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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
24.02.2008 Sarkozy e il ricordo della Shoah
l'opinione di Bernard-Henri Lévy

Testata: Corriere della Sera
Data: 24 febbraio 2008
Pagina: 30
Autore: Bernard- Henri Lévy
Titolo: «Uno shopping improvvisato nel self-service della Storia»
Dal CORRIERE della SERA del 24 febbraio 2008:

E' sempre bene, naturalmente, far sì che la memoria morta diventi una memoria viva, che prenda vita nella coscienza dei vivi.
E' sempre una buona cosa, una vittoria filosofica e morale, permettere ai morti d'essere nominati, individuati, personificati.
E' sempre un'ottima cosa farli sfuggire alla fatalità di essere ritenuti un aggregato, una moltitudine, una cifra, e darsi i mezzi di elaborarne il lutto uno ad uno, singolarmente, non in blocco.
Al limite, nel tentativo di immaginare le intenzioni di chi ha concepito il progetto di affidare a ogni scolaro della quinta elementare la custodia della memoria di un bambino vittima della Shoah, sono pronto a sentire come un' eco lontana del soffio che quarant'anni fa faceva scandire il famoso «siamo tutti ebrei tedeschi», divenuto nella circostanza — e meglio così — «siamo tutti ebrei francesi sterminati dai nazisti».
E nella levata di scudi che ha fatto seguito a questo annuncio, nella generazione spontanea di anime buone che s'improvvisano psichiatri infantili per valutare — senza un vero pensiero per il reale martirio dei bambini di ieri — lo smarrimento che si rischia d'imporre ai bambini in buona salute di oggi, nel dire che Sarkozy ha aperto il vaso di Pandora di un antisemitismo giustificato in anticipo e nel trovare normale che qualsiasi «comunità» possa invocare il gesto presidenziale per reclamare la propria porzione di torta della memoria, trovo ci sia qualcosa di fetido e che fa rivoltare lo stomaco. Ma al tempo stesso... Perché l'idea fosse veramente bella, si doveva adattarla ad alcune semplici condizioni. Intanto, si doveva consultare la Fondazione per la memoria della Shoah (e la sua presidente d'onore, Simone Veil). Si dovevano associare gli insegnanti che, fino a prova contraria, sono in prima linea in questa battaglia (se l'avesse fatto, Nicolas Sarkozy avrebbe appreso che ci sono molte classi in cui già è patrocinato un piccolo essere — solo che si tratta di un albero, una tartaruga o una specie animale che rischia di scomparire…).
Ci si doveva render conto che sono 11 mila i morti da onorare e che sono molti, molti di più gli alunni che ogni anno entrano in quinta elementare. Come si faranno, allora, le scelte? Chi attribuirà chi a chi? Chi avrà un doppione? Chi non l'avrà? L'idea di un patrocinio per ogni vittima, la volontà di mettere a confronto ogni anima di un vivo con il volto di un piccolo morto, non è una falsa buona idea, un'idea affrettata, che non regge? E la vera buona iniziativa, cui si sarebbe rapidamente giunti approfondendo la riflessione, non sarebbe stata quella di operare le adozioni, sì, ma classe per classe?
Si doveva riflettere sul fatto che un nome non vuol dire nulla, che è solo un insieme di sillabe e suoni, se non inserito in un contesto, iscritto in una storia e accompagnato da un discorso che spieghi cos'è l'ideologia che ha ucciso e perché il massacro da essa compiuto non sia paragonabile a nessun altro. Per noi adulti, questa unicità della Shoah, è molto arduo pensarla; per gli storici, è l'essenza stessa dell'inconcepibile; come potrebbero, dei bambini, vederci più chiaro? Per quale miracolo, ignorando tutto della Storia, sarebbero in grado di penetrare tale mistero? E per instaurare questo sistema di patrocinio non sarebbe bene aspettare almeno che gli alunni arrivino alle classi dove la questione del nazismo è in programma?
E ancora, si doveva sapere che la memoria senza i propri strumenti, i nomi senza il loro contesto, tutti i piccoli volti fluttuanti nell'etere dell' ignoranza sono un universo spettrale, un po' spiritico, inevitabilmente e profondamente morboso, sordamente religioso, ma nel senso peggiore del religioso, poiché è il morto che si impossessa del vivo e non l'inverso: come per i mormoni, come per le sette.
Insomma, non improvvisare, non dare l'impressione di fare un colpo politico, non annegare l'idea in un'altra serie di raccomandazioni, per esempio quelle presentate l'indomani, a Périgueux, e che riguardano la semplificazione dei programmi della scuola elementare, il ristabilimento dell'autorità, la reintroduzione nelle classi della «Marsigliese» e della bandiera; non lasciar pensare, come nella vicenda Guy Môquet (l' ultima lettera del giovane partigiano comunista, da leggere in apertura dell'anno scolastico su iniziativa di Sarkozy,
ndt), che la Storia sia un self-service dove si viene a fare provviste di emblemi e di simboli: ecco cosa ci si aspettava da un presidente che interviene in un campo ad alta tensione come è quello della memoria.
Che la memoria sia oggi una casa in pericolo, è sicuro. Che occorra trovare i mezzi di perpetuarla dopo che i suoi testimoni se ne saranno andati, è evidente. Che spetti alla generazione del presidente aprire le strade del dovere di trasmissione raccomandato da Primo Levi, chi può negarlo?
Ma questo no. Così no. Non questa improvvisazione, questa leggerezza, questo lasciar credere che esista una risposta tecnica semplice alla più complessa delle questioni. Non questo sciupio

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