Sul FOGLIO di oggi, 22/03/2008, a pag.3, un editoriale sulle dichiarazioni di Silvio Berlusconi al quotidiano israeliano Yediot Aharonot. Informazione Corretta non entra in merito alla campagna elettorale. men che mai sulle promesse elettorali dei vari partiti. Cionondimeno le dichiarazioni di Berlusconi sulla futura politica estera verso Israele, in un governo a guida PdL, sono credibili, perchè rappresentano la continuità con quanto già realizzato nella legislatura precedente al governo Prodi.
Parlando con un giornalista del settimanale Yediot Aharonot di Tev Aviv, Silvio Berlusconi ha rivelato di essere stato invitato in Israele dal premier Ehud Olmert per celebrare il sessantesimo anniversario della fondazione dello stato ebraico. Ha risposto che " sarebbe bellissimo fare il primo viaggio da presidente del Consiglio eletto proprio in Israele". Col suo modo sbrigativo, che fa inorridire i diplomatici abituati a centellinare le mezze parole, il leader del centrodestra ha tracciato la linea guida della politica estera italiana. Mettere Israele al primo posto, infatti, rappresenta una svolta nettissima rispetto alle tergiversazioni del governo attuale, che sembra talora addirittura metterlo sullo stesso piano dei terroristi di Hamas, ma ha implicazioni e conseguenze di assai ampia portata. In medio oriente, naturalmente, dove la scelta prioritaria per la sicurezza di Israele implica una interpretazione assai meno lassista del compito della nostre truppe mandate a presiedere il Libano meridionale e un atteggiamento di fermezza nei confronti della minaccia nucleare iraniana. In Europa questo significa, dopo l'importante discorso di Angela Merkel alla Knesset, far uscire le istituzioni continentali dalla sostanziale apatia, interpretare il progettato patto euromediterraneo come lo strumento per integrare più strettamente Israele nel sistema economico dell'Unione europea. Nel panorama delle relazioni globali significa intensificare la lotta contro il terrorismo internazionale, prendendo atto delle novità intercorse per affinare la strategia, per cercare di coinvolgere in modo più convinto nuovi soggetti, ma per allargare il fronte, non per prepararsi ad abbandonarlo alla chetichella. Naturalmente non basterà una visita a Gerusalemme, per quanto solenne e simbolicamente carica , a decretare la svolta nella politica estera italiana che è implicita nell'annuncio di Berlusconi. Ma già con questo annuncio è stata ribaltata l'agenda, si è ristabilita una priorità, si è indicata una linea di tendenza che poi sarà indipensabile, ma anche inevitabile, trasformare in iniziative politiche e diplomatiche concrete. La voce europea che fin'ora non si era udita esercitare un effettivo sostegno alle ragioni di Israele, a cominciare da quella elementare del diritto all'esistenza, sta cominciando a farsi sentire. Dopo la dichiarazione del cancelliere Merkel, austera e ufficiale, arriva l'impegno di Berlusconi, colloquiale e irrituale ma non per questo meno impegnativo.
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