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Informazione Corretta Rassegna Stampa
10.03.2008 L’uovo di Colombo di D'Alema e i sondaggi del Corriere
due articoli di Luciano Tas

Testata: Informazione Corretta
Data: 10 marzo 2008
Pagina: 1
Autore: Luciano Tas
Titolo: «Per il "Che fare?" c’è l’uovo di D’Alema - Sondaggi»

Per il "Che fare?" c’è l’uovo di D’Alema

Ci fosse stato nel 1902, Massimo D’Alema avrebbe potuto fornire buoni suggerimenti a Lenin prima che questi desse alle stampe il suo "Che fare?". E quanto meno, se non fosse stato in tempo a fermare la stampa, avrebbe potuto fornire la risposta.

Che fare? Ma trattare, è logico. Comunque, dovunque, con chiunque. E’ l’uovo di Colombo, cioè di D’Alema. Trattare, sempre e solo trattare.

Questo in sostanza il prezioso suggerimento dell’ex ministro degli Esteri a Israele dopo la strage di giovanissimi studenti ebrei di Gerusalemme.

Che fare dunque? Ma si capisce, trattare con Hamas.

A questa conclusione porta, bisogna dirlo, la presentazione da parte di molti media dei fatti, fornendo al terrorista qualche surrettizia attenuante. La prima è stata quella di presentare gli otto ragazzi uccisi come ultra-ortodossi. Passando disinvoltamente oltre al fatto che ammazzare ultra-ortodossi non è comunque commendevole, la definizione (tra l’altro inesatta perché si trattava di una scuola religiosa e non "ultra") questa definizione tende a tracciare un parallelo tra "estremisti" ebrei ed estremisti islamici evitando di informare che tra i primi non si contano autori di stragi, almeno tra i minorenni assassinati nella yeshivà di Gerusalemme, tra i secondi invece, gli assassini-suicidi o assassini semplici, sono plotoni.

Il suggerimento subliminale è poi una sorta di equiparazione tra la strage e la reazione israeliana al continuo lancio di razzi che da Gaza raggiungono centri abitati israeliani.

Ne discende – ed è questa un’altra "attenuante" – che essendo un "colono" lo sparatore israeliano che uccideva il terrorista e metteva fine alla strage, in un certo senso è quasi alla pari con lo stragista. Ma l’israeliano che ha fermato il terrorista non era affatto un "colono", espressione che da innocua è via via diventata sinonimo di efferatezza. Per "coloni", va ricordato, s’intendono gli ebrei che si sono insediati in Cisgiordania. Che questi coloni (che non sono peraltro i thug dell’estremismo islamico) debbano o non debbano andarsene, è questione politica, non penale.

Sottoposta la notizia della strage di Gerusalemme a tale procedimento cosmetico, la conclusione sul "che fare" la traeva prontamente D’Alema:

"Trattare con Hamas", che gli considera evidentemente controparte naturale e legittima (e forse anche vittima) d’Israele.

Ma se Hamas non riconosce nemmeno l’esistenza dello Stato ebraico? Se, proprio come Hitler nel suo Mein Kampf, Hamas si propone l’obiettivo di cancellare quello Stato dalla faccia della terra, cosa c’è da trattare? A Israele cosa resta da proporre? D’Alema dovrebbe spiegarlo. E spiegare pure i grandi festeggiamenti che a Gaza hanno salutato l’assassinio degli otto ragazzi israeliani, colpevoli di studiare per diventare rabbini.

Sondaggi

Il Corriere della Sera del 5 marzo pubblicava il risultato di un sondaggio (peraltro senza valore scientifico, come avvertiva correttamente il quotidiano) effettuato il giorno precedente.

La domanda rivolta ai lettori era questa: "E’ giusto boicottare la Fiera del Libro di Torino dedicata a Israele?". Per il 78.8% la risposta è stata "No", ma il 21.2% riteneva invece che, sì, il boicottaggio sarebbe stato giusto.

A prima vista si direbbe che una così ampia maggioranza di persone contrarie a ogni idea di boicottaggio nei confronti di una manifestazione culturale dedicata ai libri potrebbe considerarsi confortante.

Però il boicottaggio di libri e di scrittori rimanda alla memoria non solo i roghi di libri nella Germania nazista, ma anche i provvedimenti dell’Italia fascista che, senza bruciarli, si limitava a togliere dalla circolazione le opere degli scrittori ebrei, dalla saggistica alla narrativa e perfino ai fumetti, come quelli importati dall’editore Nerbini dagli Stati Uniti.

Perché nulla doveva restare di produzione infetta, cioè ebraica.

Ecco allora che in questa luce il conforto cala un po’ e l’attenzione tende a indirizzarsi non su quel 78,8% di "No", ma con preoccupazione su quel 21,2% di "Sì". Ci sarebbero dunque anche tra i lettori del Corsera (presumibilmente non proprio di tendenze estremiste) più di venti nostalgici su cento?

In genere i periodici rilevamenti statistici (quelli attendibili) fissano in un dieci per cento gli antisemiti (e i razzisti) dichiarati e occulti. Qui saremmo al doppio se l’annunciata inattendibilità del sondaggio non ci restituisse a più tranquillizzanti sogni.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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