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Avvenire Rassegna Stampa
18.03.2008 Il falso scoop della "lista Eichmann"
intervento della storica Anna Foa

Testata: Avvenire
Data: 18 marzo 2008
Pagina: 27
Autore: Anna Foa
Titolo: «Eichmann, la favola del nazista «buono»»
Da AVVENIRE del 18 marzo 2008:

Domenica il Sunday Times (e di conseguenza molti giornali italiani) presentavano come uno scoop una storia in realtà ampiamente nota non solo agli specialisti, ma anche al grande pubblico, dal momento che aveva già offerto materia, nel 2005, a un libro di Daniel B. Silver, tradotto nel 2006 in italiano da Marsilio, Rifugio all’inferno.
 La storia è quella della scoperta, dopo la conquista di Berlino da parte dell’Armata Rossa, di 800 ebrei nelle cantine di un ospedale ebraico rimasto in funzione. Il suo direttore ebreo, Walter Lustig, era una figura molto ambigua, che selezionava gli ebrei da salvare e quelli da consegnare ai nazisti per la deportazione, seguendo le direttive della Gestapo. La vicenda sarebbe stata direttamente seguita da Adolf Eichmann. E non a caso, riprendendo il titolo del film di Spielberg, l’articolo del
Sunday Times è intitolato La Lista di Eichmann, «Eichmann’s list». Il principale organizzatore dello sterminio, Eichmann, avrebbe, quindi, salvato 800 ebrei berlinesi? Eichmann come Schindler, cioè un «Giusto»? No, le cose non stanno certo così, e il caso dell’ospedale di Berlino, come altri simili per lo più finiti drammaticamente, non erano certo casi di salvataggio. Gli ebrei «privilegiati» dell’ospedale berlinese, alcuni coniugi di matrimoni misti, altri ebrei noti o di famiglie facoltose, scamparono alla morte solo grazie all’arrivo dell’Armata Rossa. Altrimenti, presto o tardi sarebbero stati inviati a raggiungere gli altri ebrei nei campi di sterminio. Le autorità naziste non solo erano al corrente della loro esistenza, ma ne avevano rinviato la deportazione, pensando che per il momento potessero essere più utili da vivi, per esempio servendo da merce di scambio. È successo in altri casi, quello più noto è quello delle trattative – fallite – fra lo stesso Eichmann e l’emissario sionista Rudolf Kastner per scambiare con diecimila camion la vita degli 800.000 ebrei ungheresi in attesa di deportazione. In altri casi, come a Theresienstadt, i nazisti crearono temporaneamente una sorta di campo modello, da mostrare alle ispezioni della Croce Rossa. A Theresienstadt erano rinchiusi artisti e scrittori famosi, la cui sorte avrebbe potuto suscitare proteste a livello internazionale. In quel campo c’erano anche molti bambini, gli stessi che ci hanno lasciato degli straordinari disegni sfuggiti alla distruzione e conservati nel Museo Ebraico di Praga. Tutti finirono deportati nelle camere a gas di Auschwitz. Certo, alcuni degli ebrei dell’ospedale di Berlino furono salvati perché godevano di qualche appoggio nel regime o perché riuscirono a corrompere i nazisti che, nonostante il loro fanatismo, non erano incorruttibili. Ma il caso è lungi dall’essere misterioso come il Sunday Times lo presenta. Nessun ebreo è stato «salvato» da Eichmann. Nessuna rivalutazione, nessuna revisione. E nessuna dietrologia. Solo una prassi comune al regime nazista: ricatti, ebrei usati come ostaggi, necessità di ingannare l’opinione pubblica internazionale, corruzione. Una storia che gli storici hanno già largamente studiato, discusso e raccontato.

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