|
|
||
Ci fosse stato nel 1902, Massimo D’Alema avrebbe potuto fornire buoni suggerimenti a Lenin prima che questi desse alle stampe il suo "Che fare?". E quanto meno, se non fosse stato in tempo a fermare la stampa, avrebbe potuto fornire la risposta.
Che fare? Ma trattare, è logico. Comunque, dovunque, con chiunque. E’ l’uovo di Colombo, cioè di D’Alema. Trattare, sempre e solo trattare. Questo in sostanza il prezioso suggerimento dell’ex ministro degli Esteri a Israele dopo la strage di giovanissimi studenti ebrei di Gerusalemme. Che fare dunque? Ma si capisce, trattare con Hamas. A questa conclusione porta, bisogna dirlo, la presentazione da parte di molti media dei fatti, fornendo al terrorista qualche surrettizia attenuante. La prima è stata quella di presentare gli otto ragazzi uccisi come ultra-ortodossi. Passando disinvoltamente oltre al fatto che ammazzare ultra-ortodossi non è comunque commendevole, la definizione (tra l’altro inesatta perché si trattava di una scuola religiosa e non "ultra") questa definizione tende a tracciare un parallelo tra "estremisti" ebrei ed estremisti islamici evitando di informare che tra i primi non si contano autori di stragi, almeno tra i minorenni assassinati nella yeshivà di Gerusalemme, tra i secondi invece, gli assassini-suicidi o assassini semplici, sono plotoni. Il suggerimento subliminale è poi una sorta di equiparazione tra la strage e la reazione israeliana al continuo lancio di razzi che da Gaza raggiungono centri abitati israeliani. Ne discende – ed è questa un’altra "attenuante" – che essendo un "colono" lo sparatore israeliano che uccideva il terrorista e metteva fine alla strage, in un certo senso è quasi alla pari con lo stragista. Ma l’israeliano che ha fermato il terrorista non era affatto un "colono", espressione che da innocua è via via diventata sinonimo di efferatezza. Per "coloni", va ricordato, s’intendono gli ebrei che si sono insediati in Cisgiordania. Che questi coloni (che non sono peraltro i thug dell’estremismo islamico) debbano o non debbano andarsene, è questione politica, non penale. Sottoposta la notizia della strage di Gerusalemme a tale procedimento cosmetico, la conclusione sul "che fare" la traeva prontamente D’Alema: "Trattare con Hamas", che gli considera evidentemente controparte naturale e legittima (e forse anche vittima) d’Israele. Ma se Hamas non riconosce nemmeno l’esistenza dello Stato ebraico? Se, proprio come Hitler nel suo Mein Kampf, Hamas si propone l’obiettivo di cancellare quello Stato dalla faccia della terra, cosa c’è da trattare? A Israele cosa resta da proporre? D’Alema dovrebbe spiegarlo. E spiegare pure i grandi festeggiamenti che a Gaza hanno salutato l’assassinio degli otto ragazzi israeliani, colpevoli di studiare per diventare rabbini. |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |