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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
31.03.2008 Altro che paura...
un editoriale di Pierluigi Battista sui casi Geert Wilders e Ayaan Hirsi Ali

Testata: Corriere della Sera
Data: 31 marzo 2008
Pagina: 30
Autore: Pierluigi Battista
Titolo: «Paura della jihad? Ma no, è dialogo»
Dal CORRIERE della SERA del 31 marzo 2008, un ironico editoriale di Pierluigi Battista sulle proteste per il documentario di Geert Wilders sul fondamentalismo islamico e sulla mancata concessione della scorta ad Ayaan Hirsi Ali.
Battista, ci sembra, coglie perfettamente nel segno:

Sarebbe davvero assurdo pensare che siano dettate dalla paura le sacrosante proteste per la pubblicazione su Internet del documentario dell'olandese Geert Wilders sul fondamentalismo islamico. Grave, primitivo, diciamo pure provocatorio immaginare che l'intimazione al divieto di Fitna così solennemente pronunciata dall'Onu sia ispirata a un sentimento meschino di terrore, anziché a una franca e coraggiosa richiesta di dialogo universale. E davvero vogliamo essere così gretti e spregevoli da supporre che solo per il timore delle peraltro blande e cortesi recriminazioni iraniane i responsabili dell'Unione Europea si siano generosamente prodigati per far sparire con encomiabile speditezza un documentario così poco rispettoso nei confronti di altre religioni?
E poi sarebbe il caso di smetterla di insinuare grotteschi sospetti sul rifiuto da parte della stragrande maggioranza dei parlamentari europei di negare il finanziamento per la protezione di Ayaan Hirsi Ali, che vive blindata nella tollerante Olanda. È vero, la mozione del socialista francese Benoit Hamon ha raccolto solo 144 firme su 782. Ma è ragionevole congetturare che ben 638 rappresentanti del popolo europeo non abbiano considerato opportuno salvaguardare la vita di una donna braccata da una fatwa solo per inconfessabili ragioni, tipo paura per eventuali rappresaglie o altre manifestazioni di ostilità anti-occidentali peraltro artatamente gonfiate dai predicatori dello scontro di civiltà? No, è del tutto evidente che la paura non abita nel Parlamento europeo. E men che mai nel cuore e nelle menti dei festival cinematografici di tutto il mondo che non hanno voluto mai presentare Submission,
il film del regista Theo Van Gogh assassinato in Olanda con rituale precisione. Come se davvero si può pensare che il terrore abbia ottenebrato gli organizzatori di rassegne del cinema in cui pure non si lesinano spazi per i registi che coraggiosamente, sfidando gravi pericoli, denunciano le malefatte dell'impero americano?
È ora di finirla con l'oscurantista e bellicosa cultura del sospetto che bolla come paura una ammirevole disposizione al dialogo e al confronto tra le culture. Robert Redeker, che vive nascosto in qualche luogo segreto della Francia, non può più pubblicare niente sui giornali francesi. Forse perché qualcuno, attanagliato dal terrore, si rifiuta di mettere in pagina le sue analisi sulle matrici culturali e religiose della jihad anti-occidentale? No, non può essere: questa spiegazione è palesemente falsa e destituita di ogni fondamento, eppure è questa la inverosimile spiegazione che viene diffusa come un veleno dai lividi nemici del dialogo e del confronto. E se solleva qualche perplessità la decisione di mettere in scena a Postdam i Versetti satanici di Salman Rushdie, non è certo perché imponenti forze di polizia siano state chiamate per proteggere i teatranti e gli spettatori, ma per il tratto intimamente provocatorio nella scelta di allestire uno spettacolo contrario alle ragioni del dialogo e della tolleranza. Basta con le insinuazioni. La paura non c'entra. E basta con le polverose lamentazioni sulla libertà d'espressione conculcata. Si apprezzi piuttosto il coraggio di contenerla, la libertà, nel nome del dialogo e della tolleranza. Altro che paura.

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