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La Repubblica Rassegna Stampa
09.03.2008 Moschee d´Italia, la mappa del rischio
Il quotidiano diretto da Ezio Mauro si sveglia

Testata: La Repubblica
Data: 09 marzo 2008
Pagina: 20
Autore: Vladimiro Polchi
Titolo: «Moschee d´Italia, la mappa del rischio»

"Moschee d'Italia, la mappa del rischio", titola REPUBBLICA di oggi, 09/03/2008, a pag. 20 un articolo di Vladimiro Polchi. Alla buon ora, meglio tardi che mai ! Ci auguriamo che il quotidiano romano tenga bene a mente l'articolo in questione, non scritto da Magdi Allam, quando d'ora in avanti affronterà il problema deo legami con il terrorismo nel nostro paese.

Moschee d´Italia, la mappa del rischio

 
Tra predicatori d´odio e pacifici fedeli: ecco il dossier segreto della polizia
 
 
 
Persone indagate, e discorsi estremisti ma la maggioranza è moderata
Annotati nomi, cognomi, nazionalità dei più assidui frequentatori
 
VLADIMIRO POLCHI

ROMA - Predicatori d´odio, associazioni integraliste, finanziatori esteri, pacifici imam e semplici fedeli. Chi si nasconde dietro le moschee d´Italia? Un rapporto riservato del ministero dell´Interno, datato aprile 2007, fotografa la complessa galassia islamica italiana: 223 pagine, 156 sale di preghiere controllate, migliaia di "responsabili", "guide spirituali", "imam", "collaboratori" e "frequentatori" schedati. Una sorta di "chi è chi" dei musulmani italiani. Ma anche una mappa del rischio, un elenco di luoghi e nomi più vicini all´estremismo.
Il dossier segreto della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione descrive 156 moschee, distribuite in tutte le regioni italiane e suddivise in "aree d´appartenenza": sciita, sunnita e wahabita. Una fotografia dettagliata, ma parziale, dell´islam italiano, forte di 735 luoghi di culto (censiti nell´ultima Relazione semestrale dei servizi segreti al Parlamento) e oltre un milione e 200mila fedeli.
Di tutte le moschee controllate, gli uomini del Viminale hanno trascritto nome, anno di nascita, nazionalità, professione ed eventuali precedenti penali dei più assidui frequentatori. Oltre a fonte ed entità dei finanziamenti ricevuti. Cosa emerge? Innanzitutto, la segnalazione di alcuni sodalizi a rischio. A cominciare proprio dal Centro islamico culturale d´Italia, con sede nella Grande moschea di Roma: «Il centro - si legge nel rapporto - rappresenta un rischio di sicurezza potenziale ed è diventato un´agenzia della Lega Musulmana Mondiale, che non sembra più intenzionata ad agire nell´interesse delle comunità islamiche residenti nei Paesi occidentali, né in quello degli Stati ospitanti». E ancora: «Tale circostanza presenta aspetti di non sottovalutabile pericolosità, attesa la possibile contiguità degli aderenti alla Lega con l´area dell´estremismo mediorientale». La moschea di Villabate (Palermo), invece, «è stata individuata quale "Jamaat Eddawa", comunità per la propaganda islamica, e alcuni esponenti sono attestati su posizioni integraliste e hanno instaurato contatti con altre associazioni per la diffusione del radicalismo islamico». In Toscana, alcuni frequentatori della moschea di Albiano Magra sono stati indagati (nel 2004) «per aver veicolato attraverso la sala di preghiera principi e proclami di sostegno alla Jihad, fomentando l´odio contro gli ebrei e gli Usa». In provincia di Varese, nella moschea di Gallarate «in data 24 giugno 2003 l´imam del sodalizio, unitamente ad altri cinque stranieri, è stato tratto in arresto, poiché secondo la procura di Milano sarebbe stato uno dei "procacciatori di clandestini da regolarizzare", dietro pagamento di denaro che sarebbe servito per finanziare la causa del fondamentalismo islamico». Su «posizioni d´intransigenza ideologica» sarebbe «fermamente attestata» anche la comunità islamica di via Quaranta a Milano. A Genova, in relazione al centro culturale islamico di via Venezia, «le indagini hanno consentito di accertare che i responsabili del sodalizio hanno espresso forti convinzioni ideologiche antioccidentali, schierandosi in favore di Hamas». A Bologna, nella moschea di via Pallavicini, «pur non riscontrandosi la presenza di elementi estremisti, rimane motivo di perplessità la presenza di esponenti del gruppo "Fratelli musulmani». Infine a Napoli, nella moschea di corso Lucci, «il 23 marzo 2001, al termine della consueta preghiera del venerdì, avrebbe preso la parola Q. A. I (segnalato come "frequentatore", ndr), il quale rivolgendosi ai presenti avrebbe definito gli uomini politici italiani "bugiardi, buffoni e miscredenti". Nella medesima circostanza sarebbe intervenuto anche B. S. (altro "frequentatore", ndr) il quale avrebbe esaltato la "Jihad da condurre con ogni mezzo contro i nemici dell´islam, anche quelli non americani o ebrei"».
Accanto a questa mappa del rischio fondamentalista, il lungo rapporto del Viminale testimonia anche dell´assoluto carattere pacifico della maggioranza delle moschee italiane. Come dimostra il responsabile della moschea Al Takwa di Firenze, «attestato su posizioni moderate, che ha avuto modo di esplicare dopo l´attentato dell´11 settembre, prendendo pubblicamente posizione contro le azioni terroristiche e l´uso strumentale dei fedeli musulmani».
Non solo. Il rapporto denuncia anche i tanti casi in cui sono i fedeli musulmani le vittime delle violenze razziste. Come nel caso della moschea della Misericordia di Savona: «In data 9 aprile 2004 ignoti hanno scritto sul portone d´ingresso, con vernice spray nera, alcune parole di tenore razzista. E´ stata anche rinvenuta una scritta sulla quale effigiava una svastica rotante in senso orario». E ancora: nella moschea sunnita di via Cassanese a Segrate (Milano), «in data 24 gennaio 2004 sono stati infranti i vetri della porta d´ingresso mediante il lancio di un sasso scagliato da ignoti a bordo di un´autovettura».

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