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Il Messaggero - Il Sole 24 Ore - Liberazione - La Repubblica - Avvenire - Il Manifesto - Corriere della Sera - Il Foglio - Liberal Rassegna Stampa
29.02.2008 La guerra di Hamas contro Israele
i giornali dovrebbero scriverne, ma quasi tutti ribaltano la realtà

Testata:Il Messaggero - Il Sole 24 Ore - Liberazione - La Repubblica - Avvenire - Il Manifesto - Corriere della Sera - Il Foglio - Liberal
Autore: Eric Salerno - Roberto Bongiorni - Francesca Maretta - Alberto Stabile - Barbara Uglietti - Michele Giorgio - Davide Frattini - la redazione - Emanuele Ottolenghi
Titolo: «Strage di bambini a Gaza. In fumo il piano di pace - Raid su Gaza, 32 morti in 48 ore - Bambini palestinesi sotto tiro: altri otto uccisi nella Striscia -Bombe su Gaza: 25 uccisi, otto sono bambini - Guerra a Gaza, strage di bambini»

Raid su Gaza, è strage di bambini - Raid israeliani su Gaza Diciotto morti in un giorno - Sderot non è un paese per vecchi -  Che cosa significa rispondere a quattromila missili

Israele si sta difendendo dall'aggressione di Hamas, che è in corso da anni e non è mai cessata.
Innanzitutto, l'informazione dovrebbe raccontare questa aggressione.
Raccontare per esempio la morte di Roni Yihia, 47 anni, padre di 4 bambini, in seguito alle gravissime ferite riportate per un Qassam che si è abbattuto  sul college Sapir.
Raccontare del grave ferimento, avvenuto pochi giorni prima, di un bambino di 10 anni a Sderot. Dell'attentato di grande portata che era in preparazione e che è stato fermato dal raid che ha eliminato cinque terroristi.

Invece, i quotidiani italiani raccontano per lo più una storia completamente diversa. Non la guerra di Hamas contro Israele e la risposta di quest'ultima, giustificata dal principio della legittima difesa. Sulle pagine della maggior parte dei quotidiani l'aggressore è Israele e nel mirino ci sono i bambini palestinesi.
Ben pochi ricordano che i terroristi agiscono dai centri abitati e impiegano i bambini per per rischisose operazioni di recupero dopo i lanci.

Il MESSAGGERO, per esempio, titola la cronaca di Eric Salerno "Strage di bambini a Gaza. In fumo il piano di pace": una frase che attribuisce a Israele anche la responsabilità del perdurare del conflitto

"Raid su Gaza, 32 morti in 48 ore" è il titolo del SOLE 24 ORE. Solo l'occhiello specifica che si è trattato di una "durissima reazione al lancio di razzi dalla Striscia"

Per LIBERAZIONE Israele terrebbe i "Bambini palestinesi sotto tiro: altri otto uccisi nella Striscia"

Alberto Stabile su La REPUBBLICA è esplicito nell'imputare a Israele la responsabilità della crisi, scrivendo:

Quello che sta succedendo è la conseguenza prevedibile della scelta compiuta dal governo Olmert di dichiarare Gaza una «entità nemica», dopo la conquista con la forza della Striscia da parte di Hamas, nel giugno dell´anno scorso. Indifferente alle profferte lanciate dal movimento islamico, che si rifiuta di riconoscere Israele ma si dichiara favorevole a concordare una tregua di lungo periodo col nemico, Olmert, con il consenso di Stati Uniti ed Europa, ha optato per una strategia basata su un ventaglio di misure economiche e militari, allo scopo di «prosciugare» il consenso che Hamas raccoglie nella Striscia. Obiettivo fallito.
Gli integralisti, di contro, hanno optato per una strategia flessibile. Da un lato gli uomini del movimento islamico hanno osservato la tregua, anche dopo aver rotto con l´Autorità palestinese. Raramente hanno lanciato i «loro Qassam» contro Israele, pur dando la libertà di farlo agli altri gruppi intransigenti, in nome di un illimitato diritto alla «resistenza».
E fino a qualche settimana fa avevano accantonato anche gli attentati suicidi. Ma quando s´è trattato di rispondere a quelli che definiscono «i crimini commessi da Israele contro il popolo palestinese» non hanno esitato a riprendere le armi, lanciare Qassam e mandare terroristi in missione di morte, cercando di giustificare le loro azioni come «legittima ritorsione».

