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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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La Repubblica Rassegna Stampa
01.03.2008 Ma la notizia vera è un'altra, non la gaffe del vice ministro
Tentativo di dialogo con Alberto Stabile

Testata: La Repubblica
Data: 01 marzo 2008
Pagina: 21
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «Palestinesi, ancora razzi e sarà la vostra Shoah»

Su REPUBBLICA di oggi, 01/03/2008, Alberto Stabile analizza la situazione della guerra scatenata da Hamas contro Israele. Un articolo sostanzialmente corretto, ma, senza voler insegnare il mestiere a nessuno, ci farebbe piacere se Stabile leggesse l'analisi di Magdi Allam uscita stamattina sul CORRIERE della SERA ( e riproposta su IC). L'analisi di Allam centra quell'aspetto che generalmente i media ignorano o sottovalutano. E' Hamas che aggredisce Israele, è da Gaza che partono i missili Kassam che piovono sulle città israeliane. Case distrutte, gente ferita, terrorizzata. E ogni tanto uccisa. Cosa dovrebbe fare un governo in quelle condizioni ? Eppure sui nostri giornali Hamas e Israele sono equiparati, mai che si scriva che è Israele a subire le aggressioni. Nell'articolo di Stabile, questa equiparazione, anche se in toni sfumati, viene riproposta. C'è la gaffe verbale del vice ministro della difesa israeliano Vilnai, poca cosa, ma amplificata oltre misura, tanto da diventare il titolo dello stesso articolo. Mentre la notiza vera è l'scalation degli attacchi di Hamas, che adesso arrivano a colpire anche Asqelon. Cosa deve fare il governo israeliano ? Certamente non rioccupare Gaza, come molti giornali lasciano intendere, ma qualche azione per far cessare gli attacchi terrostici andrà pur fatta. Ci saranno perdite umane da entrambe le parti, ma i giornali enfatizzeranno quelle civili palestinesi, tacendo il fatto che Hamas ha i suoi centri di lancio dei missili dentro abitazioni civili. Ma del disprezzo della vita dell'islamismo fondamentalista e terrorista importa ben poco ai nostri editorialisti, conta scrivere " uccisi cinque bambini ". Chi ne ha programmato la morte non interessa. Ecco alcune riflessioni che potranno servire ai nostri lettori per scrivere e-mail ai giornali che leggono abitualmente. E' ora di dire basta alle menzogne, occorre dire esattamente come stanno le cose.

Ecco l'articolo:

dal nostro corrispondente
GERUSALEMME - «Quanto più aumenta il fuoco dei Qassam e s´allunga la loro gittata, tanto più (i palestinesi) attireranno su di sé una shoah più grande, perché useremo tutta la nostra forza per difenderci». Ha detto proprio «shoah», il termine ebraico solitamente adoperato in riferimento all´Olocausto, il vice ministro della Difesa, Matan Vilnai, ma la parola, s´è affrettato a precisare il suo portavoce, è stata adoperata nel significato, autorizzato nell´ebraico moderno, di «disastro».
Niente da fare. Per Hamas l´infortunio linguistico rivela la vera identità degli israeliani, definiti di conseguenza «i nuovi nazisti» e così, quello che doveva suonare come un avvertimento s´è trasformato in uno strumento propagandistico nelle mani degli integralisti.
Uno dei generali approdati alla politica dopo aver dimesso la divisa, Matan Vilnai non è noto per essere un grande oratore. Al contrario, sembra sempre un po´ a disagio quando deve prendere la parola in pubblico. In questo caso, anche se intendeva veramente evocare il rischio di una catastrofe e non di uno sterminio, s´è trattato comunque di una scelta infelice, anche perché i palestinesi per «catastrofe» (in arabo, nakba) intendono la guerra del 1948 da cui uscirono sconfitti insieme agli eserciti arabi e alla quale fanno risalire tutte le loro sventure.
La risposta di Hamas a Vilnai è comunque arrivata a stretto giro di posta. «Questa è la prova delle loro intenzioni aggressive nei nostri confronti - ha rilanciato il premier di fatto, Ismail Haniyeh, echeggiando i toni negazionisti di Ahmadinedjad -. Vogliono che il mondo condanni quello che chiamano Olocausto, ma ora ci minacciano con un Olocausto».
Insomma, una guerra di parole a contorno di una guerra ancora per il momento a «bassa intensità», che tuttavia sembra procedere ineluttabilmente verso uno scontro aperto. Ieri, infatti, il ministro della Difesa, Ehud Barak, ha ribadito il concetto secondo cui, di fronte ai continui lanci di razzi da Gaza, adesso capaci di raggiungere la città di Ashkelon a 20 chilometri di distanza, Israele si ritrova a non avere altra scelta che scatenare una grande operazione di terra per cercare di bloccare sul nascere i bombardamenti.
«Una risposta s´impone», ha detto Barak, aggiungendo che «la responsabilità dell´attuale situazione ricade su Hamas e che sarà il movimento islamico a sopportarne le conseguenze». Ma che tipo di risposta?
Su questo punto cruciale, nonostante il consenso quasi generale che bisogna agire (l´ipotesi d´intavolare un negoziato con Hamas viene presa in considerazione soltanto da una minoranza di politici e commentatori) c´è molta incertezza sia nel governo che tra gli alti gradi militari. Si parla insistentemente d´invadere Gaza ma non per rioccupare la Striscia, quanto per mettere sotto controllo le aree da cui vengono lanciati i Kassam. I tempi non sono immediati perché le condizioni atmosferiche per ora non lo consentono. Comunque un´operazione del genere comporterebbe un alto tasso di perdite non solo tra i palestinesi ma anche tra i soldati israeliani.
E questo, oltre al fatto che Hamas ha in mano un ostaggio, il soldato Shalit, sequestrato nel giungo del 2006, sembra trattenere la classe politica e, segnatamente, del primo ministro, Ehud Olmert, che teme il ripetersi di uno scenario come quello del luglio del 2006 al confine con il Libano. Quando, dopo l´ennesima provocazione, il governo scelse di attaccare senza, però, riuscire a conseguire nessuno degli obbiettivi prefissati.
Di contro, Hamas, sembra largamente favorire quest´ipotesi, nella speranza di costringere l´esercito più potente del Medio Oriente a sprofondare nella sabbia di Gaza. Di certo, l´invasione non li spaventa. «Non hanno forse occupato la Striscia per 38 anni - s´è chiesto quasi irridente Haniyeh - ? E cosa hanno ottenuto?».
Anche l´atteggiamento americano sembra ricalcare quello tenuto alla vigilia della seconda guerra del Libano. Condoleezza Rice, che la settimana prossima sarà da queste parti, ha detto d´essere preoccupata per la sorte dei civili palestinesi di Gaza. Ma ha evitato di chiedere ad Israele di contenere il suo strapotere militare.

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