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La Repubblica Rassegna Stampa
04.04.2008 La guerra irachena, il terorrismo di Al Qaeda e di Hamas, la minaccia iraniana
intervista a Richard Perle

Testata: La Repubblica
Data: 04 aprile 2008
Pagina: 53
Autore: Susanna Nirenstein
Titolo: «Il principe dei neocon»

Da La REPUBBLICA del 4 aprile 2008, un'intervista di Susanna Nirenstein a Richard Perle:

I suoi nemici lo chiamano "il Principe delle Tenebre", i suoi estimatori lo considerano «una delle migliori menti politiche" di Washington. Di sicuro, Richard Perle ha giocato un ruolo cruciale sia durante la presidenza Reagan e la sua netta contrapposizione all´Urss (è da allora che, mentre era sottosegretario alla Difesa, gli affibbiarono quell´etichetta che evoca tutti i mali cospirativi del mondo), sia come ex consigliere del Pentagono di Bush (fino al 2004) nella scelta dell´attacco all´Iraq. Le sue opinioni, in verità, condivisibili o meno, sembrano limpide. Membro dell´American Enterprise Institute, guardato come un falco capofila dei neocon americani, è tuttora uno dei più ascoltati e influenti esperti di politica internazionale americani e oggi, avendo sostenuto la guerra, si trova di fronte a un conflitto che si è dimostrato molto più complicato del previsto. A lui comunque il concetto che esista un gruppo neocon non piace, gli sembra appunto il parto di una di quelle teorie complottiste che vogliono vedere sempre un gruppo inafferabile dietro le svolte della Storia. Lo incontriamo a Roma, dove è venuto come ospite d´onore di una serata del Keren Hayesod, grande organizzazione di found raising che costruisce in Israele strutture e iniziative in campo sociale e ambientale. Siamo davanti a un cappuccino e a un caffè negli assolati saloni dell´Excelsior.
Cosa sono veramente i neocon, Mr Perle?
«Il termine è senza significato. Molti vi identificano gente che in realtà non ha niente in comune. E´ diventato un modo per definire chi è stato a favore dell´invasione dell´Iraq. Ma la realtà è che la decisione fu presa non per le pressioni di qualcuno (n.d.r., la sera prima aveva anche sottolineato come Israele non avesse affatto spinto in quel senso, ma semmai ad occuparsi dei problemi posti dall´Iran). A scegliere sono stati un presidente, un vicepresidente, un gabinetto della Difesa. L´idea che l´invasione sia stata un´avventura imperialistica incoraggiata dai neocon con l´obiettivo di imporre all´Iraq la democrazia con la forza, è sbagliata. Gli Usa hanno attaccato Bagdad perché, dopo l´11 settembre, non volevamo stare ad aspettare e sperare che Saddam non avrebbe equipaggiato i terroristi islamici di armi chimiche o biologiche per altri 11 settembre».
Neocon non vuol dir niente?
«Un tempo si applicava a qualche intellettuale di sinistra che, dopo la II seconda Guerra Mondiale, aveva capito la natura totalitaria dell´Urss. La parola fu inventata da Bill Kristol: neocon era per lui "un liberal che aveva sbattuto la faccia contro la realtà", i gulag».
E lei dice che non c´è un gruppo di pensatori neocon.
«No. Nessuna organizzazione. Ci sono delle opinioni condivise da alcuni intellettuali e pochi politici. L´idea centrale è semplice: i valori democratici sono fondamentali per una società civile e dovrebbero essere incoraggiati dovunque nel mondo. Ma non ha niente a che fare con l´uso della forza. Non siamo pacifisti, ma nemmeno guerrafondai. E comunque questi intellettuali non hanno avuto alcuna influenza sulle decisioni di Bush, che gli intellettuali li frequenta raramente».
L´idea è entrata in crisi dopo le difficoltà incontrate in Iraq?
«La scelta della guerra fu fatta perché eravamo colpiti, minacciati. E Saddam fu rimosso in 21 giorni. A quel punto dovevamo consegnare l´Iraq agli iracheni. Ma sfortunatamente l´Amministrazione decise di mandare degli americani a governare l´Iraq. E così di fatto ci fu l´occupazione. Fu un terribile errore. Non posso provare che se avessimo fatto come dico io non ci sarebbe stata l´insurgency, ma credo sarebbe stato diverso. Ad esempio gli iracheni non avrebbero mai dissolto l´esercito».
Come giudica la situazione attuale?
«Con la strategia di Petreus, che non consiste solo nell´aumento di truppe, ma, e soprattutto, nel dare più sicurezza alla popolazione civile, il governo può funzionare e le cose sono sicuramente migliorate».
Gli sciiti però ora combattono tra loro.
«Negli ultimi giorni, gruppi incoraggiati e armati dall´Iran attaccano nella regione di Bassora. Ma il governo, che pure è ancora debole, sta rispondendo. Un anno fa non sarebbe stato in grado di farlo. Si sta andando nella giusta direzione e buona parte del paese sta bene. Il Nord progredisce, sia in termini di sicurezza che di economia, si riaprono gli affari, i ristoranti di Bagdad sono pieni. Quando si dice che tutto va male, penso all´Italia: arrivi convinto di trovarvi sepolti dai rifiuti, eppure la questione riguarda solo alcune aree. Perché poi chi ora vede un disastro in Iraq, non diceva quasi niente quando Saddam uccideva decine di migliaia di persone?».