Ricordiamo che una tregua non è altro che l'intervallo tra due guerre, e che controllando il territorio di Gaza, Hamas è ovviamente responsabile di  ciò che fanno "altri gruppi intransigenti".

Ecco il testo completo:


GERUSALEMME - «Escalation della Guerra nel sud», è il titolo che la Radio di stato dà ai suoi servizi sulle ultime 48 ore d´inferno vissute nella regione di confine tra le città israeliane del Negev settentrionale e la Striscia di Gaza. E, come in tutte le guerre, sono i civili innocenti ad avere la peggio. Mercoledì mattina, un uomo di 47 anni che cercava di ricostruirsi la vita dopo aver subito il trapianto dei reni, viene ucciso da un missile Qassam lanciato contro Sderot. La ritorsione israeliana provoca 25 morti palestinesi, fra i quali, oltre a molti miliziani, un bebè di sei mesi e sette ragazzini sotto i 16 anni, quattro dei quali, appartenenti alla stessa famiglia, colpiti mentre giocavano a palla nel campo profughi di Jabalia.
Dunque, la parola guerra, a lungo evocata dal premier, Olmert, ma finora considerata con qualche ritegno dai mezzi d´informazione, entra a far parte del lessico dello scontro che oppone il movimento islamico, Hamas allo Stato ebraico, con in mezzo il moderato presidente Mahmud Abbas costretto a veder franare le speranze suscitate dal vertice di Annapolis. Al punto che, qualche giorno fa, in un´intervista ad un giornale arabo, non ha escluso la possibilità che i palestinesi possano riscoprire l´opzione della lotta armata.
Quello che sta succedendo è la conseguenza prevedibile della scelta compiuta dal governo Olmert di dichiarare Gaza una «entità nemica», dopo la conquista con la forza della Striscia da parte di Hamas, nel giugno dell´anno scorso. Indifferente alle profferte lanciate dal movimento islamico, che si rifiuta di riconoscere Israele ma si dichiara favorevole a concordare una tregua di lungo periodo col nemico, Olmert, con il consenso di Stati Uniti ed Europa, ha optato per una strategia basata su un ventaglio di misure economiche e militari, allo scopo di «prosciugare» il consenso che Hamas raccoglie nella Striscia. Obiettivo fallito.
Gli integralisti, di contro, hanno optato per una strategia flessibile. Da un lato gli uomini del movimento islamico hanno osservato la tregua, anche dopo aver rotto con l´Autorità palestinese. Raramente hanno lanciato i «loro Qassam» contro Israele, pur dando la libertà di farlo agli altri gruppi intransigenti, in nome di un illimitato diritto alla «resistenza».
E fino a qualche settimana fa avevano accantonato anche gli attentati suicidi. Ma quando s´è trattato di rispondere a quelli che definiscono «i crimini commessi da Israele contro il popolo palestinese» non hanno esitato a riprendere le armi, lanciare Qassam e mandare terroristi in missione di morte, cercando di giustificare le loro azioni come «legittima ritorsione».
Abile nel provocare la rappresaglia, Hamas punta le sue armi direttamente contro le città israeliane, cosa che il governo dello Stato ebraico non può accettare. Prima si trattava di missili artigianali, Qassam, e l´obiettivo era soprattutto Sderot, a ridosso del confine con la Striscia. Adesso, e questa è la novità di queste ore, le milizie integraliste possono contare sui più sofisticati Grad, razzi di tipo sovietico, capace di volare per 17-20 chilometri e raggiungere la città costiera di Ashkelon, che, infatti, ieri, è stata ripetutamente colpita, pur senza subire gravi danni.
Israele, ovviamente, si affida all´indiscutibile superiorità del suo armamento e del suo esercito. Ma per quanto accurate, le armi di Tsahal non riescono ad evitare di colpire i civili palestinesi, innanzitutto a causa dell´affollamento di Gaza, fra i più alti al mondo, e poi perché le milizie si muovono all´interno dei centri abitati.
Ad un´opinione pubblica che, soprattutto dopo l´ultima vittima di Sderot, gli chiede di fermare i razzi palestinesi, Olmert, in visita ufficiale in Giappone, ha risposto ieri che «non esiste una formula magica contro i Qassam». Il che lascia pensare che il premier, escluda per ora l´ipotesi di rioccupare la Striscia di Gaza, nel tentativo di eliminare il problema alla radice, suggerita da ambienti politici e giornalisti. Anche se, in una sorta di significativa dissonanza, il ministro degli Esteri, Tzipi Livni, ha tuttavia aggiunto che la violenza di Hamas «potrebbe lasciarci senza scelta».

