Integrazione degli immigrati, islam e politica italiana interviste a Khaled Fouad Allam e Souad Sbai
Testata:Libero - L'Opinione Autore: Barbara Romano - Dimitri Buffa Titolo: «Un altro Allam convertito: Pd razzista, vado nel PdL - “Per gli immigrati una carta verde sul modello americano”»
Da LIBERO del 3 aprile 2008:
Veltroni? «Un razzista». Il Pd: «È grasso che cola se arriva al 34%». È arrabbiato nero Khaled Fouad Allam con i compagni che lo hanno scaricato dopo un giro di valzer parlamentare durato nemmeno mezza legislatura. Arruolato nella Margherita come "co lomba" dell'islam moderato in antitesi al "falco" Magdi Allam, forse anche per la sua vena ambientalista (è stato nell'esecutivo dei Verdi), il deputato musulmano non è stato ricandidato da "Uolter". E ha trovato asilo politico nella fondazione Magna Charta, anticamera del suo passaggio al centrodestra. Un passaggio lampo: così lo immagina lui, che spera di entrare nel PdL dalla porta principale: «Vorrei fare il sottosegretario all'immigrazio ne». La sua discesa in campo sarà domani, alla manifestazione organizzata a Siena dal presidente di Magna Charta, il senatore Gaetano Quagliariello, contro la costruzione della moschea di Colle Val d'Elsa. Ha aderito a Magna Charta. Cos'è, il suo ingresso diplomatico nel PdL? «È un percorso. Sicuramente parteciperò al congresso del PdL. A Magna Charta arriverà altra gente di sinistra». Perché non è stato ricandidato dal Pd? «Perché il criterio utilizzato è l'appar tenenza al gruppo. E io non appartengo a nessun clan. Trovo assurdo che Veltroni abbia voluto rappresentare nel Pd qualunque categoria, dall'im prenditore all'operaio, e abbia sottovalutato il plusvalore che potrebbe dare uno come me. Nel presepe del Pd è totalmente assente l'islam moderato. Io valgo meno di un portaborse». Come mai, secondo lei? «Considero questa una forma di razzismo nascosto. Per gente come noi, la cosa peggiore è trovarsi davanti al razzismo che non dice il suo nome. È una ferita molto forte che ho subìto». Ha ricevuto segnali di solidarietà? «Il primo che mi ha chiamato è stato Gianfranco Fini». Per proporle una candidatura? «No. Ma il bello è questo, che non l'ha fatto per sfruttare l'occasione politica. È un gesto che gli è venuto dal cuore». Se il centrodestra le proponesse una candidatura in futuro, accetterebbe? «Al governo sì, non ho preclusioni». Sogna addirittura da ministro? «Ministro no. Mi piacerebbe fare il sottosegretario all'Immigrazione o impegnarmi in un dicastero sul Maghreb-Mashrek. Sarebbe interessante introdurre un sottosegretariato al Medio Oriente». Lei sta per diventare editorialista dell'Osservatore romano. Fa parte di un suo percorso di conversione? «Assolutamente no». Anche Magdi Allam ha aderito a Magna Charta, che ha fatto un po' da viatico alla sua conversione. «Per me è diverso. Durante la guerra in Iraq, vedendo le stragi di chi sgozzava allegramente la gente al nome di "Dio è grande", più volte ho pensato che avrei voluto cambiare religione». E perché non lo ha fatto? «Perché dal profondo del cuore mi sento musulmano. Per i riferimenti culturali che ho ricevuto, quando imparavo a memoria le prime sure del Corano con mia mamma. Quello era un islam completamente diverso da oggi. E poi, io preferisco lottare dall'in terno i soprusi dell'integralismo». E da musulmano come fa a partecipare a una manifestazione contro la costruzione di una moschea? «Lo faccio per porre il problema di chi c'è dentro le moschee, di chi sono gli imam. La soluzione non passa attraverso la moltiplicazione delle moschee, ma attraverso la costruzione di uno spazio europeo dell'islam». Che idea si è fatto lei della conversione di Magdi Allam? «Penso che non sia stato facile, per un uomo che ha più di 55 anni, passare a un'altra religione. Per quel po' che lo conosco, immagino che abbia fatto un lungo percorso interiore». Se si fosse convertito, anche lei l'avreb be fatto a San Pietro, alla vigilia di Pasqua, per mano del Papa? «No, perché sono un po' più discreto. Averlo fatto in mondovisione appartiene alla logica di Magdi Allam. Molti hanno detto che era spettacolo. Io invece in quel gesto provocatorio ho colto un segno della lotta politica che lui conduce alla luce del sole. Magdi non aveva bisogno di esibirsi. Non si utilizza il Papa per un show». L'islam ha duramente criticato il Papa per aver battezzato Magdi, leggendo in quel gesto una "seconda Ratisbona". «Il discorso di Ratisbona è stato totalmente frainteso dal mondo islamico. Karol Wojtyla era un comunicatore, un artista, Ratzinger è un costruttore, un "muratore", un uomo di grande profondità. Ed è per questo che non è capito in questo mondo in cui c'è poco spazio per l'analisi». È vero, come dice Magdi, che l'islam moderato non esiste? «Non è vero, ma non mi piace la parola "moderato". Esiste l'islam democratico, io ne sono la prova. Ma sono rimasto solo in Italia».
