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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.03.2008 Il fallimento del multiculturalismo
nell'analisi di Gilles Keppel

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 marzo 2008
Pagina: 49
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: ««Integrazione, l'Olanda ha fallito»»
Dal CORRIERE della SERA  del 5 marzo 2008 un articolo sul libro "Terreur et Martyre: Relever le défi de civilisation" di Gilles Keppel sul fallimento del modello multiculturale.
Il giudizio dell'islamologo sul modello francese sembra però meno lucido di quello sulle politiche dei paesi "nordici" come l'Olanda e la Gran Bretagna. Neanche in Francia, infatti, sono stati affrontati nodi fondamentali: la lotta al fondamentalismo, all'antisemitismo, alla violazione dei diritti delle donne, all'esclusione sociale.
Ecco il testo

PARIGI — Meglio una struttura composita, che per esser sostenuta abbia bisogno di numerosi pilastri, oppure una struttura costruita in modo più omogeneo? Gilles Kepel utilizza la metafora olandese degli zuilien, i «pilastri» come li chiamano ad Amsterdam, per raccontare la compartimentazione delle diverse comunità di immigrati. E non ha esitazioni sulla sua scelta di campo in quello che definisce «lo scontro epocale tra multiculturalismo e integrazione, nell'era delle sfide fondamentaliste delle nuove componenti islamiche del mondo occidentale». Posto di fronte all'alternativa tra il clima culturale che ha portato all'assassinio di Theo van Gogh — oltre «all'inevitabile nuova ondata di violenze » che a suo parere seguirà alla diffusione del cortometraggio sul Corano del leader populista olandese Geert Wilders — e le tensioni continue nelle banlieue parigine, Kepel si schiera decisamente con il modello francese.
Il suo nuovo libro, Terreur et Martyre: Relever le défi de civilisation (traducibile con: Terrore e Martirio. Sostituire lo scontro di civiltà) edito da Flammarion è in effetti un'ode lunga oltre 360 pagine alla laicità nata dall'Illuminismo europeo e venerata come una fede dall'intellighenzia francese, della quale lui è tra i più noti rappresentanti dalla fine degli anni Ottanta, quando si fece conoscere per gli studi sulle origini dei nuovi movimenti islamici radicali. «Nelle
banlieue i moti di protesta, cresciuti dal 2005, ma con radici molto più lontane, non hanno mai mirato alla creazione di un islamistan locale. Tutt'altro, le bande di giovani violenti, pur sradicati, pur decisi ad attaccare i simboli dello Stato, chiedono maggiori opportunità, benessere, vogliono i vantaggi dell'integrazione sociale, non esaltano la loro alterità. E neppure si aggregano per gruppi etnici, non sono arabi contro africani, come avviene invece negli Stati Uniti». Lo incontriamo nel suo ufficio all'Istituto di Studi Politici di Parigi, dove ha la cattedra sul Medio Oriente Mediterraneo. Su una grande mappa geografica appesa al muro indica la sua concezione di Europa allargata dal Mar Baltico verso sud-est, sino al Golfo Persico. Un'Europa che si apre alla sponda meridionale, guarda all'Islam ma non ne ha paura, forte della sua capacità di integrarlo senza rimanerne vittima. «Noi europei e medio-orientali siamo schiacciati tra il martello americano e l'incudine asiatica. Per uscire da questa morsa dobbiamo sapere amalgamare la tecnica e la capacità di inventiva europea alle risorse energetiche e alla mano d'opera a basso prezzo delle regioni mediorientali. La nostra debolezza potrebbe diventare in realtà un punto di forza per superare i due grandi fallimenti degli ultimi anni: l'evidente sconfitta del governo Bush nella guerra al terrorismo, specie in Iraq e Afghanistan, ma anche quella dei terroristi di Al Qaeda, la cui ideologia appare incapace di rinnovarsi».
Punta di diamante di questo progetto non sono dunque le diplomazie, non i rapporti tra gli Stati, bensì i luoghi dove si elaborano i rapporti quotidiani tra le componenti della società europea: scuole, tribunali, parlamento, mass media, commissariati, dibattiti tra intellettuali. A questo proposito, Kepel guarda con sospetto alle «ambiguità» di Tariq Ramadan: «Un attivista politico, non è il solo, che si è dato una patina di accademico davvero immeritata. Mi sembra paradossale che l'università Erasmus di Rotterdam gli abbia accordato una cattedra». E nel libro ribadisce più volte il «ruolo deleterio» della tv satellitare araba Al Jazeera come cassa di risonanza consapevole dei comunicati sanguinari di Al Qaeda.
Ma è proprio la tradizione laica europea, l'eredità medioevale della concezione gelasiana «delle due spade», della consolidata separazione tra Chiesa a Stato, che rappresenta il viatico della convivenza. Non il discorso del Papa il 12 settembre 2006 a Ratisbona, non la risposta di mobilitazione cristiana all'aggressione terroristica di Osama Bin Laden e Ayman al-Zawahiri. Non la guerra tra croce e mezzaluna. Bensì la flessibilità disincantata della legislazione europea, che potrebbe per esempio riconoscere i figli di diverse mogli di uno stesso uomo, senza per questo legittimare la poligamia. Kepel non apprezza le recenti aperture dell'arcivescovo di Canterbury alla legge islamica. «Fanno parte del modello multiculturale nordico, per altro obsoleto, superato dai fatti, fallito con gli attentati di Londra, nelle manifestazioni contro le vignette danesi da due anni a questa parte, annegato in Olanda anche con il ritiro della cittadinanza alla deputata di origine somala Ayaan Hirsi Ali (che presto potrebbe ricevere quella francese) e ora con la questione del film sul Corano». A suo dire proprio nella sua terra natale il multiculturalismo ha trovato la tomba: «Gli olandesi si illudevano che il rispetto totale dell'autonomia delle diverse comunità di immigrati fosse il garante della convivenza. Mettevano la separatezza degli zuilien alle fondamenta della loro fabbrica sociale. Ma si sono risvegliati con il nemico straniero in casa».

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