Barbara Uglietti su AVVENIRE scrive:

P ersino il presidente Abu Mazen, che non risulta, a tutt’oggi, es­sere un pericoloso estremista, ha detto che, se le cose continuano co­sì, tocca riconsiderare la lotta armata come opzione possibile per i palesti­nesi.

Abu Mazen è stato sicuramente un terrorista, ed è oggi un leader consapevole del fallimento della violenza nel conseguire gli obiettivi nazionali palestinesio, che però non ha posto fine all'incitamento e non ha saputo fermare i gruppi terroristici. 

Le legittima difesa di Israele è giudicata un pretesto, la reazione è naturalmente "sproporzionata"(senza che venga chiarito il criterio di "proporzionalità": quanti morti deve subire Israele per poter reagire?), i morti civili non sono messi in collegamento con il fatto che i terroristi agiscono dai centri abitati

Ottene­re la fine dei lanci è, come sempre, la motivazione sostenuta dal premier i­sraeliano Ehud Olmert per giustifica­re i bombardamenti. Ieri, a Tokyo, dov’è in visita ufficiale, il premier ha incon­trato il segretario di Stato Usa Condo­leezza Rice. E, nell’occasione, ha riba­dito la sua determinazione a «prose­guire la battaglia» contro i lanci. Ad o­gni costo. E nonostante i ripetuti ap­pelli della comunità internazionale a e­vitare reazioni sproporzionate.

Ecco l'articolo completo:

Persino il presidente Abu Mazen, che non risulta, a tutt’oggi, es­sere un pericoloso estremista, ha detto che, se le cose continuano co­sì, tocca riconsiderare la lotta armata come opzione possibile per i palesti­nesi.
 
Le cose continuano così: 14 morti nel­la Striscia di Gaza solo ieri a causa dei bombardamenti israeliani; tra questi, quattro bambini (tre fratellini di 8, 11 e 14 anni, e un amichetto di 7 che gio­cavano a pallone sulla spiaggia vicino a Jabaliya, nel nord della Striscia, pro­prio dove, il giorno prima, erano ri­masti uccisi in un raid altri tre bambi­ni), e un neonato di sei mesi. Ottene­re la fine dei lanci è, come sempre, la motivazione sostenuta dal premier i­sraeliano Ehud Olmert per giustifica­re i bombardamenti. Ieri, a Tokyo, dov’è in visita ufficiale, il premier ha incon­trato il segretario di Stato Usa Condo­leezza Rice. E, nell’occasione, ha riba­dito la sua determinazione a «prose­guire la battaglia» contro i lanci. Ad o­gni costo. E nonostante i ripetuti ap­pelli della comunità internazionale a e­vitare reazioni sproporzionate. Inutile anche il “richiamo” della Rice che, in­sieme alla fine dei lanci, ha chiesto maggiore attenzione per le tante vitti­me civili palestinesi e per la situazione umanitaria a Gaza. «Obbligheremo i terroristi a pagare un prezzo molto al­to », ha tagliato corto Olmert. E sembra deciso a mantenere la promessa. Men­tre il ministro della Difesa, Ehud Ba­rak, prevedendo una «continua esca­lation », ha detto di non escludere una futura offensiva di terra.
  In serata unità israeliane sono entrate nel Sud della Striscia di Gaza dove han­no compiuto un raid.
  La rappresaglia dopo la morte dell’i­sraeliano colpito l’altro ieri a Sderot da un Qassam è stata durissima. Nei bom­bardamenti, oltre ai bambini, sono ri­masti uccisi tre civili. Gli altri sono mi­liziani. Fra loro, il figlio di Khalil al-Haya, capo del gruppo parlamentare di Ha­mas. I missili israeliani hanno centra­to per errore la sede della Palestinian medical relief society, una Ong che of­fre assistenza medica a donne, bam­bini e handicappati.
  Pronta la risposta di Hamas: «Le mi­nacce di Olmert non ci spaventano e il sangue dei bambini e degli innocen­ti ci spinge a combattere con tutte le nostre forze», ha detto da Gaza il por­tavoce del gruppo Sami Abu Zuhri. E
per tutta la giornata i miliziani hanno continuato a tirare su Sderot e Ashke­lon (sud di Israele), utilizzando anche missili Grad di gittata superiore (fino a dieci chilometri) a quella dei Qassam (due-tre chilometri). È rimasto ferito uno degli agenti della scorta del mini­stro della Sicurezza israeliano Avi Di­chter.
 
