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La Stampa Rassegna Stampa
21.03.2008 "Dipnote", il blog dei diplomatici americani, boccia il "dialogo" con Hamas
"fino a quando non riconosce il diritto all’esistenza di Israele e non rinuncia alla violenza contro i civili deve essere messa al bando"

Testata: La Stampa
Data: 21 marzo 2008
Pagina: 13
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «“Che ne dite di un'atomica su Hamas"»

Da La STAMPA del 21 marzo 2008 un articolo di Maurizio Molinari.
Sbagliato e sensazionalistico il titolo scelto dalla redazione: “Che ne dite di un'atomica su Hamas". Il rifiuto dei contatti con l'organizzazione terroristica non implica l'uso della bomba atomica. Nemmeno la frase "Avere rapporti? Sì, ma come fecero gli Usa col Giappone dopo l’attacco a Pearl Harbor", implica che sia stato proposto il ricorso all'atomica, che avvenne dopo anni di guerra.

Ecco il testo:

La nota diplomatica è lo strumento con cui le feluche si scambiano messaggi quasi sempre riservati ma da sei mesi il Dipartimento di Stato ne ha una che è l’esatto opposto. Si chiama «Dipnote», si trova su Internet ed è un blog voluto da Condoleezza Rice e realizzato dal portavoce Sean McCormack per trasformare Foggy Bottom in una protagonista del web: serve ai diplomatici americani per scambiarsi opinioni irriverenti protetti dall’anonimato e al Dipartimento di Stato per avere il polso di cosa si parla fra le feluche a stelle e strisce.
Pur essendo stato lanciato da McCormack, «Dipnote» è quanto di più informale possa esserci: i diplomatici possono metterci proprio foto e filmati in cui li si vede in gita in Indonesia, alla Casa Bianca con Abu Mazen o in pantaloncini con gli amici in gita a New Orleans. Cliccando sui diversi link si ha l’impressione di entrare nella grande famiglia di Foggy Bottom - il quartiere in stile coloniale e mattoni rossi dove si trova il Dipartimento di Stato - fino a incontrare diplomatici come Tara Fley, di formazione gesuita, che aprono discussioni sulle donne con la feluca attirando commenti greci e pakistani, russi, siriani e americani, spesso dai toni assai accesi.
Una delle caratteristiche del blog è di porre domande irriverenti, spesso in contraddizione con gli orientamenti politici dell'amministrazione Bush per saggiare da che parte tira il vento, tanto dentro che fuori il Dipartimento di Stato. A fare scalpore è stata, a inizio marzo, la domanda «Gli Stati Uniti devono avere rapporti con Hamas per favorire la pace fra israeliani e palestinesi?». Il solo fatto di averla posta ha spinto «New York Times» e «Washington Times» a supporre che forse la Rice meditava di aprire all’organizzazione terroristica che si propone di distruggere Israele ma la valanga di reazioni giunte a «Dipnote» ha allontanato ogni possibile cambiamento di politica. «Ma vi siete impazziti?» hanno scritto in molti. «Fino a quando Hamas non riconosce il diritto all’esistenza di Israele e non rinuncia alla violenza contro i civili deve essere messa al bando» ha scritto un «Doug» del Michigan mentre «Maynard» dall’Illinois è andato oltre: «Avere rapporti? Sì, ma come fecero gli Usa col Giappone dopo l’attacco a Pearl Harbor».
A scrivere sul blog è stato anche Mark Kirk, deputato repubblicano dell’Illinois, esprimendo dubbi sul fatto «che usiate i soldi da noi stanziati per fare simili discussioni». La domanda su Hamas è stata così rimpiazzata negli ultimi giorni da un interrogativo su altro nemico di Washington, Hugo Chavez: «Venezuela ed Ecuador devono combattere le Farc colombiane che operano ai loro confini?». Questa volta i commenti eterodossi sono arrivati, come nel caso di «Zharkov in Usa»: «Per gli interessi Usa l’Opec conta più delle Farc, Chavez difende i pozzi con armi russe comprate con i petrodollari, sono i soldi americani che continuano ad armare i nostri nemici a oltre sei anni dall’11 settembre». Le regole di registrazione al blog consentono da un lato di limitare al massimo gli eccessi verbali degli ignoti e dall’altro ai diplomatici di scrivere protetti da pseudonimi. Come nel caso di «Steve dall’Iraq» che rivolgendosi ai colleghi desiderosi di sbarcare nella sede di Baghdad scrive: «Si tratta di un’opportunità rara di esplorare reti elettriche, sistemi fognari, fattorie, casi di capi tribali, risvegli politici ed ospitare eventi che non avete mai neanche sognato».
Come dire, poco a vedere con i manuali di diplomazia. Non mancano le storie piccanti. «Che ne dite del presunto stupro di una funzionaria del Dipartimento di Stato che opportunamente è stata rimandata a Washington?» chiede «Jerris in Usa». Dalla Russia invece si fa sentire «Hugh», che tradisce buona preparazione militare e non ha gradito la decisione cinese di impedire a diverse unità dell’Us Navy di attraccare a Hong Kong: «Ho un suggerimento, visto che per il governo americano c’è un’unica Cina perché anziché mandare l’Us Navy a Hong Kong la prossima volta non sceglie il più accogliente porto di Kaohsiung, sull’isola di Taiwan, che sempre cinese è?».

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