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Punto fermo di partenza per i negoziati: riconoscimento di Israele
Caro Romano, ho seguito la sua intervista ad 8 e mezzo sulLa 7. Forse lei non è in malafede come ho sempre creduto. Le sue opinioni su Israele e Stati Uniti seguono una scuola di pensiero specifico. Dottrinale, perché lei ne ha sposato ciecamente le teorie, senza approfondire oltre e senza rendersi conto dell’illogicità di alcune sue affermazioni. Quello che sorprende è la maestria, la sua indubbia capacità ad analizzare l’intricato groviglio della politica italiana. Su Israele e Stati Uniti, le basta – come a troppi – limitarsi ad un mero calcolo sulle probabilità. Affermare che gli Stati Uniti sono portatori di crisi internazionali, sinceramente, ribalta ogni realtà e lo trovo riduttivo e limitato. L’Europa è responsabile dei più ampi disastri di cui ancora scontiamo le cause e, oltre al nazifascismo, intendo proprio le conseguenze del famigerato Trattato di Versailles. Inoltre, e non sono la sola, sarò sempre grata agli Stati Uniti per averci liberato dal nazismo ed offerto ogni opportunità per risollevarci. La gratitudine deve essere imperitura, altrimenti si tratta solo di opportunismo. E se questo principio viene messo in causa, anzi, delegittimato, non ci si sorprende che ogni impegno europeo venga disatteso nel cinico opportunismo del “giorno per giorno”. Mi ha colpita, sconcertata, che secondo lei – e questo conferma che si tratti di una scuola di pensiero – il negoziato di pace tra arabi ed israeliani verterebbe sul riconoscimento di Israele! ?! Ma lei negozierebbe per il suo paese con chi non riconoscesse l’Italia? A che pro? Il riconoscimento di Israele è il punto fermo da cui parte qualsiasi negoziato. Mi sembra davvero assurdo che lei abbia fatto una simile affermazione, contraria ad ogni logica ed etica. Gli arabi devono riconoscere Israele, il suo diritto ad esistere, riconoscere gli accordi precedenti, e su questa sostanziale base, partono i negoziati. La pace che, concretamente, significa collaborazione economica, regionale, ecc. ecc., in cui – tecnologicamente e scientificamente – Israele ha molto più da offrire di quanto possa mai ricevere. Ma basterebbe ad Israele non dover più vivere in uno stato d’assedio continuato. Hamas - che ribadisce in più punti della sua Carta la distruzione di Israele e l’annientamento degli Ebrei, mettendo in pratica attentati e quotidiani lanci di razzi sul territorio israeliano - le sembra un interlocutore valido? E di grazia, quali sarebbero le colombe? Lei non ricordava neppure il nome dell’allora Primo Ministro dell’AP, Haniyeh, ma solo di Mahmoud Abbas. Cordialmente, Danielle Sussmann |
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