Il presidente Abu Mazen, protagoni­sta fiducioso della Conferenza di An­napolis, in novembre, e di una serie di incontri con Olmert avvenuti nei me­si successivi, ieri, per la prima volta è sembrato arrendersi all’evidenza dei fatti: «Per ora non sostengo il ritorno al­la lotta armata, ma in futuro potrebbe essere un’opzione», ha detto. Aggiun­gendo che israeliani e palestinesi «si trovano a un pericoloso crocevia».
  Per riprendere il cammino, possibil­mente in direzione giusta, settimana prossima la Rice, che ha investito mol­te energie, e in prima persona, per u­na soluzione della crisi, sarà di nuovo in Israele e Palestina. Ma cresce la dif­fidenza sull’obiettivo ambizioso che si sono dati gli Usa di una soluzione en­tro il 2008.
  Così, per ora, restano (sostanzialmen­te inascoltati) gli appelli alla fine delle violenze del segretario generale del­l’Onu Ban Ki-moon. La Ue ha chiesto un «cessate il fuoco immediato». Il Co­mitato internazionale della Croce Ros­sa ha rilevato come i civili debbano, ancora una volta, pagare il prezzo più alto per tutto questo.
 

Al titolo dell'articolo "Guerra a Gaza, strage di bambini " si adattano le considerazioni che più sopra abbiamo fatto sul titolo del MESSAGGERO

Secondo Michele Giorgio Israele colpisce a Gaza "ufficialmente" per fermare i razzi kassam. In realtà, pare di capire, per colpire i civili
Dal MANIFESTO:


Rioccupare Gaza o continuare l'ondata di attacchi aerei di questi ultimi giorni? Su questo interrogativo si spacca l'establishment politico-militare israeliano anche se il partito dell'invasione della Striscia si rafforza sotto la pressione di giornali e televisioni. Si dice che sia rimasto solo il ministro dell'interno Meir Shitrit a respingere con forza l'idea di una rioccupazione militare del lembo di terra palestinese evacuato da Israele nel 2005. A Gaza in ogni caso le discussioni all'interno dell'esecutivo israeliano contano ben poco, perché il bagno di sangue è immenso e la gente attende il compiersi di un disegno noto da tempo. Tra mercoledì e giovedì almeno 28 palestinesi sono rimasti uccisi nei raid israeliani, 13 dei quali ieri, tra cui altri quattro bambini. Un'escalation che non risparmia la Cisgiordania: ieri altri due militanti dell'Intifada sono stati uccisi a Nablus. Hamas nel frattempo sta dimostrando tutta la sua capacità di reazione. Anche ieri ha sparato razzi artigianali verso i centri abitati del sud di Israele, otto dei quali hanno raggiunto Ashqelon danneggiando una abitazione e colpendo il cortile di una scuola. Uomini politici e persone comuni si sono recati a Sderot a portare la loro solidarietà alla famiglia dello studente ucciso due giorni fa da un razzo. Israele ormai spara su tutto ciò che si muove lungo la sua frontiera con Gaza e persino con l'Egitto. Ufficialmente, per fermare chi lancia razzi, ma gli effetti sul terreno sono devastanti per i civili palestinesi. Ieri sera un pastore è stato ucciso, a nord della Striscia, da un missile aria-terra sganciato da un elicottero da combattimento. Un paio di ore dopo una ragazzina egiziana di 13 anni è stata ferita alla testa mentre giocava non lontano dal valico di Kerem Shalom, dove si incrociano i territori dello Stato ebraico, di Gaza e dell'Egitto. Secondo testimoni a centrarla è stato il fuoco israeliano. La famiglia ha riferito che suo cugino, un uomo di 40 anni, aveva subìto la stessa sorte all'inizio di gennaio, nella stessa zona. Il gioco si trasforma in morte. Lo dicono i tre bambini uccisi due giorni fa mentre giocavano a pallone a Jabaliya, lo ribadiscono i tre fratelli Darduna - Deib, Omar e Ali, rispettivamente di 11, 14 e 8 anni - e il loro compagno di partitelle di calcio Mohammed Hammuda, 7 anni, uccisi ieri, sempre nei pressi di Jabaliya, in uno dei tanti attacchi aerei che hanno investito Gaza. La «colpa» dei bambini palestinesi è quella di non avere una percezione esatta del pericolo, di non capire cosa significhi esattamente una guerra, di non sapere che la morte può arrivare dal cielo, sbucando all'improvviso dalle nuvole. Per loro, che non hanno a disposizione cortili di scuole e campetti ben curati dove tirare calci a un pallone, le campagne alla periferia dei centri abitati e dei campi profughi sono il terreno dove con due grosse pietre si segna una porta e si comincia a giocare. Terreni agricoli che Israele di fatto considera aree proibite e dove prima apre il fuoco e poi si accerta dell'intenzioni di coloro che vi erano entrati. La giustificazione è, sistematicamente, quella di «figure sospette impegnate a lanciare razzi» individuate dai soldati o dall'aviazione. Poi si scopre che in non pochi casi erano bambini o contadini. Il numero delle vittime aumenta con il passare dei giorni. A morire sono soprattutto i militanti armati o i poliziotti di Hamas. Ieri ne sono stati uccisi nove, in vari attacchi aerei che hanno preso di mira obiettivi non lontano dalla casa del premier del movimento islamico, Ismail Haniyeh. Tra i morti c'è anche Hamza Al-Hayya, figlio del deputato e alto dirigente di Hamas, Khalil al-Hayya. Forte del sostegno espresso dal Segretario di stato Condoleezza Rice e delle ambiguità del Segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, soggetto alle pressioni della stampa e dell'opinione pubblica il premier israeliano Olmert esclude l'ipotesi di un cessate il fuoco che pure ieri è stato sollecitato anche dall'Unione europea. «Prenderemo tutti i terroristi, li attaccheremo, proveremo a fermarli», ha detto Olmert, ormai in pieno accordo con il ministro della difesa Barak, pronto a dare luce verde all'invasione di Gaza.

