Boicottaggio antisraeliano anche al Salone del libro di Parigi la cronaca di Domenico Quirico
Testata: La Stampa Data: 27 febbraio 2008 Pagina: 33 Autore: Domenico Quirico Titolo: «No a Israele il Maghreb boicotta il Salon di Parigi»
Da La STAMPA del 28 febbraio 2008:
Polemica: al vetriolo. Ma curiosamente una zuffa tutta istituzionale, di governi, ambasciate, di cultura ministeriale. Dibattito: zero. Gli intellettuali francesi, favorevoli o contrari: silenti, distratti, evasivi. Forse perché qui tutto ciò che riguarda Israele e gli ebrei è per dirlo con usato aggettivo, pericoloso. Prima regola dunque: muoversi con cautela. La discussione indocile non è novità al salone del libro di Parigi: ogni anno ci si accapiglia attorno al paese ospite. E sempre con la stessa accusa malandrina: le scelte sono cattive perché sono politiche. Figurarsi poi se l’ospite - come per il salone di Torino - dal 14 al 19 marzo è Israele. Può sembrare strano ma il più furibondo e indignato all’inizio sembrava proprio lo stato ebraico! L’ambasciata ha giudicato iniquo l’elenco dei trentanove autori selezionati: troppi pacifisti troppa sinistra troppi propalestinesi. E pensare che la scelta è stata il frutto di un bizantino dosaggio tra il Centro nazionale del libro e l’ambasciata di Israele. Qualcosa non deve aver funzionato bene. Il casting finale forse non sfiora la perfezione, ma certo tenta nel suo «sbilanciamento» di smorzare preventivamente la polemica. Ovvero sull’assenza dei palestinesi. Amos Oz infatti ha fragorosamente minacciato di non venire per questo motivo (ma poi ci ha ripensato). Gli organizzatori hanno fatto trincea, oltre che schierando molti autori «buoni», replicando che la Palestina non è giustappunto Israele. L’ambasciata ha infine accettato i trentanove «estremisti». Ma ora è il turno degli arabi del Maghreb. Incitatori i palestinesi, quelli dell’Unione degli scrittori, che hanno per invocare il boicottaggio sfrenato un linguaggio inequivoco e bollente: «Non è degno della Francia, il paese della rivoluzione e dei diritti dell’uomo, accogliere al salone un paese di occupazione razzista». Nessun arabo dunque partecipi alla celebrazione libraria dei responsabili della «nakba», la catastrofe del 1948. Gli organizzatori, addestrati ad ogni impiglio, hanno provato a aggirare l’ostacolo in modo ministeriale: le contestazioni erano «private», hanno detto, per allarmarsi aspettavano documenti ufficiali, di governi arabi o della Lega araba. Eccoli arrivati. Marocco, Algeria e Tunisia hanno annunciato che vieteranno ai loro autori di occupare gli stands che i servizi culturali francesi riservano loro al salone. Ma soprattutto in Marocco, che aveva posto la candidatura come ospite d’onore per il 2011, la decisione ha sollevato una nidiata di rimpianti: degli autori, proprio loro, costretti a obbedire a un diktat politico. Ma soprattutto privati di un salone che per loro è una grande finestra sul mondo.
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