Egregio Direttore de La Stampa
in merito all'articolo da voi pubblicato sulla Tartaruga di Gaza, che riporto integralmente in calce alla presente, vi invio i miei commenti. So che le mie parole serviranno a ben poco in quanto come diceva mio nonno " la cosa piú difficile é convincere uno stolto che é uno stolto" ( lui non usava stolto ma un termine più forte e colorito) ma vi invio lo stesso i miei commenti in obbedienza ad un imperativo morale che mi é stato trasmesso fin da piccolo.
Lo sprovveduto che ha redatto il testo cercando di aggrapparsi ridicolmente a possibili responsabilitá israeliane e gli altrettanto sprovveduti che hanno permesso la sua pubblicazione dimostrano che non hanno mai capito ( o fa loro comodo non capire) che le disgrazie Palestinesi restano tali perché avere una vittima povera e oppressa ( anche se forzosamente e apparentemente) fa il gioco della nazione araba per giustificare la sua avversione a Israele e la necessitá di ributtare a mare tutti gli ebrei.
E questo fin dal 1948 quando gli arabi sdegnosamente rifiutarono i territori loro assegnati.
Quello che redattore e la Stampa peró non capiscono, e l'articolo in questone lo dimostra ancora una volta, è che il comportamento sempre condiscendente verso gli arabi, anche quando dovrebbero essere censurati come in questo barbaro caso, dà a questi ultimi un alibi morale che assolutamente non meritano. E i palestinesi sentendosi in un certo senso protetti o comunque giustificati continueranno non solo a mangiare tararughe ma a lanciare razzi a rampazzo su Israele uccidendo casulamente qua e là e soprattutto continueranno ad educare i loro figli non con l'abbecedario e i libri del sapere ma coi manuali per fare bombe e guerriglia. Insomma facendo crescer varie generazioni senza educazione, cultura né alcuna ambizione civile ma solo con un odio prefabbricato e forzoso che non sará utile né all'umanitá e men che meno a loro.
E la responsabilitá morale per tutta questa forma di diseducazione è anche vostra
lettera firmata