Al Qaeda manda messaggi contro l´Europa. Secondo lei siamo in pericolo?
«L´intero mondo occidentale è in pericolo. La visione di Al Qaeda vuole imporre la sharia a tutto il mondo, punta a fare di noi tutti dei paesi musulmani. E lo fa terrorizzandoci, perché a un certo punto ci si arrenda e si chieda "in quale moschea dobbiamo andare a pregare?"».
E´ ancora forte Al Qaeda?
«Negli anni ´90 Al Qaeda (e le altre organizzazioni) divenne forte perché nessuno fece niente per fermarla. Ci furono tanti attentati, contro truppe occidentali, ambasciate, centri culturali, discoteche, navi. Si convinsero che non potevamo rispondere e divennero sempre più ambiziosi. L´11 settembre è stato un esempio di quanto lontano volevano andare. Da allora incontrano molte più difficoltà, ma sono ancora capaci di colpire e lo faranno finché non saranno sconfitti. Ciò che rimane dell´insurgency in Iraq arriva a fare attacchi suicidi mettendo le bombe addosso agli handicappati, ai bambini. Il loro crimine è indicibile».
Come pensa si possano sconfiggere?
«L´Occidente può difendersi, identificare i terroristi, catturarli, ma la cosa più importante è il mondo islamico: sono loro a dover decidere se tollerare l´estremismo o rifiutarlo. Se lo respingeranno, gli jihadisti non troveranno acqua in cui nuotare. Ma se resteranno indifferenti o non si riterranno responsabili, gli islamisti andranno avanti. E´ una battaglia di idee».
I pacifisti dicono che la guerra ha intensificato il terrorismo.
«Quel che si è intensificato per il momento è che, poiché abbiamo risposto, i terroristi, che già colpivano, una volta sfidati lavorano per tenere in vita le loro organizzazioni, anche con terroristi "suicidi" handicappati, come abbiamo già detto».
Chi è il suo candidato negli States?
«Non ho candidati».
Barak Obama all´inizio piaceva anche ai conservatori.
«E´ attraente, carismatico. Ma la domanda è, cosa farebbe una volta Presidente. Oggi Obama sembra più a sinistra di quello che sarà se passasse la nomination democratica. Se la vince, vorrà piacere a tutti, conquistare voti anche al centro e a destra. E se divenisse il Presidente? Di sicuro sarà diverso da come ci è apparso nella fase 1 e nella fase 2».
Cosa pensa di Bush che andrà alle Olimpiadi in Cina?
«Credo sia un errore. Gli atti violenti della Cina di questi giorni sarebbero un buon motivo per stare a casa».
Sembra che le sanzioni contro l´Iran non funzionino. Che fare?
«Le sanzioni sono deboli, ma non avrebbero funzionato nemmeno se fossero state forti. Ci sono pochi esempi di sanzioni efficaci. Eppure quando l´Iran avrà il nucleare, lo vorranno anche i sauditi e tutti gli altri: si creerà una competizione atomica nell´area più instabile del mondo. Ahmadinejad ha minacciato di distruggere Israele con la bomba: e ne è convinto, perché aspetta il ritorno del dodicesimo imam, e questo secondo la sua visione, deve essere preceduto da una grande apocalisse. La sua ideologia è fanatica e molto pericolosa».
Vorrebbe si colpissero i siti nucleari iraniani?
«La cosa migliore sarebbe aiutare i milioni di iraniani che soffrono sotto la dittatura, studenti, lavoratori, negozianti, professionisti, intellettuali che vogliono un cambio di regime».
Non è troppo tardi? Manca un anno o due al completamento del programma nucleare.
«Comunque non stiamo facendo nulla per incoraggiarli. Così, presto avremo solo due scelte, o accettare un Iran nucleare che sostiene il terrorismo internazionale, o usare la forza contro gli impianti. Oggi non siamo ancora al punto di dover decidere, ma ci avviciniamo sempre più al momento critico».
In Europa molti dicono che, se vuole fermare la violenza, Israele deve parlare con Hamas. La sua opinione?
«Hamas non vuole la pace: è votata alla distruzione di Israele. Nessuno dovrebbe essere spinto a trattare con un´organizzazione che nega il suo diritto ad esistere. Chi lo fa, evita invece di condannare gli obiettivi distruttivi di Hamas e i suoi metodi terroristi».
Che fare allora?
«A volte ci sono problemi che in un dato momento non possono essere risolti. In realtà esiste un livello più profondo del conflitto che i diplomatici vogliono ignorare, ed è la spinta all´odio e alla violenza. Ho visto tanti programmi per bambini alla tv palestinese con ragazzini di 6/7 anni che indossavano le cinture esplosive: che futuro ha un´infanzia cresciuta così? A chi suggerisce di trattare con Hamas, rispondo "parlategli voi e ditegli di smettere"».
La Fiera del libro di Torino. Perché Israele è così spesso l´obiettivo di boicottaggi nelle università, nei progetti culturali?
«Ci sono tante dittature che meriterebbero i boicottaggi, eppure gli intellettuali di certa sinistra passano il tempo a chiedere di boicottare la democratica Israele. Per quella sinistra è una bancarotta morale».

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