Tzahal non discrimina gli omosessuali un articolo di Francesca Paci
Testata: La Stampa Data: 03 aprile 2008 Pagina: 8 Autore: Francesca Paci Titolo: «I falchi di Tzahal danno la pensione al militare omo»
La STAMPA del 3 aprile 2008 pubblica un articolo di Francesca Paci sull'assenza di discriminazioni contro gli omosessuali all'interno di Tzahal.
Dove si dimostra dimostra come sia possibile trattare un argomento molto serio con leggera e fine ironia. Complimenti alla corrispondente.
Ecco il testo:
Prepotente, sbruffone, fastidiosamente impunito dietro gli impenetrabili occhiali da sole, l'esercito israeliano è l'icona di un Paese macho che non conviene sfidare. Eppure, per quanto contraddittorio possa sembrare, il poderoso Tzahal, terrore degli arabi e bersaglio privilegiato del pacifismo internazionale, ha un debole per gli omosessuali. Proprio loro, gli inaffidabili effeminati in uniforme che tanto preoccupano il nostro generale Mauro Del Vecchio. Non che nelle caserme di Tel Aviv e Beersheba si allestiscano parruccate Gay Parade, ma qui la discriminazione sessuale, fisiologica tra camerati, è stata combattuta e vinta parecchio tempo fa. Archeologia culturale di un'era di convivenza pacifica mitica almeno quanto il paradiso terrestre. Un soldato in Israele è un soldato, indipendentemente dal sesso del partner che lo aspetta a casa. Al punto che il ministero della Difesa versa la stessa pensione di guerra alle vedove e ai vedovi dei caduti. «Quando Doron è morto, nel 1981, stavamo insieme da otto anni» racconta Adir Steiner. Doron Maizel, 39 anni, medico riservista, ha perso la vita in un agguato, nella fase finale della prima Intifada. Dal 1983, Israele permette agli omosessuali di servire nell'esercito. Un dovere mascherato da diritto o viceversa? Adir non se ne cura: «Doron aveva fatto carriera. All'inizio non era così scontato. Per vincere le resistenze di un ambiente estremamente tradizionale s'era appellato all'allora ministro della Sicurezza Yitzhak Rabin e aveva ottenuto i gradi. Ho voluto continuare la sua battaglia». Nel 1998 il Mevaker Hamedina, l'organo legislativo che supervisiona l'ordinamento dello Stato, gli ha dato ragione: da 9 anni Adir Steiner riceve la pensione come qualsiasi vedova della guerra dei Sei Giorni, dello Yom Kippur, del Libano 1982 e 2006. «Durante le prime settimane d'arruolamento, ogni matricola partecipa a un seminario sugli omosessuali e impara a non discriminare il vicino di brandina che si batte come lui» dice Yoav Arad, 37 anni, comandante dello Shayetet 3, l'unità speciale della Marina. Il suo compagno, Itai Pinkas, è ufficiale dell'Aeronautica, l'élite dell'esercito israeliano. Quel che oggi scandalizza profondamente l'establishment politico italiano in Israele è semplice routine, Dna di un Paese che non può permettersi il lusso di difendersi in modo selettivo. A novembre l'università americana di Santa Barbara, in California, ha pubblicato uno studio secondo cui appena 2 ufficiali israeliani su 17 troverebbero imbarazzante obbedire a un superiore gay. Gli ordini sono ordini. Anche perché da queste parti si contano più generali omosessuali che allarmi terrorismo. «La disciplina militare non dipende dalle abitudini sessuali dei soldati che la osservano» nota David Saranga, ex ufficiale di Tzahal, oggi consulente mediatico dell'ambasciata israeliana a New York. Non è stato sempre così. Quando il ministero della Difesa israeliano aprì ai gay le porte delle caserme si premurò di tenere ben serrate quelle dell'intelligence, terreno troppo sensibile per la volubilità del gusto sessuale. Solo nel 1993 la Knesset, il Parlamento di Gerusalemme, rimosse gli ostacoli che sbarravano la strada agli 007 omosessuali. E ora sono ovunque, affidabili come gli altri se non di più, sentinelle vigili ai check-point, dentro i tank, in trincea, prepotenti, sbruffoni, femminilissimi.
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