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Sonderkommando Auschwitz Shlomo Venezia
Rizzoli Euro 17,50
“Noi, nel Sonderkommando, abbiamo probabilmente avuto delle condizioni di sopravvivenza quotidiana migliori, abbiamo avuto meno freddo, più da mangiare, ma abbiamo visto il peggio. Ci eravamo dentro tutto il giorno….eravamo nel cuore dell’inferno”.
E’ l’inferno di Auschwitz-Birkenau, il campo di sterminio dove Shlomo Venezia ebreo italiano, arrestato ad Atene verso la fine di marzo del 1944 fu deportato e assegnato all’unità detta Sonderkommando.
Il Sonderkommando, la squadra speciale di detenuti ebrei obbligati a lavorare nelle camere a gas e nei crematori di Auschwitz, ha in questo ebreo nato a Salonicco nel 1923 uno fra i testimoni più incisivi.
Il libro che nasce da una lunga intervista di Béatrice Prasquier a Shlomo Venezia, pubblicata per la prima volta in Francia nel gennaio 2007, rappresenta un documento eccezionale che racconta il cuore della terribile esperienza dello sterminio degli ebrei all’interno dei lager nazisti, destinati a distruggere l’intero popolo ebraico dell’Europa.
Dopo quarantasette anni dalla liberazione, Shlomo diventa un testimone; nel 1992 si reca per la prima volta ad Auschwitz dalla fine della guerra, poi negli anni successivi vi ritornerà accompagnando le scuole. La sua è una testimonianza preziosa per le nuove generazioni, una denuncia degli orrori della guerra oltre che un grido di speranza affinchè una simile infamia non abbia più a ripetersi.
Ma scegliere di raccontare si rivela una prova dura, una sfida dolorosa “testimoniare rappresenta un enorme sacrificio, riporta in vita una sofferenza lancinante che non mi lascia mai….appena provo un po’ di gioia, qualche cosa mi si blocca dentro; la chiamano la malattia dei sopravvissuti”.
Sono pagine laceranti, dinanzi alle quale a volte è necessario interrompere la lettura, quelle che raccontano la ferocia dei nazisti che non si ferma neppure davanti ad una neonata di tre mesi trovata miracolosamente in vita nella camera a gas e uccisa subito dopo con un colpo di pistola, la sveglia dei detenuti la mattina presto con “urla e botte” per farli uscire più in fretta dalle baracche, gli appelli estenuanti al gelo e alla pioggia, la quotidiana lotta per la sopravvivenza dove anche i più elementari sentimenti di solidarietà sembrano banditi.
E’ con estrema precisione non disgiunta da un’intima compassione che Shlomo racconta lo “sporco lavoro” che i membri del Sonderkommando sono costretti a svolgere con la consapevolezza che, presto, anche loro sarebbero stati condotti a morire: accompagnare i deportati appena scesi dai treni alle camere a gas, aiutarli a svestirsi, tagliare i capelli ai cadaveri, estrarre i denti d’oro, occuparsi di trasportare nei forni i corpi delle vittime.
I disegni, contenuti nel libro, di David Olère, pittore nella Parigi degli anni Trenta e deportato da Drancy ad Auschwitz nel 1943, illustrano con intensità ed efficacia l’orrore indicibile vissuto quotidianamente dagli ebrei nei campi di sterminio.
L’obiettivo dei nazisti di distruggere i prigionieri sia nel corpo, sia nello spirito, di privarli della loro identità, di trasformarli in non-uomini non è riuscito con Shlomo Venezia.
Seppur segnato in modo indelebile da questa esperienza “Shlomo ha saputo uscire da questo incubo trasformando il suo dolore in una forza che ci trasmette affinchè noi possiamo difendere quell’innocenza e quella normalità che gli sono state strappate. La trasmette a noi ogni volta che, come con questo libro, ripercorre il suo cammino tra i campi di sangue” (W.V.)
Giorgia Greco |
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