Da L'OPINIONE:
Silvio Berlusconi apre al voto agli immigrati ed è subito polemica fra le forze politiche. La Lega Nord non ne vuole sapere mentre addirittura entusiastiche sono state le reazioni di Moustapha Manosuri, presidente del Partito degli immigrati secondo cui “il voto alle amministrative è essenziale, anche perché è l’Unione Europea che lo prevede, quindi è solo una questione di adeguarsi alle direttive attualmente vigenti”. E aggiunge che “questo deve essere il primo passo verso il riconoscimento di tutti i diritti politici a quei nuovi cittadini italiani che lavorano onestamente e contribuiscono alla ricchezza del Paese”. Secondo la candidata del Popolo della Libertà Souad Sbai, una vita spesa per integrare gli immigrati, specie di religione islamica, nel nostro paese, le cose andrebbero inquadrate differentemente. E il dibattito, insieme alla polemica, “andrebbero dirottati sul diritto di cittadinanza con i relativi doveri”.
Souad Sbai, lei come giudica le barricate della Lega Nord sull’apertura di Silvio Berlusconi al voto degli immigrati? Non vanno né ingigantite, né criminalizzate o strumentalizzate come è stato fatto ieri da parte di tanti giornali. Le differenze esistono, le polemiche pure, ma ciò fa parte della dialettica interna a un partito democratico.
Lei sarebbe favorevole al voto amministrativo agli immigrati come proposto dal Partito Democratico? Io sono favorevole al voto concesso a qualunque tipo di elezioni si svolgano in Italia per chi è diventato cittadino italiano. Immigrato o non immigrato. Il problema è sveltire, con criteri certi e inderogabili, il processo dell’acquisizione della nazionalità italiana, non un diritto a votare concesso a metà, solo alle amministrative, che sa tanto di voto di scambio.
Proposte? Una “green card” italiana sul modello statunitense credo che troverebbe d’accordo anche i leghisti che per esempio al Nord per me hanno lavorato molto lealmente. Si tratta di concedere questa carta a quegli immigrati presenti in maniera positiva sul suolo nazionale italiano da alcuni anni, certo non uno o due solamente, ma cinque come minimo.
Un criterio solo temporale? No, chi vuole la carta verde deve dimostrare di essersi integrato, di lavorare e non delinquere e magari deve firmare anche la carta dei valori costituzionali come quella proposta a suo tempo dalla Consulta islamica. Inoltre dovrà conoscere la lingua del nostro paese e in genere essere considerabile da parte dello stato italiano come una persona che contribuisce alla crescita del paese rispettandone tutte le leggi.
Ovviamente l’onere di dimostrazione di questi criteri, anzi di queste “conditiones sine qua non”, sarebbe a carico del singolo, mica ci può essere il silenzio assenso dell’amministrazione come per le licenze edilizie, non crede? D’accordissimo anche su ciò. Non ci deve essere solo una burocrazia dell’immigrazione. Però su queste basi vorrei poi vedere chi direbbe di no.
E’ vero anche che in Italia esiste pure un’altra fattispecie di immigrato, spesso di religione islamica, che segrega la moglie in casa, poligamo, che frequenta luoghi di indottrinamento all’odio anti occidentale spacciati per moschee. Come la mettiamo con quelli come lui? Possono anche tornare a casa propria. Il Viminale dovrebbe monitorarli e schedarli e quindi anche espellerli. Io non sono per ripetere gli errori della Danimarca, dell’Inghilterra e dell’Olanda con i ghetti multiculturali dove ognuno si fa la propria legge. D’altra parte non credo nemmeno che certi slogan identitari della Lega, fatti per prendere voti in certe zone del Nord dove il problema sicurezza è evidente, condizioneranno il lavoro ragionevole di Berlusconi e del suo futuro governo su questo delicato settore.
Insomma c’è una Lega Nord reale e una “percepita”? Più o meno, i leghisti che ho conosciuto personalmente sono molto più ragionevoli di quelli percepiti solo dai loro slogan elettorali.