell’ateneo, dove gli studenti, sotto la guida dei loro professori simulano i processi e intanto imparano e si preparano alla vita forense e politica. Perche’ nelle Universita’ americane si fa non solo la teoria ma anche la pratica della giurisprudenza. Nei suoi discorsi Barack usa le tecniche oratorie che si studiano o si studiavano al liceo, in Italia, ”l’anafora” o ripetizione della stessa parola all’inizio di frasi parallele, e cosi’ nella stessa maniera usa l’epistrofe, ossia la ripetizione alla fine delle frasi, come “ Yes, we can” che e’ lo slogan che anche Veltroni ha fatto suo. Sono tutte tecniche e slogan che fanno presa sugli ascoltatori.
Inoltre Barack Obama, quando parla al pubblico parla da presidente, non da candidato, sicuro e riassicurante su quello che e’ il destino della nazione. Menziona la speranza -che e’ il titolo anche del suo libro, “ The Audacity of Hope” - L’Audacia di sperare-che gli e’ stato ispirato da un’omelia di Jeremiah Wright ed e’ un concetto che ripete ricorrendo all’anafora come gia’ faceva Martin Luther King con il ripetere: “ I have a dream”- Ho un sogno-
Quando alla televisione si interrompono i programmi per la pubblicita’elettorale, appare lui, molto sobrio, sembra un filmato di decine d’anni fa, in bianco e nero, sul prato che potrebbe essere quello della Casa Bianca, parla in modo suadente e con l’autorevolezza di un presidente e il tutto ci ricorda John Kennedy. L’impatto sugli spettatori e’ grande!
Certo deve avvalersi di una squadra di consiglieri altamente esperti nell’arte della persuasione occulta e della propaganda, i migliori che ci siano sul mercato. E’ legittimo chiedersi: “ Ma chi finanzia Barack Obama?”
Piera Prister Bracaglia Morante