Da PANORAMA della settimana dal 7 al 13 marzo 2008:
Gran confusione nel mondo del terrorismo: i suoi abitanti si scontrano sullo sfondo di un Iran che seguita a volere la bomba atomica, fra l’angoscia del mondo arabo e la potente crisi israelo-palestinese. Tutti i sintomi della crisi interna li troviamo guardando le complicate dinamiche dell’assassinio di Imad Mughnye il 12 febbraio. C’è chi suggerisce che il Mossad non c’entri nulla e che l’uccisione di Mughnye sia il risultato di uno scontro interno agli hezbollah: il fronte siriano amico di Hassan Nasrallah e quello iraniano che sosteneva il vecchio leader. Il quale sarebbe stato ritenuto in Iran un pessimo manager dei milioni investiti dal presidente Mahmoud Ahmadinejad. Contrariamente alla «vittoria divina» autoproclamata da Nasrallah, il basso numero di morti israeliani e il disastro portato al Libano sarebbero stati giudicati risultato dell’improvvida decisione di rapire i due militari israeliani Goldwasser e Regev.
Si può tuttavia supporre che il Mossad abbia giocato la sua parte sfruttando gli scontri interni. Il terrorista più ricercato (in 54 stati) dopo Osama Bin Laden sarebbe stato venduto al Mossad da alcuni palestinesi, sostiene l’agenzia Debka, senza che essi ne conoscessero l’identità. Secondo fonti dell’antiterrorismo israeliano, questi segnalarono un potente personaggio incontrato a Damasco: gestiva fondi ed elaborava programmi terroristici molto ambiziosi. Il suo nome, si riportò, era Hajj Radwan. Ma i suoi programmi somigliavano a quelli formulati da Mughnye fin dagli anni 80 e 90, quando sterminò 300 soldati delle forze di pace americane e francesi a Beirut, uccise 63 civili nell’esplosione dell’ambasciata americana, sequestrò aeroplani americani e kuwaitiani, fece a pezzi 86 civili nel centro ebraico comunitario in Argentina e pianificò la nuova strategia balistica di Hezbollah.
Ultimamente Mughnye aveva 25 milioni di dollari di taglia sulla testa e un’abitudine: non accettare con sé alcuna guardia del corpo. Così il lupo solitario sembra sia stato identificato proprio per la solitudine in contrasto con la palese importanza. Gli hezbollah dicono che il Mossad ha agito come con i tre leader eliminati nel 1999, 2003 e 2004. Tutti e tre lavoravano con i palestinesi ad attentati antisraeliani.
Però gli stessi siriani che indagano su Mughnye hanno dichiarato che svariate nazioni arabe avrebbero collaborato con gli israeliani. E agli iraniani che chiedono di partecipare alle indagini Damasco ha opposto un secco no.
La moglie di Mughnye ha commentato senza ombra di dubbio: «I traditori siriani sono responsabili per la sua morte». E il giornale kuwaitiano Al-Seyassah dice che gli hezbollah impediscono che la Siria interroghi tre dei loro. Questo sembrerebbe indicare, se è vero quel che lo stesso giornale afferma, ovvero che l’Iran sosteneva Mughnye contro Nasrallah, che lo stesso «asse del male» è incrinato.
Di fatto si sente un gran mugugno nel mondo arabo di fronte alla costruzione dell’arma nucleare iraniana. Sami Alfaraj, presidente del Centro kuwaitiano di studi strategici, l’ha detto papale papale: quando succederà, i paesi del Golfo si rivolgeranno a Israele così come agli Usa e al Pakistan per garantire la propria sicurezza.
Chi ha assassinato Mughnye, scrive il giornale Al Jarida, sapeva bene di colpire il personaggio che garantiva all’Iran più di qualsiasi altro il legame con i suoi amici in tutto il mondo.
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