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Una lettera inviata al Manifesto 08/03/2008

Questa mail è stata inviata al Manifesto da un nostro lettore dopo la lettura della nostra critica al pezzo di Calchi Novati sul giornale comunista di ieri.

La lettura del suo articolo sul Manifesto mi spinge a scriverle queste mie osservazioni.

Lei inizia col parlare di un secolo di antagonismo di Israele col mondo arabo. E già  qui lei dimentica la storia, e, in particolare, quegli accordi del 3 gennaio 1919 fra Feisal e Weizmann in base ai quali 
venivano fissati tutti i punti di quegli accordi che, poi, una politica scellerata degli inglesi avrebbe fatto fallire. In particolare si fissavano approssimativamente quei confini dei due stati che avrebbero 
dovuto coesistere. E questi accordi contraddicono vari suoi errori, come quando lei parla degli "ebrei che si sono impossessati di uno spazio materiale e immateriale", o come quando lei fa iniziare 
il "dramma"  dalla dichiarazione Balfour, che è precedente agli accordi stessi. Basta andare a leggere i documenti, dove Feisal recepiva la dichiarazione Balfour!
E sempre dalla lettura di quegli accordi, che lei o non conosce, o volutamente dimentica, appare del tutto evidente che furono proprio gli arabi stessi a volere quello che lei chiama con disprezzo
"corpo estraneo", e lo volevano proprio per, come lei stesso dice, "avvantaggiarsi" delle conoscenze degli ebrei. E questo senza considerare quelli che erano già su quel territorio.
Lei poi parla dei palestinesi "costretti a lasciare i campi"; ma dovrebbe sapere che gli ebrei fecero perfino distribuire volantini fra la popolazione araba per convincerla a non partire ed eventualmente
a tornare, come è testimoniato anche dalle dichiarazioni della polizia inglese. Ma, come lei ben sa, le pressioni perché i palestinesi partissero arrivarono proprio dalle potenze arabe, come infinite 
testimonianze possono dimostrare. E le ragioni di ciò sono del tutto evidenti, se si considerano i regimi di tutti quei paesi arabi spaventati dalla nascita di un paese socialista e democratico.
Lei poi parla di una "segregazione" imposta ai cittadini di Gaza dopo la forzata uscita degli ebrei; ma come potrebbe altrimenti  Israele difendersi dai kamikaze che entrano nei suoi territori se non
sigillando le frontiere? E conosce forse un altro paese che, pur in stato di guerra, fornisce tuttavia al proprio nemico perfino la maggior parte dell'elettricità? Come mai Gaza non se la fa fornire dall'amico 
Egitto? D'altro canto, in un semplice parallelismo, mi viene naturale farle osservare che la da lei mai criticata Siria ha rifiutato il passaggio di una pipeline che avrebbe potuto far arrivare dal territorio 
turco acqua  ad Israele e ai palestinesi. Due pesi e due misure?
Quando parla dell'occupazione che "dura dal 67", dimentica di nuovo di dire che l'Egitto, con il semplice riconoscimento dello stato di Israele, ha riottenuto tutti i territori perduti in guerra, e proprio da
quel Begin da lei ignobilmente accostato, a suo tempo, a Hitler, dimenticando quali erano, e sono tuttora, secondo le loro stesse parole, i veri seguaci ed amici di Hitler. E fu la Giordania, col trattato di
pace, a non voler più gestire quella popolazione palestinese, fuori dai suoi confini precedenti al 48 quando li aveva occupati con azioni di guerra.
Negli ultimi "70 anni non trova un filo rosso volto all'inclusione", scrive poi. E con tali premesse come fa a proporre uno stato unico per quei due popoli? Dove è la sua coerenza?
E chiudo dicendole che, visto che lei si chiede "da quando si fa partire la spirale delle violenze", che, se lei si informasse, dovrebbe sapere che, se Hamas la smettesse col lancio dei missili sulle città 
israeliane, Israele ha ufficialmente dichiarato che non avrebbe ragione di rientrare coi suoi uomini nella striscia di Gaza. Ma il guaio vero è che, con Hamas, perfino Abu Mazen ha ripetutamente 
dichiarato che non si può proprio discutere. Ma questo a lei, signor Calchi Novati, non fa comodo scriverlo
 
lettera firmata

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