Da LIBERO del 14 marzo 2008:
«La direzione della Fiera del Libro ha un'ultima possibilità di evitare tensioni, polemiche e strumentalizzazioni che condizioneranno pesantemente un evento culturale come quello di maggio a Torino». Firmato: Gianni Vattimo, Giulietto Chiesa, Marco Rizzo e un cospicuo numero di professori universitari (Domenico Losurdo, ad esempio), sindacalisti (Giorgio Cremaschi), deputati (Salvatore Cannavò, Sinistra critica) e senatori (Fosco Giannini, Sinistra arcobaleno). In tutto una quarantina di nomi, alcuni stranieri (ci sono adesioni da Messico, Cuba, Spagna, Brasile e altri Paesi). Viene da chiedere: scusate, in che senso? Cosa significa «ultima possibilità»? Quali «tensioni»? Chi «strumentalizza»? E che «condizionamenti» potrebbero «pesare» sul normale svolgimento della Fiera del Libro di Torino (8-12 maggio)? Come mai il proclama appare sul sito estremista di ForumPalestina? Non sarà per caso una minaccia neanche troppo velata? La frase che abbiamo riportato conclude l'ennesimo appello contro la manifestazione letteraria colpevole (si fa per dire) di aver voluto Israele come Paese ospite d'onore. I sottoscrittori chiedono alla direzione della kermesse di «revocare» questa decisione e di dedicare l'edi zione 2008 «alla pace, cioè ad un "Paese morale" coniugabile e comprensibile in molte lingue». Poi negano di voler «imbavagliare la cultura» o «mettere a tacere la letteratura». «Nulla di più falso», proclamano indignati. Anzi, i veri alfieri delle lettere sarebbero loro, perché si oppongono proprio al «tentativo di utilizzare la cultura come forma di legittimazione della politica di uno Stato» e non accettano «la forzatura» di aver «occultato la Palestina e il dramma del popolo palestinese». Inoltre, rivendicano a gran voce la paternità dell'idea del boicottaggio. Scrittori e Paesi arabi non hanno fatto altro che seguire la «spinta dal basso della società civile italiana». Un primato che la «società civile», a nostro avviso, non si merita. Chiediamo lumi a Gianni Vattimo, primo firmatario dell'appello, tanto per essere sicuri di non avere frainteso. Cosa potrebbe succedere in quei giorni di maggio a Torino se questa «ultima possibilità» non fosse sfruttata? Il filosofo del pensiero debole spiega: «Se non avremo una risposta positiva, è inevitabile che ci saranno delle tensioni. Ovviamente, niente di violento». Ovviamente, quindi? «Beh, potremmo organizzare manifestazioni fuori dal Lingotto con cartelli come "Via Israele dalle terre palestinesi", oppure "Non in mio nome", per ribadire la nostra contrarietà a celebrare uno Stato che continua a bombardare Gaza. Diremo che è una vergogna, eserciteremo il boicottaggio come mezzo democratico di dissenso». Vedremo. Il testo dell'appello però è chiaramente un modo irresponsabile di gettare benzina sul fuoco e offre una sponda a chi, invece di fare il pensatore-sandwich pro Palestina, preferisce maniere più spicce e violente. E intanto a Parigi...
Ieri a Parigi si è svolta la cerimonia d'inaugurazione del Salone del libro (oggi l'apertura al pubblico) alla presenza del presidente israeliano Shimon Peres. L'evento è al centro delle stesse proteste viste in Italia. Anche in Francia, infatti, il Paese ospite d'onore è Israele. E anche Oltralpe da più parti si è invocato il boicottaggio subito accolto da molti Stati arabi. Commento di Peres nei giorni passati: «È la cosa più stupida che abbia mai visto». Ieri ha invece parlato come un capo di Stato: «Chi vuole bruciare i libri si condanna a perdere la libertà». E ha anche aggiunto una considerazione politica: «Una lingua non ha frontiere, ma uno Stato le possiede e le deve difendere». Guardando all'esempio parigino, rimane da notare la diversa reazione delle istituzioni francesi rispetto alle nostre. In Italia, poche e tardive prese di posizione. A Parigi è intervenuto prima il ministero degli Esteri poi direttamente l'Eliseo. Il portavoce di Nicolas Sarkozy, David Martinon, ieri ha dichiarato senza mezzi termini: «Niente polemiche al Salone. È veramente un cattivo metodo quello di boicottare un luogo di cultura, di incontro internazionale».
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