Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Processo per Moshe Katsav l'ex presidente israeliano ha ritrattato la confessione
Testata: La Repubblica Data: 09 aprile 2008 Pagina: 15 Autore: Alberto Stabile Titolo: «Sexgate in Israele, Katsav ci ripensa "Non confesso, processatemi"»
Da La REPUBBLICA del 9 aprile 2008:
GERUSALEMME - Forse non gli andava di passare alla storia come un presidente che, per sua stessa ammissione, metteva le mani addosso alle impiegate e per chiarire le sue intenzioni non esitava a denudarsi davanti alla malcapitata di turno. Fatto sta che Moshe Katsav, l´ex capo dello stato israeliano accusato di gravi reati sessuali per i quali aveva accettato di patteggiare una minima pena, ieri ha rinnegato l´accordo raggiunto con il rappresentante dell´accusa, dicendosi pronto ad affrontare il processo. Folla di cronisti davanti all´aula del Russian Compound, un vecchio ostello fatto costruire dallo Zar Nicola II per i pellegrini dell´impero e trasformato dalle autorità israeliane in tribunale, dove si celebra l´udienza che dovrebbe chiudere il caso Katsav. Basterebbe che l´ex presidente mantenesse la parola data attraverso i suoi legali al Procurate generale Menachem Mazuz al momento di accettare il patteggiamento, per mettere una pietra sopra ad uno scandalo che ha leso gravemente la credibilità della massima carica dello Stato. Ma è forse contro questo ipotetico colpo di spugna, che cancella le accuse più gravi e, di fatto, s´arrende all´arroganza maschilista, che protestano, fuori dal palazzo, un centinaio di donne al grido: «Siamo tutte A.», dall´iniziale della principale accusatrice di Katsav. C´è curiosità, naturalmente, e non si tratta di curiosità morbosa, perché i media non possono assistere all´udienza e tutto quello che c´era da sapere sul comportamento dell´ex presidente, secondo le donne che lo hanno accusato, si conosce già. Ma si capisce subito che, di fatto, sarà un´udienza a porte chiuse, viste le dimensioni dell´aula. Tuttavia, due segretarie giovani, vestite rigorosamente di nero (il colore dominante nei tribunali israeliani) cercano di passare. Una delle due dice all´altra: «Sbrigati che voglio prendere un buon posto per vedere in faccia quel figlio di puttana». Katsav arriva con quasi un´ora di ritardo, accompagnato dalla moglie, Gila. Lui sorride alle telecamere senza riuscire a nascondere l´imbarazzo. Lei, visibilmente infastidita, scuote la testa. Sono partiti di buon mattino da Yitzkah Mordekhai, il paesino del Negev dove Katsav, con l´aiuto dei fratelli, ha costruito il suo feudo politico personale sotto le bandiere del Likud. Giunti a destinazione, sono rimasti in macchina, a quanto pare girando intorno, in attesa che il tribunale decidesse sull´ennesima istanza di rinvio. Istanza respinta. Pochi minuti dopo Katsav s´è seduto, primo presidente nella storia d´Israele sul banco degli imputati. Un posto che, all´ultimo momento, ha deciso di rifiutare, nonostante l´accordo raggiunto con la Procura gli avrebbe garantito una condanna tenue, senza detenzione, e il mantenimento delle accuse meno rilevanti: molestie sessuali, abuso d´ufficio. In cambio, però, avrebbe dovuto pronunciare la fatidica parola, «colpevole», che ostinatamente e contro ogni evidenza s´è finora rifiutato di pronunciare. In più, il patteggiamento lasciava aperta la questione dell´«onta», una specie di aggravante implicita in certi reati, che non sta al Procuratore Generale ma al Tribunale decidere. Il che nel caso di Katsav avrebbe implicato la perdita non della pensione (di 48 mila shekels al mese, pari a poco meno di diecimila euro lordi) ma dei benefit, per oltre un milione di shekel (circa 200 mila euro) che spettano agli ex presidenti. Perso per perso, Katsav ha deciso, come ha detto, di «lottare».