In conclusione, una cronaca corretta. Quella di Davide Frattini dal
CORRIERE della SERA

GERUSALEMME — «Sono contrario alla resistenza armata. In questo momento. Nel futuro tutte le opzioni sono aperte per il popolo palestinese ». Il presidente Abu Mazen parla a un giornale giordano per lanciare un avvertimento: se i negoziati saltano, i pericoli di un nuovo conflitto sono molto alti. Nella Striscia di Gaza e nelle città israeliane al confine, la guerra non si è mai fermata. Gli elicotteri israeliani continuano a colpire le aree da dove i miliziani sparano i Qassam. Che da «fuochi d'artificio» — come li chiama Riad al-Malki, ministro degli Esteri palestinese, condannando gli attacchi — stanno diventando più sofisticati. Cinque Katiuscia hanno colpito la città di Ashkelon, sulla costa, più a Nord delle aree bersagliate dai razzi meno potenti.
I raid dell'esercito hanno ucciso in un giorno 18 palestinesi, tra loro 5 bambini. È stato ammazzato anche Hamza al-Haya, figlio di uno dei leader di Hamas, che comandava una squadra lancia-razzi. «Ringrazio Allah per questo dono — ha detto il padre Khalil, nell'obitorio dell'ospedale —. È il decimo membro della mia famiglia a ricevere l'onore del martirio». Una base della forza esecutiva di Hamas è stata bombardata a 150 metri dalla casa di Ismail Haniyeh, il premier deposto.
Quattro ragazzini palestinesi sono morti mentre giocavano a calcio, in un campo rifugiati nel Nord della Striscia. «Erano vicini alle case, non lontano dalla città», spiega un familiare. L'esercito israeliano accusa Hamas perché spara i Qassam dai centri abitati.
Ehud Barak, ministro della Difesa, minaccia di dare il via libera all'operazione militare, l'invasione della Striscia che il governo ha per ora voluto evitare. «Dobbiamo prepararci a un'escalation». Avi Dichter, ministro per la Sicurezza pubblica ed ex capo dello Shin Bet, respinge l'ipotesi di aprire un dialogo con Hamas e ammette che non esiste «una soluzione magica» per fermare i razzi. Nabil Abu Rudeina, portavoce di Abu Mazen, ha commentato: «Le operazioni militari significano che gli israeliani vogliono distruggere i negoziati».
Anche Massimo D'Alema, ministro degli Esteri italiano, è convinto che quello che sta succedendo «tolga forza e credibilità al processo di pace» e ha lanciato un appello perché «cessino i lanci di missili su Sderot e cessino anche attacchi e rappresaglie che da Annapolis in poi hanno fatto 200 morti».

Segnaliamo anche l'editoriale a pagina 3 del FOGLIO "Sderot non è un paese per vecchi", che richiama alla necessità di liberare Gaza dal potere di Hamas e l'analisi "Che cosa significa rispondere a quattromila missili", di Emanuele Ottolenghi, pubblicato da LIBERAL

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