Religioni assassine Elie Barnavi Bompiani, pp. 161, euro 15 «L'occidente democratico è in guerra contro una ideologia globale che intende fare uso del terrorismo su una scala inedita allo scopo di condannarlo a morte». Questo è il punto di partenza di "Religioni assassine" , dello storico israeliano Elie Barnavi (Bompiani, pp. 161, euro 15) . La guerra, per Barnavi, è un evento in corso, non è un'opinione. E l'ag gressore ha un nome preciso: fondamentalismo islamico. Il professore di Storia moderna dell'Occi dente all'Università di Tel Aviv spiega che la posta in gioco è la stessa dello scontro con i totalitarismi del Novecento: la libertà individuale. Come dice l'autore: «Ne va della vostra libertà, del vostro stile di vita, dell'avvenire dei vostri figli». Barnavi non è un anti-musulmano esaltato. Per giustificare la sua tesi compie un tragitto filosofico di grande interesse che verte sulla parola "fondamentalismo". Essa designa la volontà di tornare ai fondamenti di una religione (di cui lo sviluppo storico successivo si considera deviante) i quali non possono che essere depositati nel testo sacro. «Poiché esiste il fondamentalismo, occorre che ci sia un insieme di testi sacri che esprimono la parola "divina" e sui quali esso si possa "fondare"». Ebraismo, cristianesimo e islam sono le religioni più esposte alla deriva fondamentalista. Il «fondamentalismo pericoloso», «rivoluzionario» assume la «violenza» come mezzo di lotta politica. Tutte e tre le religioni del Libro hanno fatto i conti con questo spauracchio. Ma il «fondamentalismo rivoluzionario cristiano» è stato sconfitto dalla frase di Gesù «il mio regno non è di questo mondo» rivolta a Ponzio Pilato. Lì nasce la «fortuna straordinaria dell'Occidente», il «dualismo di poteri» che arriva fino all'Illuminismo. Anche «il fondamentalismo rivoluzionario ebraico» non ha avuto vita facile. Per giustificarsi, si è aggrappato al sionismo. Poi è stato sconfitto proprio dallo Stato (laico) di Israele che aveva contribuito a formare. Diverso il fondamentalismo islamico. «In questo caso, nessuna divisione tra i due "re gni", tra Dio e Cesare, tra la città di Dio e quella degli uomini. (...) Maometto è profeta e capo di guerra, fondatore della religione e legislatore, dirigente di una comunità di credenti (umma) che è allo stesso tempo il primo Stato musulmano». Risultato: «Religione e impero diventano un tutt'uno». Evaporano gli antidoti che hanno permesso a cristianesimo e ebraismo di arginare il fondamentalismo. Certo, l'islamismo ha subito un'evoluzione storica: il salto di qualità decisivo è la «mutazione terrorista» dei nostri tempi, per cui «l'arena del combattimento si è dilatata alle dimensioni del pianeta». L'islamismo punta all'instaura zione dell' «ordine islamico mondiale». Quel lo che era già il sogno di Sayyid Qotb, ideologo dei Fratelli musulmani. Di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti nel 1952, vergò pagine di fuoco contro la società lasciva e materialista che aveva visto, fino a proclamare che la guerra con essa, e con i suoi seguaci ebrei e crociati, era inevitabile. Il materiale per Bin Laden era già tutto lì. In più, in soccorso di Al Qaeda è arrivata la tecnica. Armi di ultima generazione, mass media e, soprattutto, internet. Per cui la sua forza d’urto sta nell’ «alleanza di un’ideo - logia bruta e primitiva con tutto ciò che l’occi - dente le ha offerto in materia di tecnologia d’avanguardia». ::: Di fronte a questa miscela, il razionalismo occidentale è impotente. Esso ama gingillarsi con la convinzione che «l’islam di Bin Laden sarebbe traviato». Ma incalza Barnavi: «Traviato rispetto a cosa? Rispetto all’idea confortante e simpatica che ne abbiamo noi, che vorremmo averne. Ma è idiota insegnare il “vero” islam a Bin Laden, che ha probabilmente il suo Corano sulla punta della lingua». Riconosciuto il nuovo pericolo totalitario, Barnavi ci sprona a sbarazzarci dell’«illusione del multiculturalismo» e dell’utilizzo di espressioni improprie come «dialogo di civiltà ». Deformazioni ottiche che proiettano categorie occidentali (laicità, tolleranza, democrazia) là dove non ci sono. Piuttosto, urge «riabilitare l’eredità dell’Illuminismo». Da lì abbiamo pescato l’asso vincente: la libertà dell’individuo come frontiera assoluta fra civiltà e barbarie. Giovanni Sallusti da Libero del 28 febbraio 2008 |